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LE BBS DEL FUTURO

   

Tratto da DECODER #10
a cura della Redazione

   
     L'ennesimo techno-hype
Le trasformazioni della scena telematica italiana dell'ultimo anno sono soprattutto relative alla promozione di progetti commerciali per grandi utenze. Questo ha fatto sì che la centralità delle "comunità virtuali" passasse in secondo piano rispetto alle esigenze di un nascente business e di operazioni politiche di medio-alto livello. Ne è derivato che l'utenza amatoriale è stata deprivata del suo ruolo e, come già successo, appare altamente probabile che altre leggi vengano approvate a sua insaputa e sulla sua testa.
Ricordate due anni fa il grande boom delle realtà virtuali? Su ogni media era di rigore parlare della tecnologia del momento, spesso con grandi inesattezze dal punto di vista tecnico, filosofico e con l'aggiunta di stucchevoli considerazioni di ordine morale (corpo contro mente, RV come nuova droga e fuga dalla realtà). Qualcuno c'ha fatto anche affari spacciando competenze inesistenti (è nata la nuova professione del "conferenziere-futurologo"), sono fiorite riviste patinate specializzate, insieme a un mercato che ha fatto salire alle stelle anche il prezzo dei mitici Power-Glove.
Il nuovo media-hype è invece oggi quello di Internet. In tempi rapidissimi quello che da alcune parti veniva richiesto come un diritto di cittadinanza si è trasformato in un must per nuovi techno-ricchi, talvolta radical-chic, e in una grande apertura di supposti mercati. Le cifre relative a qualsiasi aspetto riguardante Internet, appaiono veramente fantasiose. Un abbonamento gratis a "Decoder" a chi ci dice se nel mondo sono 5, 20 o 40 milioni i potenziali utenti, oppure se il tasso di crescita mensile è del 15, del 70 o del 138 per cento. Di nuovo: a quanto ammonta il fatturato stimabile in Italia sulla connettività? Solo sei miliardi? E quanti sono i fornitori di accesso? E quanto pagheremo per avere un abbonamento: 200, 240 o 60 mila lire? E le reti civiche ce lo daranno gratis?

Rastrellare denaro, privatizzare e normare
Noi di "Decoder" pensiamo che gli scenari possibili potrebbero essere diversi. Il più credibile lo vediamo diviso in due fasi, che cerchiamo qui di seguito di analizzare nel dettaglio:
I) La prima fase è caratterizzata da grandi annunci di investimenti per la creazione di infrastrutture di interconnettività globale. In questo quadro rientrano le parallele manovre finanziarie relative alla formazione di cartelli e i processi di privatizzazione di grandi Telecom internazionali, acquisite da gruppi bancari e assicurativi.
II) La seconda fase sembra essere relativa alle modalità di rastrellamento del denaro necessario per avviare il processo di creazione delle infrastrutture. Al momento, per esempio, Internet è l'unica rete globale che esiste e funziona, ma la sua scarsa larghezza di banda (la capacità di trasporto delle informazioni) è limitata e inadatta alle applicazioni commerciali. Non a caso, e come molti di voi hanno personalmente verificato, il solo funzionamento di Word Wide Web l'ha letteralmente messa in ginocchio rendendola lentissima. Da qui si deduce l'urgenza di un investimento in nuove strutture e nuovi standard. Il doppino telefonico è inadatto per supportare la confluenza di telefono, computer e televisione nel multimedia. Ciò che serve è ricablare l'intero sistema (c'è chi
dice con la fibra ottica bidirezionale che garantisce l'interattività totale, e chi dice con il cavo coassiale monodirezionale, escludendo di fatto la possibilità di risposta dell'utente) e completare la copertura con i satelliti. Gli standard sono relativi invece all'introduzione della moneta elettronica e alla salvaguardia e rafforzamento della proprietà intellettuale e brevettuale. L'introduzione della moneta elettronica (e-money) è resa necessaria per effettuare vendite e pagamenti a distanza. In un prossimo futuro anche in Italia si potrà acquistare qualsiasi tipo di merci facendo un ordine in rete e "spendendo" dei crediti elettronici. Il problema consiste nel trovare un sistema che garantisca con certezza l'attendibilità dell'ordine e l'affidabilità del pagamento. Già ora è possibile acquistare utilizzando la carta di credito, ma questa presenta difficoltà di vario tipo per le necessarie e continue richieste di verifica presso le banche. Ciò che si cerca ora è la "cosa" possibilmente più simile alla moneta tradizionale cartacea. Anche in questo caso sussistono contraddizioni: si daranno gli stessi problemi della moneta tradizionale, di per sé anonima e volatile, con probabili movimenti di danaro "sporco" non ricostruibili nella loro circolazione e che, per di più, porranno oggettivi problemi ai controlli monetari di carattere nazionale; il concetto stesso di sovranità nazionale verrà di conseguenza messo in crisi (del resto questa crisi e tutto questo processo sono già stati anticipati dagli scambi tra le borse, ormai da tempo collegati telematicamente per l'intero arco del giorno e della notte).
Tornando agli standard, ciò che appare chiaro è che molti di essi finora sono stati di pubblico dominio. Tra questi i più famosi sono TCP/IP (un protocollo fondativo dell'architettura di Internet) e HTTP (il protocollo che serve per creare la comunicazione in World Wide Web). Questo fatto ha garantito che non ci fosse alcun padrone di Internet, nessuno ha dovuto pagare royalty ai detentori del brevetto, nessuno ne ha impedito la modificazione e l'adattamento alle esigenze dell'utenza, che ne ha beneficiato in quanto in pieno controllo delle possibilità offerte dalla rete. Le (brutte) novità consistono nel fatto che le prossime versioni degli strumenti di consultazione per WWW (i browser Netscape e Mosaic) saranno disponibili solo a pagamento.
Per quanto riguarda la proprietà intellettuale si annunciano a livello internazionale delle novità di rilievo e già si succedono convegni sotto l'egida ONU (Napoli 1995), che tendono a configurare una semplificazione del diritto di proprietà intellettuale eliminando o limitando fortemente il ruolo e l'importanza della proprietà morale. Anche una tradizione giuridica quale quella giapponese, storicamente vicina all'affermazione del concetto di proprietà morale, si muove in sintonia con questa tendenza americana.
La chiave di volta di questo processo è molto semplice da comprendere. Tutte queste operazioni richiedono forti investimenti e liquidità non possedute dalle compagnie che operano nel campo delle telecomunicazioni, Telecom Italia per prima. Il reperimento di questi soldi può essere fatto solo attraverso il mercato diffuso e l'aumento delle tariffe, nonostante quanto raccontano i "cantori" del libero mercato. Sarà quindi l'utenza che pagherà da una parte la privatizzazione di queste strutture e dall'altra la fornitura di servizi a oggi inesistenti (tutte le belle cose che vi dicono che esistono su Internet ma che in realtà non si vedono).

