|
|
Prosegue la rubrica
Digital Justice sulle spinose questioni della
"giustizia digitale" e dei diritti nel
cyberspazio, curata dal Doktor Kabel, avvocato e docente
universitario che si aggira tra le reti e i tribunali.
Continuate dunque a scrivere i vostri dubbi, le vostre
paranoie di origine giudizario/repressiva e le vostre
istanze di libertà a "Decoder", all'indirizzo
postale o alla BBS. I più interessanti quesiti verranno
pubblicati.
Caro Decoder,
ho un quesito per il Doktor Kabel.
Sono uno degli amministratori di una piccola società che
produce computer graphic e animazioni. I nostri grafici
utilizzano qualche volta come materiali di partenza
immagini, tratte da libri, cataloghi, riviste o scaricate
da Internet, che dovrebbero essere coperte da copyright,
e poi le elaborano in vario modo. Alcuni dei committenti
ci hanno detto che non intendono pagarci il lavoro se non
gli dimostriamo che c'è l'autorizzazione dell'autore o
del titolare dei diritti, perché hanno paura di avere
delle grane. Naturalmente ottenere le autorizzazioni è
molto complicato, e spesso sarebbe anche troppo costoso.
Cosa dobbiamo fare?
Giuseppe Postiglione, Napoli.
Gentile Signor Postiglione,
rispondere al suo quesito non è
semplice, anche perché le considerazioni che devono
essere svolte non riguardano solo i diritti sulle
immagini ma in generale tutte le opere protette dal
diritto d'autore. Innanzitutto bisognerebbe accertare
se davvero le immagini di partenza sono protette da
copyright o da diritto d'autore. A questo riguardo
c'è una differenza fra le immagini i cui diritti
sono detenuti da soggetti statunitensi e quelle i cui
diritti sono detenuti da soggetti di altri Paesi,
come quelli europei. Nel diritto statunitense,
infatti, il rispetto del copyright può essere
preteso solo se viene espressamente rivendicato. Di
conseguenza, se sull'immagine, o sulla pubblicazione
o il sito Internet da cui è tratta, non è
chiaramente indicato che si tratta di opera protetta
da copyright, la sua utilizzazione è libera. Se
l'immagine è stata precedentemente modificata da
altri, e questi hanno eliminato le diciture che
rivendicano il copyright, si può ragionevolmente
sostenere la propria buona fede, sempre che
l'immagine per sua natura non risulti chiaramente
coperta da copyright (ad esempio, sarebbe difficile
sostenere di non aver pensato che un'immagine di
Mickey Mouse sia coperta dai diritti della Disney).
Tutto questo vale per gli Stati
Uniti (e, con qualche differenza, il Canada). Negli
altri Paesi (fra i quali l'Italia e gli Stati
dell'Unione Europea, esclusa la Gran Bretagna) le
cose stanno diversamente. Il diritto d'autore - che
è una cosa abbastanza diversa dal copyright - sorge
infatti automaticamente per effetto della creazione
dell'opera, e l'utilizzo di questa è permesso solo
se il titolare dei diritti vi ha espressamente
consentito. Quando l'opera è pubblicata, di regola i
diritti sono trasferiti all'editore, al quale
occorrerebbe dunque rivolgersi per ottenere il
consenso. Nei Paesi di diritto inglese (Gran
Bretagna, Australia, India, Hong Kong, Singapore) le
cose stanno un po' a metà, nel senso che il diritto
non sorge automaticamente con la creazione, ma la
circostanza che il copyright non sia espressamente
rivendicato non è di per sé sufficiente perché
l'opera sia liberamente riproducibile.
Il fatto che il diritto esista non
significa comunque che l'utilizzazione e,
soprattutto, l'elaborazione di un'immagine coperta da
diritti sia necessariamente vietata. Se dell'immagine
viene fatto un uso personale, o comunque non
commerciale, o ci se ne serve per finalità
didattiche o scientifiche, si rientra nel campo delle
libere utilizzazioni. Se invece, come nel caso della
sua società, delle immagini viene fatto commercio,
la riproduzione non autorizzata costituisce
violazione dei diritti su di essa.
Le cose però cambiano se
l'immagine è stata oggetto di un'elaborazione. In
questo caso occorre infatti tenere conto di due
interessi contrapposti: da un lato quello del
titolare dei diritti esclusivi che la legge riconosce
sull'opera originaria ad ottenere la remunerazione
dell'attività creativa; dall'altro quello di chi ha
elaborato l'opera, che pure ha svolto un'attività
creativa protetta dal diritto d'autore o dal
copyright. Il problema di trovare un equo
contemperamento di questi interessi è ancora aperto.
