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STELARC - ANALISI DI UN CYBERCORPO CON INTERVISTA

   

di Kix
tratto da
DECODER #8

   
    STELARC è un performer, o meglio, uno sperimentatore, di origine australiana, la cui attività artistica iniziale può essere collocata all'interno di quell'area che poneva il corpo al centro della sua ricerca.
Elementi tipici di correnti artistiche esplose soprattutto negli anni 60/70, come Body Art, Comportamentismo, Land Art/Ecologic Art, Performance, convergono soprattutto nelle sue prime azioni (o eventi). Ad esempio, la "sospensione" operata tramite la struttura in riva al mare (vedi foto) vuole ricollocare il corpo umano nel suo ambiente originario, primario, naturale, definendo un nuovo rapporto con lo spazio circostante ma, allo stesso tempo, dimostrandone l'attuale obsolescenza, l'artificialita'di un corpo "contemporaneo" in un ambiente "arcaico".
L'iniziale impiego di imbragature per operare la sospensione del corpo, fu sostituito dall'applicazione di ganci infilzati nella pelle; scelta che, se da un lato eliminava quell'ingombro visivo che poteva distogliere l'attenzione dalle motivazioni centrali dell'operazione, dall'altro determinò critiche su presunte valenze masochiste che le opere potevano evocare. Ma, anche tenendo conto delle affermazioni dello stesso Stelarc, non è sostenibile la presenza di un tale elemento; le "azioni" di deprivazione sensoriale, di stress psico-fisico e resistenza alle sollecitazioni, avevano come scopo principale la verifica dei limiti dell'involucro biologico in situazioni estreme. Una volta esplorati e confermeti come retaggio della "vecchia carne", Stelarc procede verso il loro superamento grazie all'innesto della tecnologia.
Quindi un'intenzionalita'ben diversa da quella presente in altri artisti che utilizzavano il corpo come luogo espressivo; opposta, ad esempio, a quella dominante nell'"Azionismo viennese", dove il corpo veniva sistematicamente sottoposto a interventi autolesionisti che potevano terminare in vere e proprie mutilazioni (emblematico il caso di Rudolf Schwarzkogler, morto nel 1969 a seguito delle conseguenze di una performance autolesionista). Azioni spesso caratterizzate da un pesante nichilismo, intensamente drammatiche e permeate da tensioni misticheggianti, una visione negativa della tecnologia, percepita come presenza opprimente e castrante, costituiscono il repertorio di questa corrente della Body Art, in netto contrasto quindi con gli assunti di Stelarc. Maggiori analogie possono essere riscontrate con pratiche iniziatiche primitive, con prove tendenti ad "educare" la struttura psico-biologica alla resistenza e al superamento di condizioni limite, elementi presenti in varie forme di ritualità orientale e di teatro giapponese
Nell'evento del 1982 "Movimento/modificazione. Sospensione per corpo obsoleto" (foto), Stelarc connette il corpo "primordiale" con l'apparato tecnologico moderno: gli impulsi dei muscoli in tensione/modificazione venivano percepiti dai sensori applicati sulla pelle e quindi elaborati e convertiti in segnali sonori. Amplificazione delle sonorità corporee in condizioni limite.
Ma è con il progetto relativo alla "terza mano" che avviene il definitivo passaggio verso l'amplificazione reale della struttura corporea. Un braccio interamente tecnologico è connesso con il corpo di Stelarc, evento in sè non così innovativo visto l'uso ormai frequente di protesi anatomiche nei casi di mutilazione. Ma nelle intenzioni che sottendono la proposta stelarchiana non si può più parlare di "protesi" se intesa come sostituzione reintegrativa di un "pezzo" naturale. Non c'è volontà di ristabilire una condizione originaria, ma il superamento di questa. Espansione corporea, non costruzione robotica separata, autonoma e controllata a distanza, ma estensione innestata nella struttura originaria. Uno pseudo cut-up di carne e tecnologia dove la sintesi risultante varca la soglia dell'umano tradizionalmente inteso. La tecnologia è vista da Stelarc come prodotto dell'uomo che ne determina il superamento, allargando l'area dell'esperienza e aprendo la strada verso nuove potenzialità. Ma non tutto è così roseo.