Bisogni disattesi
Questi "servizi inesistenti" e le relative aspettative sociali che si sono generate su Internet, come detto in precedenza, ricordano molto le dinamiche già viste per le realtà virtuali. Se i desideri della gente e le richieste di nuovi modi di comunicare erano giuste, dall'altro lato il mercato li ha disattesi producendo merci di nullo valore sociale e di alto valore speculativo (in parole povere sono stati prodotti per lo più "giochini"). Similmente sarà molto probabile che la volontà del pubblico, molto generica, ma indicante chiaramente una volontà di esperire forme di scambio interattivo e globale d'informazione - possibile nell'immaginario attraverso la "metafora Internet" - saranno "soddisfatte" solo sotto forma di simulacri d'interattività.
Abbiamo accennato sopra all'introduzione molto probabile di cavi coassiali utilizzanti l'elettronica delle TV via cavo americane. La loro caratteristica è il basso costo, ma una scarsa larghezza di banda per il canale di ritorno. Si determinerà in questo modo il solito schema in cui una "centrale" trasmette e migliaia di utenti ricevono con poche funzioni di feedback praticabili. Pare che il progetto di Telecom Italia di voler cablare, entro il 1998, 10 milioni di famiglie italiane sia basato proprio su questa tecnologia. Uno degli obbiettivi commerciali di tale operazione è quello di liberare l'etere dalle trasmissioni radio-televisive, per lasciar spazio ai ben più remunerativi "telefonini" e servizi di telefonia mobile varia. Viene "garantita" in questo modo anche la struttura gerarchica dell'informazione, non più messa a rischio dalle ricadute di un utilizzo diffuso di media dall'accesso orizzontale, quali potrebbero essere quelli basati su una tecnologia a fibra ottica o sul doppino telefonico non asimmetrico (NASDL).
Per la situazione economica italiana sembra si configurerà un vero e proprio monopolio della Stet, finanziaria dello stato proprietaria di Telecom e in odore di privatizzazione, sia sull'etere sia sul cavo.

BBS: la vittima sacrificale
Questo scenario, più attuale che futuribile, comporta operazioni politico-finanziarie di alto livello e investimento che viaggiano sopra la testa di tutti coloro che fanno parte della scena culturale delle reti e della telematica amatoriale. Esso comporterà sempre più dinamiche giuridiche, scelte politiche e spinte che non solo non riusciremo a controllare, ma che influenzeranno anche il nostro modo di vedere la realtà. Un chiaro esempio di come le esigenze di un grande mercato abbiano influenzato fortemente la telematica di base lo si è riscontrato nella "febbre di regolamentazione" delle BBS esplosa nell'ultimo anno e che ha visto, sorprendentemente, gli stessi utenti e sysop invocare provvedimenti di legge in questo campo. Alcuni di questi lo fanno in perfetta buona fede, altri difendono per procura interessi di terzi, altri infine sperano di partecipare alla spartizione delle briciole del ricco banchetto. Su tutto regna, inoltre, una grande confusione, rafforzata periodicamente da eventi di paradossale natura.