C'è chi ha proposto di istituire un sistema di
licenze obbligatorie, analogo a quello che vige nel
sistema brevettuale per le invenzioni derivate (come
quelle di perfezionamento o di nuovo uso), in base al
quale l'autorizzazione da parte del titolare dei
diritti sull'opera originaria dovrebbe essere sempre
concessa a chi la elabora, a fronte di un
corrispettivo ragionevole che, in assenza di accordo
fra le parti, dovrebbe essere determinato
dall'Ufficio che rilascia il copyright o da un altro
organismo statale o dall'autorità giudiziaria.
Siccome però nessun ordinamento prevede ancora
questa regola, il problema va risolto secondo
principi più generali. Una soluzione ragionevole,
applicata dalla giurisprudenza di diversi Paesi, fra
i quali gli Stati Uniti, è quella di effettuare una
valutazione comparativa fra il valore dell'apporto
creativo necessario per realizzare l'opera originaria
e quello dell'elaborazione, rispetto all'opera
finale. In altri termini, occorre stabilire se il
valore dell'opera finale (l'immagine elaborata) sia
determinato in misura maggiore dall'opera di partenza
o dalla sua elaborazione. Nel caso in cui
l'elaborazione sia rilevante, e dunque tale che il
maggior valore che essa ha apportato all'opera finale
ecceda quello dell'opera originaria, nessun
corrispettivo spetterà al titolare dei diritti su
quest'ultima, ed anzi sull'opera finale potrà essere
vantato un diritto esclusivo da parte dell'autore
dell'elaborazione. Viceversa nel caso contrario.
Un esempio può contribuire a
chiarire il concetto. Ipotizziamo che l'immagine di
partenza sia un normale disegno di Mickey Mouse
tratto da un vecchio Almanacco di Topolino. Il valore
di quest'immagine è certamente modesto, trattandosi
di uno dei milioni di disegni preparati dai
disegnatori della Disney. Se quest'immagine viene
elaborata in modo sostanziale, o distorcendola, o
ripetendola, o aggiungendovi particolari colori, o
abbinandola ad altre, o inserendola in un certo
contesto, o via dicendo, e quanto ne risulta è
un'immagine profondamente diversa da quella
originale, che suscita un'attrattiva dipendente molto
più dall'elaborazione che dall'opera di partenza,
nessun contributo dovrebbe essere dovuto alla Disney,
mentre l'elaborazione dovrebbe essere coperta da
copyright.
Egregio Doktor Kabel,
per attirare un po' più di gente
sulla mia pagina Web ho inserito dei linkage a delle
immagini di genere sadomasochistico e feticistico di
forte impatto, contenute in altri siti. Un amico mi ha
detto che potrei avere dei grossi fastidi, perché
qualcuno potrebbe denunciarmi per aver diffuso materiali
osceni, e anche perché i titolari dei siti che
contengono quelle immagini potrebbero lamentare la loro
appropriazione non autorizzata. A me sembra che lo
facciano in troppi perché possa essere vietato, però mi
è sorto qualche dubbio. Vorrei conoscere la sua
opinione.
Federico Piattelli, Bari.
Caro Signor Piattelli,
per quanto riguarda la diffusione
di materiale osceno, effettivamente lei potrebbe
incorrere in responsabilità penali, quanto meno a
titolo di concorso, se quel materiale è accessibile
anche a minori. Dovrà quindi adottare l'espediente,
ormai abbastanza diffuso, di segnalare
preventivamente che la visione delle immagini
contenute nel suo sito è riservata ad un pubblico
adulto, magari predisponendo una serie di clausole
esoneratrici della sua responsabilità che debbono
essere preventivamente approvate per accedere alle
immagini.
Più complesso è il problema della
violazione del diritto d'autore. E' vero che
attraverso i linkage contenuti nel suo sito si accede
ad immagini sulle quali altri possono vantare un
copyright e che, raccogliendole e mettendole a
disposizione sul suo sito, lei agevola la
possibilità che queste siano viste e scaricate.
L'opinione che si sta affermando al riguardo, negli
Stati Uniti, è tuttavia che una simile condotta sia
pienamente lecita, purché l'accesso a quelle
immagini non avvenga dietro corrispettivo. Attraverso
il linkage, infatti, lei non fa altro che istituire
un collegamento fra il suo sito ed i server nei quali
le immagini sono contenute. Se dunque i titolari dei
siti in cui quelle immagini sono contenute hanno
voluto metterle a disposizione, non possono lamentare
alcun pregiudizio per il fatto che, accedendo a quei
siti grazie ai suoi linkage, le immagini possano
essere visionate o scaricate. In altri termini,
poiché non è il suo sito che diffonde le immagini,
ma quelli ai quali viene effettuato il collegamento,
non c'è violazione del diritto d'autore. Il problema
potrebbe complicarsi nel caso in cui le immagini
siano diffuse da soggetti diversi dai titolari dei
diritti su di esse, perché potrebbe configurasi un
suo concorso nella violazione del copyright. Per
pararsi il fianco da ogni possibile guaio potrebbe
inserire, fra le clausole che occorre approvare per
accedere ai linkage, l'avvertenza che per ogni
informazione relativa al copyright e ai diritti di
utilizzazione delle immagini occorre rivolgersi ai
titolari dei siti ai quali viene operato il
collegamento.