Da un testo di Stelarc, pubblicato sulla rivista tedesca "Warten - Das Magazin" nel 1991 (da cui sono tratte le parti citate), emergono idee e considerazioni sulla sua visione dell'"uomo" futuro, il post-uomo. Per Stelarc il corpo umano non deve più essere considerato luogo della memoria, depositata-registrata fuori da esso, ma oggetto manipolabile, amplificabile, estendibile: "Ciò che conta è il corpo come oggetto, non come soggetto. Il corpo come oggetto può essere accelerato, amplificato e ridisegnato. Il corpo non deve essere ipnotizzato dalla memoria. La memoria culturale è storia registrata".
La pelle, come uno schermo, è illuminata e irradiata da rapide immagini, effimero tatuaggio elettronico: "I media sono diventati la membrana dell'esperienza umana. Un sistema di supporto vitale che sostiene il corpo. Il ruolo dei media non è semplicemente quello di trasmettere informazioni. Piuttosto, esso fonde il tessuto umano in un immenso schermo planetario di pelle. Un tessuto palpitante, sensibile, che si contrae in sintonia con le più remote stimolazioni."
Un'apoteosi dell'artificialità, dell'"illusione ad alta fedeltà". La carne si muta/dissolve in un coacervo di dati, immersa in uno spazio di dati (cyberspace).
In una visionarietà di esaltato candore profetico (nel senso che non viene minimamente paventata alcuna difficoltà, rischio o trauma individuale, sociale o "politico" che una simile sconvolgente mutazione potrebbe comportare. E in questo siamo ben lontani dalle atmosfere cronenberghiane che aleggiano sulla transizione dalla vecchia alla nuova carne) viene implicitamente prefigurata e consacrata la divisione tra corpo (costrizione materiale, guscio, gabbia, limite), definitivamente negato, e la sua componente immateriale (anima? spirito? immaginazione? intelligenza?) ora finalmente liberata. Non è la "nuova carne" ma la "carne immateriale", la "non-carne" abitante nel "non-luogo".
La sparizione del corpo come ultimo stadio del "desiderio post-evoluzionistico", è auspicata come estrema possibile conquista, che spalanca a questo nuovo essere immateriale nuovi spazi privi di limitazioni biologico-corporee.
Provocazione? Delirio di onnipotenza? Mistica comunione con il cosmo?
Indubbiamente è presente in questa visione una forte spinta verso la trascendenza: "E'tempo di sparire dalla storia umana, di tendere alla velocità di fuga terrestre e di raggiungere una condizione post-umana. E'tempo di svanire, di essere dimenticati nell'immensità dello spazio extraterrestre. [...] L'importanza della tecnologia potrebbe essere quello di culminare in una coscienza aliena - che sia post-storica, trans-umana o addirittura extraterrestre." Quindi la dipartita dal corpo, il definitivo capolinea dell'evoluzione umana (la fine della storia?), a favore della totale esaltazione della funzionalità e libertà formale determinate dall'immersione nello spazio virtuale del dato tecnologico: "In questa epoca di sovraccarico informativo, non è più tanto significativa la "libertà delle idee" quanto piuttosto la "libertà di forma". Il punto non è più se la società ti permetterà di esprimere te stesso, ma se la specie umana ti lascerà infrangere i vincoli dei tuoi parametri genetici".
"Ciò che è importante non è più vedere il corpo come oggetto di desiderio, ma come oggetto da ridisegnare. Per me la premessa è che se alteri l'architettura del corpo, ne alteri la sua visione del mondo, e questo è affascinante. Noi siamo alla fine della filosofia data l'obsolescenza della nostra fisiologia. [...] Il pensiero umano si ritira nel passato dell'uomo".
Negato il pensiero e la filosofia, pratica anch'essa obsoleta come il corpo, Stelarc sottolinea invece l'importante funzione dell'artista nella definizione della nuova forma post-umana: "L'artista può diventare un architetto degli spazi corporei interiori, ristrutturando il territorio umano e ridefinendo il nostro ruolo di individui. [...] Informato e intelligente, l'artista può essere un Agente Post-Evoluzionistico, che traccia nuove traiettorie, elabora strategie, focalizza desideri alieni." Quindi, una soluzione compresa essenzialmente in una dimensione estetico-funzionalista.
Azioni, visioni, proiezioni futuribili e teorie fortemente innestate con la condizione dell'uomo contemporaneo in ambienti hi-tech, uniscono intuizioni molto acute, affermazioni piuttosto contraddittorie e carenti sotto vari aspetti. D'altronde la ricerca di Stelarc, come lui stesso lascia intravedere, è da considerare come prettamente artistica, concettuale, di sperimentazione percettiva, di ricognizione su nuove potenzialità, dimostrando scarso interesse alle implicazioni psicologiche, sociali, economico-politiche legate al dispiegamento tecnologico, alla ricerca scientifica, ai fattori che la determinano e agli esiti a cui conduce.
Per Stelarc, "ciò che è filosoficamente rilevante non è più il dilemma mente-corpo, ma piuttosto la divisione corpo-specie. E proprio come la fissione dell'atomo sprigiona enormi quantità di energia, così la scissione della specie umana, determinata dalla tecnologia implosiva (innestata all'interno del corpo), genererà un enorme potenziale biologico, risolvendosi in una arricchente e stimolante diversificazione del genere umano. [...] Una volta che la tecnologia avrà munito ogni corpo del potenziale per progredire individualmente nella sua evoluzione, la coesione della specie non sarà più importante."
Una differenziazione/frammentazione biologica globale. Quali rischi di superiorità genetiche?