Le posizioni in campo
I toni e i contenuti di questo dibattito dimostrano come la pratica hobbistica sia giunta al capolinea. La febbre pro o contro la regolamentazione è ulteriormente cresciuta da quando si è saputo che una commissione parlamentare starebbe elaborando un progetto di legge per regolamentare il diritto alla privacy e ai dati personali gestiti in maniera digitale, da qui il sospetto di un'estensione legislativa riguardo alla gestione delle BBS.
Le parole-chiave su cui ruota la discussione sono poche e tra queste le più discusse sono la responsabilità penale del sysop, l'identificazione certa dell'utente e la liceità della comunicazione telematica senza autorizzazione istituzionale. Il panorama delle posizioni è abbastanza complesso, mentre ai livelli decisionali la confusione procedurale e teorico/etica sembra regnare sovrana. Scendiamo nel dettaglio. Da una parte abbiamo i "reazionari", soggetti non ben identificati, mai citati per nome o appartenenza dalle riviste di settore, che chiedono un intervento legislativo molto rigido: costoro auspicano che il sysop diventi una sorta di controllore full-time della posta in transito sulla BBS. Egli infatti sarebbe responsabile, anche penalmente, di ogni byte che circoli nella sua macchina e quindi tenuto a un controllo certosino di ogni singolo file o messaggio, anche privato, che vi viene depositato. Non è qui il caso di sottolineare la violazione anticostituzionale della privacy degli utenti, che avrebbero i loro messaggi personali sistematicamente spiati. Tra i "duri" vi è anche chi chiede che ogni BBS venga legittimata a esistere da un'autorizzazione prefettizia o di altro tipo, come accade per i CB che devono essere muniti di patentino apposito e non possono ufficialmente parlare se non di argomenti di tipo tecnico. Quali sono le paure dei sostenitori di tali posizioni? Quali crimini possono essere perpretati attraverso le BBS? Oltre a quelli di tipo "digitale", facilmente immaginabili, come la diffusione di virus, la trasmissione di password o di programmi copiati illegalmente, ecco comparire una serie quantomeno curiosa di reati quali: la diffusione di messaggi istiganti all'odio o alla discriminazione razziale, a contenuto diffamatorio, relativi alla prostituzione e alla pubblicazione di spettacoli osceni. Appare evidente che chi ha fatto questo tipo di affermazione non si sia mai preso la briga di collegarsi a una BBS "comune", oppure che sia in possesso dei rari privilegi per connettersi a siti techno-nazi o di sporcaccioni digitali. Che le fobie sulle evoluzioni dei crimini informatici abbondassero non è una novità, come testimoniano le semestrali relazioni dei servizi segreti italiani o la chiacchierata quotidiana presenza di "funzionari in borghese" presso la facoltà universitaria di informatica a Milano, ma i timori di cui sopra mettono in luce una totale ignoranza sulla situazione telematica italiana. Forse qualche foto porno circolerà anche, ma si tratta di scansioni da giornali normalmente in vendita nelle edicole e fatte circolare solo per spirito goliardico. In ogni caso, per quanto riguarda gli altri reati potenziali, le autorità possono dormire "sonni tranquilli". Nelle BBS esistono autoregolamentazioni, dette policy, o uno stile di interazione, detto net-etiquette, che impediscono di fatto e con determinazione la proliferazione di messaggi razzisti, discriminatori o diffamatori. Anzi, nel cyberspazio delle BBS pare vigere, almeno a livello di dibattito, quella uguale opportunità di parola che nella vita reale e televisiva viene negata.
I reazionari paiono comunque isolati, perché tale tipo di posizione sembra un po' rigida anche per il mercato.