A Decoder.
Rubrica Digital Justice.
Ho letto su un quotidiano che la
durata dei diritti d'autore è stata allungata di
vent'anni perché Mondadori (leggi Berlusconi) non voleva
che scadessero diritti su suoi autori importanti, come
Svevo e Pirandello. E' vero? E cosa succede se, dopo che
i diritti su un'opera erano scaduti, qualcuno l'aveva
pubblicata? C'è un illecito retroattivo? Mi sembra tutto
pazzesco.
Sissi Sassetti, La Spezia.
Cara Sissi,
la durata dei diritti d'autore è
in effetti stata prorogata attraverso la l. 6
febbraio 1996, n. 52. Trattandosi di legge emanata
sotto il governo Dini, e in attuazione di una
direttiva comunitaria (la 93/98/CEE), questa volta
Berlusconi non c'entra, anche se certo la legge non
gli ha fatto dispiacere.
Per effetto della legge, i diritti
di autore, che in generale scadevano dopo 50 anni
dalla morte dell'autore, scadranno ora dopo 70 anni;
e il termine di durata di 20 anni (relativo ai
diritti dei produttori di dischi fonografici e di
apparecchi analoghi, dei titolari di emittenti
radiofoniche e televisive, e degli interpreti ed
artisti esecutori) è stato elevato a 50 anni. La
giustificazione di quest'estensione di una tutela che
già appariva eccessivamente prolungata addotta dagli
organi comunitari è risibile e ipocrita: siccome la
precedente normativa (introdotta all'inizio degli
anni '40) avrebbe inteso offrire protezione agli
eredi per un periodo pari alla vita di due
generazioni, visto che la vita media si è allungata,
occorreva prolungare il periodo di tutela. Senonché
quest'incremento andrà a vantaggio degli eredi degli
autori solo in rarissimi casi, visto che i diritti di
sfruttamento economico sono normalmente trasferiti
per contratto dall'autore all'editore o al
produttore.
Quanto all'effetto retroattivo,
fortunatamente viene scongiurato: la legge prevede
infatti che gli editori che hanno stampato opere
cadute in pubblico dominio possano, senza limiti di
tempo, continuare a farlo, anche attraverso ristampe
e aggiornamenti. Più severo è invece il regime
delle opere destinate ad essere riprodotte su dischi
fonografici o apparecchi analoghi: in questo caso il
produttore dell'opera caduta in pubblico dominio
poteva continuare a mettere in vendita i supporti
(dischi, musicassette, CD) solo per i tre mesi
successivi all'entrata in vigore della legge, senza
però limiti quantitativi.
Caro Doktor Kabel,
su diversi libri, compresi quelli di
Shake, si legge che si tratta di opere "no
copyright". Vorrei sapere che cosa significa in
pratica, se cioè chiunque può riprodurli senza chiedere
il permesso.
Ing. Sandro Tesoro, Battipaglia
(SA).
Gentile Ingegnere,
il "no copyright" è un
concetto, o forse una filosofia, che mira a
scardinare il sistema chiuso dello sfruttamento dei
diritti di proprietà intellettuale creando le
condizioni per una circolazione libera e alternativa
delle idee al di fuori dei circuiti di profitto dei
grandi editori. E' stato elaborato per la prima volta
negli Stati Uniti, da dove si sta allargando in tutto
il mondo e anche in Italia. Per saperne di più, puoi
leggere il volume di Shake di Raf "Valvola"
Scelsi, che si intitola appunto "No
Copyright" e che contiene diversi testi
essenziali per comprendere il fenomeno.
Venendo più direttamente alla tua
domanda, non esiste ancora uno "statuto"
consolidato del no copyright, cosicché il diritto di
riprodurre e, soprattutto, di trarre profitto dalla
riproduzione di opere no copyright varia caso per
caso a seconda delle rivendicazioni dell'autore e
dell'editore. Quel che però è certo è che deve
essere in ogni caso rispettato il diritto morale
dell'autore, il quale resta titolare della facoltà
di decidere se ed in quali forme - al di là delle
libere utilizzazioni stabilite dalla legge - la sua
opera può essere riprodotta, pubblicata o tradotta.
Questo significa che per utilizzare testi no
copyright occorre comunque richiedere il consenso
preventivo almeno dell'autore, che non dovrebbe
essere irragionevolmente negato.
|