"Noi aspiriamo alla creazione di un tipo non umano nel quale saranno aboliti il dolore morale, la bontà, l'affetto e l'amore [...] Noi crediamo alla possibilità di un numero incalcolabile di trasformazioni umane, e dichiariamo senza sorridere che nella carne dell'uomo dormono delle ali. [...] Il tipo non umano e meccanico, costruito per una velocità onnipresente, sarà naturalmente crudele. [...] Sarà dotato di organi inaspettati: organi adatti alle esigenze di un ambiente fatto di urti continui. Possiamo prevedere fin d'ora uno sviluppo a guisa di prua della sporgenza esterna dello sterno, che sarà tanto più considerevole, in quanto l'uomo futuro diventerà un sempre migliore aviatore.
Queste non sono parole di Stelarc ma di un certo Filippo Tommaso Marinetti, principale "ideologo" del primo Futurismo italiano, fondamentale avanguardia degli anni Dieci.Tra folgoranti intuizioni, deliri superomistici, nevrastenie belliche, radicali innovazioni artistiche e tecniche, definizioni di nuove futuribili forme, patriottismi isterici, misoginia e nazionalismo, si consumò la proiezione nel futuro di Marinetti e soci. Il metallico guerriero (Terminator?), ultima versione del super-uomo, è il "top" della commistione umano-meccanica futurista, onnipotente dominatore, super-maschio alla ennesima potenza, reso invincibile dalla tecnica moderna. Se la "piega" ideologica che attraversò tutto il Futurismo italiano resta per noi evidentemente riprovevole, è tuttavia innegabile la sua acuta attenzione agli elmenti fondamentali della modernità: proliferazione tecnologica, scenari urbani in continua espansione (La città che sale di Boccioni),modificazione radicale della natura a opera dell'uomo dominatore della tecnica, mutazione dell'uomo stesso, nuovi mezzi di comunicazione e loro implicazioni nella percezione del mondo, velocità, compenetrazioni dinamiche, alterazioni spazio-temporali, nuove sonorità presenti nell'ambiente (gli Intonarumori di Russolo, anticipatori di molta musica contemoranea).
I futuristi riuscirono a prefigurare forme ampiamente radicatesi nei territori della presente realtà (vedi le fantascientifiche - per quei tempi - architetture di Sant'Elia) o dell'immaginario collettivo. Ma questa esaltazione iper-positivista delle potenzialità della tecnica, sostenuta da una dissennata cultura di dominio, potenza e presunte superiorità biologico-razziali, si concluse nelle "tempeste d'acciaio" del '15-'18 e, una volta trovatisi in mezzo, molti futuristi compresero che avevano sbagliato qualcosina.
Attenzione, caro Stelarc! Questa è storia.

L'intervista che riportiamo di seguito è stata tradotta dalla rivista inglese "VARIANT", n. 11, primavera 1992.
L'intervistatore è Stuart Mc Glinn.

Nelle tue prime opere vi erano numerosi elementi scultorei con riferimenti arcaici e naturali, come, a esempio, ceppi muniti di aculei, strutture totemiche. Riguardo le ultime "sospensioni" ci sono state errate interpretazioni delle immagini con riferimenti sciamanici. Come replichi a queste?