La proliferazione telematica dei pubblici ufficiali
Accanto a loro, ben più forti e consolidati, abbiamo i "legalisti". Questo fronte è composto da persone esperte di reti e, nella maggior parte dei casi, proprietarie di servizi a pagamento. A livello parlamentare si collocherebbero intorno al gruppo dei "Riformatori" mentre, editorialmente, il loro araldo è il mensile "McMicromputer" che, nel 1994 ha aperto la rivista con ben 5 editoriali e nei primi 4 mesi del 1995 con altri 3 sul tema della legalità e della telematica. Su posizioni meno rigide del 1993, quando sembrava che gli hacker fossero "il" problema della sicurezza nazionale, i "legalisti" chiedono con forza una legge sulle BBS, ma temono "regolamentazioni illiberali". Auspicano infatti che a ogni cittadino sia garantito, in quanto diritto, l'accesso alle reti e che il sysop non sia considerato responsabile del traffico di posta elettronica. Per sostenere quest'ultima posizione, suggeriscono l'identificazione certa dell'utente della BBS tramite l'invio della fotocopia autenticata della carta d'identità o di altro certificato personale. L'utente, non potendosi più celare dietro l'anonimato, diventerebbe a ogni effetto il responsabile di ogni azione digitale da lui commessa, mentre il sysop, non più tenuto alla ciclopica fatica di leggersi tutti i messaggi in transito, dovrebbe, in caso di necessità, consegnare alle autorità i nominativi degli utenti-criminali. In questo caso è evidente come il profilo della BBS e l'identità del sysop ne uscirebbero mutati rispetto alla situazione attuale. Per quei sysop, futuri "pubblici ufficiali", delle circa 500 BBS italiane che hanno ciascuna almeno un migliaio di utenti, una parte della casa si trasformerebbe in un archivio di dati personali che potrebbero finire, magari a pagamento, nei ben più consistenti e lucrativi archivi di una qualche ditta di vendita per corrispondenza, o chissadove. Ci si chiede chi sarebbe disposto a spedire a un soggetto non giuridico, di fatto spesso minorenne (e quindi, secondo la discutibile sfera del diritto, "non imputabile") dei dati riguardanti la propria persona. Basta un po' di buon senso per prevedere che il possesso di liste dovrà essere comunicato a una qualche autorità competente, la quale potrebbe a sua volta autorizzare o meno la possibilità di gestire la BBS, cosa che i "legalisti" stessi paiono non gradire. Ci si chiede inoltre quale interesse e curiosità professionale possano avere le autorità nel venire in possesso di queste liste, soprattutto quando siano relative a BBS che, per esempio, abbiano sede presso un centro sociale o qualche altro luogo "scomodo".

La resistibile ascesa del centro-sinistra
Un fronte di recente formazione, che potrebbe essere definito "legalista di centro-sinistra", è quello aperto dall'associazione-lobby Alcei che afferma di richiamarsi all'americana Electronic Frontier Foundation. Qualche mese fa alcuni suoi membri hanno spedito a più o meno tutte le BBS italiane una lettera aperta dai toni preoccupati che enumera tutti i possibili guai, qualcuno francamente esagerato o inesatto, che potrebbero capitare a un sysop nell'odierna situazione di vuoto legislativo. Alcei ritiene infatti che "chi per primo pianterà i suoi picchetti nelle nuove praterie del cyberspazio, avrà più voce in capitolo quando si dovranno scrivere nuove regole", e si fa quindi promotrice di una sensibilizzazione sulla necessità di una legge o meglio di un'ambigua forma di "autoregolamentazione" per evitare che vengano inopinatamente introdotte dall'alto leggi o leggine. Singolarmente per un gruppo che si definisce garantista, nella proposta diffusa resta come punto fermo la non-responsabilità del sysop e l'obbligo dell'identificazione dell'utente sempre tramite la fotocopia del documento d'identità, perché questi si assuma tutte le responsabilità delle proprie gesta elettroniche. Nella filosofia dell'Alcei il cyberspazio è infatti popolato da molti onesti e rari disonesti e questi ultimi non devono guastare l'immagine della nuova frontiera. L'Alcei si muove in questo senso, da una parte chiedendo l'abolizione dell'anonimato, inteso quest'ultimo come forma di negazione delle responsabilità soggettive, e dall'altra parte invitando i media ad assumere un atteggiamento meno sensazionalistico quando si occupano del problema.

Ben scavato, vecchia talpa!
In realtà esiste un'altra posizione sul tema (che "Mc" classifica sommariamente come una "frangia minoritaria che in nome di una assai malintesa libertà vuole difendere anche quella di rubare telematicamente") che vede nella modalità d'identificazione certa dell'utente tramite la "fotocopia d'identità", un blocco alla diffusione della telematica amatoriale, una violazione della privacy dell'utente e che si affiderebbe a una chiara net-etiquette, ovvero a una regolamentazione etica, che è la stessa che norma, senza sanzionare, i comportamenti su Internet. I "libertari" non vedono quindi di buon occhio l'obbligo dell'identificazione dell'utente e sarebbero anche disposti ad assumersi qualche rischio in più, convinti che siano più convincenti gli ideali che la legge. In questo ambito s'aggira anche qualche dubbio sugli orientamenti di Alcei: date le premesse, ci si doamanda se Alcei avrà nei confronti degli "hacker sociali" lo stesso atteggiamento che l'Electronic Frontier Foundation mantiene sullo stesso punto già da diversi anni. L'EFF cerca infatti, con consulenze giuridiche, tecniche e anche finanziamenti, di andare alle radici del problema di "chi è il proprietario dell'informazione". Un caso clamoroso è stata la difesa che il comitato di difesa dei diritti dell'EFF ha fatto contro la criminalizzazione di riviste hacker, come "Phrack". Una battaglia vincente che ha permesso di far ribadire da una corte concetti e diritti fondamentali come la libertà di stampa elettronica e che ha legittimato fortemente la stessa EFF in tutto il cyberspazio.

Confusi e contenti?
Il 13 dicembre 1994, un dibattito radiofonico alla RAI, ha portato inaspettatamente ancora più confusione di quanta ce ne fosse prima. Nella trasmissione il magistrato Buttarelli, membro della commissione parlamentare che sta preparando la legge sulla tutela della privacy, ha esposto la situazione per ciò che riguarda le BBS. Come primo dato ha affermato che non esiste "ufficialmente" alcun progetto per la regolamentazione di queste ultime e che nessun paese comunitario si è finora pronunciato al riguardo, tranne l'Olanda comunque orientata a valorizzare l'autoregolamentazione. Buttarelli ha esposto anche la difficoltà di conciliare autorizzazioni preventive per aprire una BBS e norme costituzionali riguardanti la libertà di espressione, ma ha citato come "opportuno un regime di registrazione presso il Garante", una nuova figura quest'ultima in campo telematico ma simile a quella, molto criticata, relativa all'informazione televisiva. A tutt'oggi, secondo il magistrato, il sysop è colui che per primo verrebbe "informato" nel caso in cui fosse commesso un reato tramite la BBS, ma la sua responsabilità soggettiva cadrebbe nel caso in cui egli dimostrasse di aver fatto tutto il possibile per evitare che il reato fosse commesso (viene dunque riciclato lo schema dell'inversione dell'onere della prova, cosa che sembrava invece essere stata abolita dal nuovo codice di procedura penale). _ stato anche chiarito come non esista alcuna limitazione all'uso dei programmi di crittazione della posta personale, come al contrario veniva affermato nella "lettera ai sysop" dei membri Alcei, assimilando per analogia una norma del 1992 relativa alla telegrafia che dà la possibilità a chiunque di utilizzare sistemi di oscuramento del testo. Buttarelli ha concluso sottolineando come i recenti avvenimenti abbiano creato un certo allarme su questi temi e che, prima o poi, una legge a riguardo si renderà necessaria, ma ha pronosticato almeno due anni di dibattito politico e tecnico per la sua realizzazione, a meno di decisi interventi da parte governativa. Questi interventi in realtà non si sono fatti attendere tanto a lungo: il governo Berlusconi, un paio di giorni prima di decadere, ha infatti delegato all'esecutivo, senza i vincoli della discussione parlamentare, l'autonomia di decidere in materia. Il tutto nel più completo silenzio dei media, delle parti in causa nel dibattito e con una procedura molto simile a quella con cui sono state approvate le altre leggi riguardanti il mondo digitale.
Viene spontaneo allora chiedersi come mai si sia scatenato un dibattito così articolato da una parte e dall'altra un intervento così sommario da parte del potere politico. La risposta è semplice, il campo finora occupato dalle BBS amatoriali sta per essere invaso e totalmente trasformato dal mercato mentre lo stesso cyberspazio verrà innovato da alcune interessanti scoperte. Nel breve periodo, anche in Italia, assisteremo alla nascita di un nuovo modello di bullettin board dalle dimensioni gigantesche con centinaia di linee entranti, ovviamente a pagamento. Seguendo lo stile americano di Compuserve, e nelle ipotesi di qualche rete "civica" o commerciale italiana, verranno resi disponibili dei servizi in linea di differente qualità, dal culturale al commerciale e anche dei gateway su Internet. E non saranno solo Italia on Line, Video on Line, Galactica, Agorà, e le decine di altre società, che stanno nascendo come funghi, a entrare in campo, qui si parla di colossi ben più strutturati anche a livello internazionale. Microsoft, per esempio, metterà a disposizione dell'utente che acquisterà la versione di Windows '95, detta in gergo Chicago, il software nativo per collegarsi a "Microsoft Network", quella che dovrà essere una delle BBS più grandi del mondo. Quest'ultima avrà un carattere sovranazionale e userà anche Internet. Nella confezione di Windows '95, oltre al software specifico, verrà incluso anche un bonus della durata di un mese per collegarsi gratuitamente al "Microsoft Network"; se l'esperienza piace basterà abbonarsi per fruire ulteriormente dei servizi. Ciò che impressiona è la proiezione delle cifre. Se la campagna funzionasse, vista la grande diffusione di Windows, nel giro di un anno ben 95 milioni di utenti potrebbero collegarsi a questa mega-BBS. Una campagna analoga viene promossa anche da IBM (vedi la martellante e accattivante campagna televisiva), che regala un bonus di ben 3 mesi presso un terzo fornitore consociato di servizi telematici.
I colossi dell'informatica infatti non solo dichiarano, come ha fatto Gates, che la connettività e la multimedialità sembrano le sole vie d'uscita alla crisi dell'informatica, ma hanno anche capito che la telematica è un buon sistema per ovviare alle pecche dei sistemi distributivi. Queste BBS saranno un canale diretto tra produttore e consumatore senza la mediazione di dealer e negozianti vari, un aspetto che peraltro verrà apprezzato anche dagli acquirenti, che sperano in un abbassamento dei prezzi.