Sono sempre stato affascinato dall'uso di legno, pietra e acciaio, ma li considero materiali di base, primari, che possono essere messi in relazione con il corpo. Usando questi materiali insieme al corpo o sospendendolo a un albero, il corpo viene ricollocato nel suo regno naturale, amplificandone l'obsolescenza: in tal modo l'uso di quei materiali non è in senso sciamanico o simbolico. E' piuttosto una relazione strutturale con il corpo e i rapporti con il suo scenario naturale, primitivo.
Per quanto riguarda le opere in sospensione, ciascuno ha diritto a interpretare le immagini come vuole. Queste immagini sono state estrapolate dai media in modo tale che si ha l'impressione che ciascuna di queste sia tipica del lavoro. Ma non è così, essa è parte di una successione di interventi comprendenti la produzione di tre film sull'interno del corpo, in cui si pratica una serie completa di privazioni sensoriali e prove di sospensione con funi e imbragature appese a palloni aerostatici, con il corpo totalmente amplificato con raggi laser in tutte le performance iniziali.

Quali sono le motivazioni alla base delle "sospensioni"?

Sono sempre stato affascinato dall'immagine del corpo nello spazio - immagine tanto primordiale quanto legata alla contemporaneità. Spesso sognamo di fluttuare e volare, e molti rituali primitivi comportano la sospensione del corpo secondo varie modalità, in più oggi il corpo può galleggiare in assenza di gravità. Queste "sospensioni" si collocano tra la fantasticheria e la realtà dell'astronauta, così sono sempre esistiti casi di collocazione del corpo nello spazio, questo è impulso iniziale. Nelle prime sospensioni io appendevo qualcun altro ma, dal momento in cui i progetti implicarono maggiori difficoltà, dovetti io stesso assumermi le conseguenze fisiche e mi preparai a eseguirle da solo.

Quando decidesti di passare dalle "sospensioni" con imbragature a quelle tramite ganci attraverso la carne per sostenere il corpo, adducesti come ragione l'eliminazione dell'ingombro visuale dell'imbragatura. Come reagiresti all'asserzione secondo la quale l'ingombro visivo è stato sostituito da un "ingombro ideologico", con allusioni non intenzionali?

Per me la transizione ai ganci fu un'azione molto semplice. Molto onestamente posso dire che non avevo pensato alle implicazioni sado-maso e mi hanno sempre lasciato perplesso quelli che ricorrevano a performance con crocifissioni o ganci con appesa della carne morta. Allora, come ancora adesso, le mie intenzioni erano rivolte ai rapporti strutturali. C'era un ingombro visuale dovuto alle imbragature e alle funi e l'effetto era quello di sostenere il corpo piuttosto che sospenderlo. Così usai ganci infilzati nella pelle attaccati a sottili cavi. Avrei potuto utilizzare qualcosa di "invisibile" come filo da pesca, ma mi piaceva l'idea di utilizzare funi o cavi di acciaio poichè questi definivano delle linee di forza e tensione, e ciò era parte del congegno visivo del corpo sospeso. In tal modo, deliberatamente, non ho voluto farne una sorta di evento illusionistico con un corpo fluttuante nello spazio. L'intenzione era di usare semplicemente il minimo sostegno per il corpo; la pelle tirata diventava parte della struttura di supporto e una specie di campo gravitazionale.

Il rapporto con la scienza e la ricerca è metaforico o diretto, considerando ad esempio il tuo lavoro sullo sviluppo del braccio meccanico?

Io non ho una formazione di tipo scientifico o ingegneristico ma, avendo vissuto in Giappone per 19 anni, con amici impiegati nei settori robotica e ingegneria, ho una buona conoscenza generale dell'attuale tecnologia. Tuttavia il progetto "terza mano" non era un progetto ingegneristico nuovo, si basava su un prototipo sviluppato presso la Wassau University. Lo modificai leggermente. La ditta costruttrice che mi aiutò lo elaborò secondo le mie esigenze - io disegnai la struttura di supporto e vi applicai un depressore di un'altra ditta. Volevo una mano adattata alle dimensioni della mia mano destra e ricoperta da uno stampo cosmetico, anche se non l'ho mai usato, poichè ritengo che la tecnologia presente dovesse essere visibile. Questa è la mia strategia generale. Io ho delle idee su come possiamo connettere appendici tecnologiche in simbiosi con il corpo e, stabiliti questi concetti, non mi interessa elaborare semplicemente un progetto di finzione scientifica o un'idea non realizzabile. Io metto sullo stesso piano l'espressione con l'esperienza, con l'esperienza della realtà.