Le BBS in mezzo al guado
Tornando al nostro problema, si può facilmente immaginare la differenza tra questi servizi e le BBS, che hanno al massimo due linee entranti e che sono mosse solo dalla buona volontà. Ma possiamo anche cominciare a intuire cosa stia dietro alla febbre da regolamentazione. Per comprendere meglio, facciamo riferimento alla mozione alla Camera dei Deputati, fatta da Paolo Vigevano di Forza Italia il giorno di ferragosto del 1994 (una giornata ideale per favorire un dibattito partecipato). Il deputato ha chiesto sostanzialmente il liberismo telematico tramite: il libero accesso interattivo per i cittadini, le pari opportunità di utilizzo degli investitori delle reti telefoniche pubbliche, la libera competizione, una sorta di anti-trust telematico, la tutela della privacy e la possibilità di usare la crittografia, l'abbassamento dei costi Telecom, le reti ad alta velocità. Questa serie di istanze, che sarebbe condivisibile se diversamente contestualizzata, in realtà è animata dal mero scopo di "incoraggiare gli investimenti", "far nascere un nuovo settore produttivo connesso alla fornitura di servizi" e soprattutto "dare agli investitori la necessaria certezza delle regole e della loro applicazione" (citazioni dalla mozione). In questo senso la provocatoria asserzione degli informatici ribelli che, dagli anni Sessanta fino a oggi, hanno con coraggio sostenuto la tesi che l'accesso all'informazione deve essere garantito a tutti i cittadini, è stata assorbita dal capitalismo avanzato che avrà bisogno di una base d'utenza, quindi di clientela, quanto più ampia possibile. In questo senso va anche letta la necessità di leggi e va reinterpretato tutto ciò che abbiamo detto finora. Ciò che avremo saranno BBS, o meglio enormi forum pubblici, in cui sarà molto più rilevante la responsabilità soggettiva dello scrivente, per esempio, per il reato di diffamazione. Poniamo che sulla BBS della Microsoft, in un'area di dibattito tecnico letta da un milione di persone, venga diffamata l'IBM. Quest'ultima subirebbe in concreto un danno, perlomeno d'immagine, e adirebbe immediatamente le vie legali. _ chiaro come né la Microsoft, né il sysop della mega-BBS che nel caso sarebbe un dipendente della ditta, possano rischiare di entrare in una controversia legale di questo tipo. Ciò che l'investitore chiede è in sostanza di lavarsi le mani da questi problemi scomodi per procedere tranquillamente nella propria impresa. Ciò che invece chiede il piccolo investitore è di non essere schiacciato e in questo senso sembra veramente appropriata la metafora dei "primi piantatori di picchetti": così come è avvenuto per le televisioni e per il software saranno i giganti che nel territorio non normato stabiliranno, a seconda del loro assetto e interessi, quali sono le regole del gioco.
A questo punto non appare fuori luogo la sorpresa di alcuni gestori e degli utenti delle BBS, che, sentendosi in un modo o nell'altro coinvolti in prima persona, si chiedono: "ma in tutto questo noi cosa c'entriamo?". Probabilmente essi vedrebbero con maggior favore delle reali forme di tutela, piuttosto che delle limitazioni al loro operato tramite pastoie burocratiche. Nella trasmissione radiofonica sopra citata, al momento dell'"apertura" dei microfoni alle telefonate esterne, si sono sentite da parte di alcuni hobbisti delle idee interessanti e appropriate, come per esempio quella di considerare le BBS come una sorta di salotto di casa o di una festa a inviti, quindi una via di mezzo tra luogo pubblico e privato. Una visione dello spazio telematico assai diversa da quella delle strutture commerciali e dove, di conseguenza, verrebbe percepito come invasivo un intervento dello stato che regoli i comportamenti degli invitati al party. In alcune reti si cominciano peraltro a leggere dei messaggi di utenti che, da una parte un po' stanchi di questo dibattere a vuoto e dall'altra parte intimoriti da ciò che potrebbe succedere con una legge, propongono una "migrazione" dalle BBS. Ciò che viene romanticamente suggerito è di abbandonare tutti insieme la "miseria" delle limitazioni localistiche che le BBS e le norme rappresentano, per ritrovarsi dentro Internet, dove l'anonimato e la privacy vengono garantite per la forte coscienza degli utenti stessi.

Per uscire dalla palude
In ogni caso, per dirla molto chiaramente, le posizioni della maggior parte dei sysop italiani sono orientate verso una regolamentazione della telematica amatoriale, e spesso tali posizioni vengono manifestate con toni pieni di paura e di "cattiva cultura". Sentendosi coinvolti a ogni costo, a nostro avviso inappropriatamente, nel dibattito "alto" e miliardario delle reti commerciali, molti sysop cercano di cautelarsi, non tanto contro l'ingerenza dello stato in un'esperienza di "volontariato" di alto valore sociale, ma quanto contro i propri stessi utenti, visti come generatori di problemi dal punto di vista legale. Il ragionamento più diffuso, vero ma ingiusto, è pressapoco questo: "Se un mio utente, magari anonimo, commette dei reati, lo stato, non avendo altri mezzi per perseguirlo, punirà duramente me". Da qui nascono degli equilibrismi giuridico-politici di bassa qualità per scaricare la patata bollente sull'utente (schedandolo e limitandolo nella possibilità comunicativa), senza fare mai lo sforzo di cercare di capire cosa sta succedendo. Addirittura chi propone soluzione alternative viene bollato come "utopista".
Il convegno "Liberare la frontiera elettronica" tenutosi a Prato nello scorso febbario e che ha riunito per la prima volta in Italia quasi tutti i network amatoriali, ha messo proprio in evidenza il disagio e la difficoltà di esprimere delle posizioni comuni di fronte all'invasione istituzionale di uno spazio personale o di valenza sociale. L'assemblea finale, durata cinque ore e partecipata da trecento persone, se da una parte ha espresso la possibilità di poter almeno avviare un percorso di confronto tra soggetti diversi con interessi comuni, dall'altra parte ha messo in luce l'assoluta necessità di attivare maggiormente le risorse informative - giuridiche, politiche, strategiche - e d'intelligenza per evitare che la scena telematica italiana ripieghi su se stessa, generando uno scontro interno tra i diversi network.
Quello che pensiamo sia necessario fare ora, è invitare a una riflessione più complessiva su alcuni problemi di principio generali e stimolare all'azione concreta per uscire dalla fase di incertezza e confusione in cui tutta la comunità telematica viene a trovarsi.
Per problemi di principio generali intendiamo possibili battaglie su alcuni diritti, che se non vengono confermati come tali rischiano di portarci a leggi limitanti la nostra libertà. _ questo il caso della più completa libertà d'espressione tramite il mezzo telematico. Se non saremo in grado di combattere quel pattume della storia giuridica chiamato "reato di diffamazione", non riusciremo neanche a smontare il tentativo di esercitare il nostro diritto personale di opinione, di critica, anche fastidiosa, all'interno del cyberspazio. Una BBS non è un giornale quotidiano, è interattiva e non unidirezionale, si è editori solo di se stessi e soprattutto in una BBS non si esercitano quelle relazioni di potere presenti nei mass-media. Se si continua a ragionare paragonando le BBS a delle testate giornalistiche, non si uscirà dal vicolo cieco in cui ci si è infilati. Lo stesso schema va utilizzato per una tematica giuridica più complessa come quella della "responsabilità oggettiva", che nell'ordinamento italiano non dovrebbe esistere, soprattutto dopo l'introduzione del "Nuovo codice di procedura penale", ma che di fatto viene utilizzata nella costruzione di processi perlopiù politici o su questioni d'emergenza. E questo ciò che succede per esempio quando un sysop viene incriminato per eventuali reati commessi da altri sul suo sistema. È illusorio pensare che una legislazione concepita per deresponsabilizzare i gestori di un servizio telematico ma che limiti le possibilità espressive dei suoi utenti, rappresenti veramente una forma di tutela degli abitanti del cyberspazio.
Ribadiamo la nostra contrarietà a ogni ipotesi di regolamentazione della comunicazione digitale, poiché pensiamo che quest'ultima debba essere parificata a quella verbale ed epistolare e quindi solo tutelata e non controllata. Se c'è qualcuno che vede delle differenze tra il senso complessivo dello scambio di opinioni in una piazza e il dialogo aperto in una rete telematica, significa che costui è in realtà intimorito dalle opinioni personali della gente, e non da altro tipo di pericoli più gravi incombenti. Cosa penseremmo se qualcuno ci chiedesse la carta d'identità per esprimere un'opinione in un luogo pubblico?

Diritti di cittadinanza: che ognuno si assuma le proprie responsabilità
Già nei numeri precedenti di "Decoder" abbiamo posto grande attenzione al fatto che la sfera riguardante i diritti telematici si sovrappone all'ambito più generale dei diritti di cittadinanza. L'ipotesi che in un prossimo futuro l'accesso alla rete comporti più in generale l'accesso al sapere e quindi al lavoro, pone l'obbligo a tutti i gestori di sistemi telematici a ispirare le loro azioni concrete (regolamentazioni, pianificazione di infrastrutture, gratuità dell'accesso, libertà di parola...) a questa filosofia generale.
In questo senso ci pare giusto stimolare all'azione quelle realtà che sinora pare si siano tenute al di fuori, o che siano cadute nella trappola dei "luoghi comuni".
Per luoghi comuni intendiamo quei concetti ideologici che vengono suggeriti da "attori" con interessi particolari (McMicrocomputer, Agorà, gestori commerciali, aziende che vendono la "sicurezza informatica"...) e che (automagically) vengono assunti acriticamente come fatti ineluttabili. Costoro parlano di "emergenze", mitizzandone la dimensione e aggravandone l'effettiva pericolosità, ma vengono clamorosamente smentiti dai dati ufficiali, che raccontano di soli 35 reati compiuti nel 1994 in Italia, relativi all'insieme della criminalità informatica. A livello mondiale sono solo 1517. Si potrà raccontare che la gran parte delle aziende trova poco conveniente diffondere dati sulla vulnerabilità dei propri sistemi, ma certamente resta il fatto che i reati oggettivamente denunciati sono in un numero assolutamente trascurabile, non solo per quanto riguarda l'estensione, ma anche relativamente alla pericolosità effettiva dei reati. Prendiamo il caso del buon Mitnick, il superhacker che da oltre quindici anni scorazza impunemente nei sistemi telefonici di mezzo mondo e nell'immaginario collettivo di guardie e ladri, accumulando la bellezza di ventimila numeri di carte di credito, ma di cui, per via della sua etica, non ha mai fatto concreto uso. Altri luoghi comuni sono la diffusione della pornografia, con gli annessi scabrosi sulla violenza sui minori, le istruzioni per costruire le bombe, l'uso delle reti da parte della mafia e dei trafficanti di droghe varie.
La "so-called" sinistra parlamentare italiana non ha saputo cogliere le prospettive reali della questione (i diritti di cittadinanza), ma sembrando più preoccupata di frenare l'ascesa di futuri "berlusconi", è caduta in pieno nel tranello dell'inevitabilità della regolamentazione, a scapito di questioni più rilevanti per tutta la collettività. Le reti civiche (vedi box), per esempio, che se, da una parte, stanno costituendo un buon esempio di sperimentazione di accesso pubblico a basso prezzo, dall'altra parte, hanno costruito le loro regole proprio sulle istanze di chi vuole trasformare il cyberspazio in un territorio totalmente controllato. La questione dell'identificazione certa dell'utente, ribadita come una triste litania anche dalla sinistra e dalle reti civiche, nasconde un importante problema di difesa dall'ingerenza del potere nella nostra libertà d'espressione. Al di là della tesi per cui ognuno debba prendersi, fornendo le proprie generalità, le responsabilità di ciò che afferma sulla rete, pensiamo con le BBS siano di fatto un gigantesco data-base che raccoglie informazioni "sensibili" sull'identità complessiva degli utenti (idee politiche, situazione sanitaria, disponibilità economica, preferenze sessuali, gusti merceologici) e non crediamo assolutamente che queste informazioni, impacchettate e rese disponibili dalla stessa BBS, possano non far gola a istituzioni deputate al controllo oppure a società in cerca di nuovi target di consumo. In questo senso l'anonimità è una forma di difesa del più debole (l'utente) contro l'invadenza degli interessi più forti. Nel parlamento italiano è in discussione ormai da due anni la legge sulla tutela dei dati personali (legge sulla privacy) che si ispira in linea di massima agli stessi principi da noi enunciati, ma ai cittadini, invece, con l'impedimento dell'espressione anonima della comunicazione viene di fatto negata la misura più semplice e praticabile per l'autodifesa dei propri dati.
In questo senso pensiamo che sia necessario attivare pratiche che scavalchino questo dibattito stantio. Come è successo negli USA per la questione della crittazione della corrispondenza privata mediante PGP (vedi "Decoder" #9), in cui una diffusione e un uso di massa di questa tecnica ha impedito le volontà di regolamentazione del governo, è ora necessario che anche su questo tema si attivino forme di pratica alternativa. Invitiamo quindi le reti civiche e chi ha la fortuna di poter gestire un sito Internet, a implementare un servizio di anonimous remailer (cioè un sistema che intercetta la posta elettronica e la ributta in rete priva di ogni riferimento ai dati del mittente). Giornali come "il manifesto" o "L'unità", che sono anche su Internet, hanno una responsabilità storica rispetto a questi temi: non basta parlare genericamente di democrazia telematica, ma bisogna iniziare ad attivarla: che trasformino dunque, al più presto, le loro macchine e le facciano diventare realmente strumenti di libertà.
Auspichiamo inoltre che il convegno di Prato possa diventare un appuntamento fisso, in cui le diverse anime dell'intero mondo amatoriale della telematica italiana possano incontrarsi e confrontare con serenità tante questioni che in rete vengono dibattute con spirito pregiudiziale. Pensiamo infatti che alcune posizioni, apparentemente divergenti, possano, in realtà, trovare punti di unificazione, cosa questa necessaria per evitare di essere definitivamente scavalcati dalla forza delle lobby. Rilanciamo in questo senso anche la proposta nata a Prato, della creazione di un'agenzia di controinformazione su tutti questi temi, per controbilanciare il potere che pochi e potenti media hanno a questo riguardo. La redazione dovrà essere aperta e tutti potranno contribuire alla sua formazione; come forma si potrebbe utilizzare il World Wide Web che ne può garantire la diffusione anche a livello internazionale.

"Decoder" si impegna a sostenere non solo le iniziative qui sopra esposte, mettendo a disposizione le sue pagine di Web, ma anche di contribuire a organizzare le necessarie mobilitazioni, nel caso in cui leggi fortemente lesive dei nuovi diritti di cittadinanza e comunicazione dovessero essere approvate.