Tu hai affermato che per sospendere il corpo lontano dalla superficie terrestre avremmo bisogno di temprare e disidratare il corpo per renderlo più resistente - una pelle sintetica per ridisegnarlo radicalmente nella nuova era tecnologica. Tutto ciò lo intendi alla lettera?

In primo luogo, la percezione dell'obsolescenza del corpo fu molto profonda. Ho la sensazione che siamo giunti ai limiti della filosofia, non perché siamo ai limiti del linguaggio, ma a causa dell'obsolescenza della nostra fisiologia. I parametri strutturali dei nostri corpi stanno determinando la nostra consapevolezza percettiva e la comprensione cerebrale del mondo e, alterando la nostra architettura, regola ed estende la nostra consapevolezza: usando dei robot sostitutivi con remote-control per proiettare la presenza umana e l'effetto dell'azione fisica in luoghi remoti. I generi di teorie presenti nelle mie performance provengono dalla lettura della letteratura scientifica, dal mio interesse generale per la filosofia e la psicologia e non da un punto di vista accademico. Sono interessato e affascinato proprio dal modo in cui le idee si evolvono e dal rapporto tra idee, cultura e tecnologia che le genera, così queste idee non si propongono di giustificare le performances. Questo è il motivo per cui io non ritengo che le performances debbano essere descritte. Talvolta il pubblico ha assistito a una performance e non sapeva ciò che stava accadendo, anche con questi elettrodi e fili metallici inseriti in tutto il corpo. Tuttavia hanno chiesto: "cos'erano quei suoni?" Non avevano motivo di comprendere che quelli erano in realtà segnali corporei amplificati. Qualcuno venne da me e mi disse: "hai un tremendo controllo del braccio sinistro", ma questo scattava su e giù automaticamente tramite un paio di stimolatori muscolari. Inversamente, pensano che la "terza mano" fosse automatica o programmata mentre sono io a controllarla totalmente. Se scopri queste cose dopo la performance, va bene, se le sai già prima, va bene lo stesso. Quando visito un museo odio leggere qualcosa riguardante quelle opere - ho la tendenza a confrontarmi con i lavori, a trovarmici di fronte e interpretarli senza una necessaria mentalità di visione pre-determinata, senza la necessità di far riferimento alla memoria o alla cultura. Questo potrebbe essere un obiettivo impossibile dato che l'esistenza umana si basa sulla memoria; ma il mio desiderio è di staccarmi dalla memoria umana e alla fine essere in grado di svanire, differenziarmi, partire da questo particolare habitat evolutivo - cosa che non significa necessariamente abbandonare il pianeta. Potrebbe voler dire muoversi sott'acqua o nel sottosuolo o dentro di noi.

Ritieni che il desiderio di lasciare il corpo o il pianeta abbia le sue radici nella curiosità e che questa sia una buona ragione su cui basarsi?

Si potrebbe dimostrare che uno dei motivi per i quali noi siamo creature adattabili e abbiamo sviluppato sia l'intelligenza sia la curiosità. La nostra curiosità potrebbe essere la causa della nostra mobilità...

Ma sicuramente se uno parla di vivere senza il corpo perché questo è diventato una maledizione, la curiosità stessa può non essere giustificata?

In un certo senso, io sostengo che questo corpo è obsoleto, non dico che possiamo vivere senza "incarnazione". Siamo giunti a un punto nel nostro sviluppo post-evoluzionistico in cui la normale evoluzione organica darwiniana non è più determinata dai fattori presenti nella biosfera, dalle forze gravitazionali. Adesso lo è dalla spinta delle informazioni, abbiamo accumulato questo input che produce questi desideri di esplorare, estendere, amplificare, valutare, diagnosticare maggiormente. Così ciò che ha inizio come strategia evoluzionistica, questa curiosità che è essenzialmente il risultato della nostra mobilità e percezione, ora giunge a un punto in cui questa accumulazione (di informazioni) comincia ad avere una propria dinamica e direzione e agisce da propulsore per il corpo e lo forgia in nuove forme. Il campo dell'informazione ora modella la struttura del corpo.

Questo slancio tecnologico è sostenuto e finanziato dall'apparato militare e dalle multinazionali. Come ti senti, come artista, in un coinvolgimento così diretto e nella promozione di questo tipo di ricerca?

Io, in generale, non ho una visione della vita cinica o pessimista. Non vedo il disastro ovunque. Sicuramente, una gran parte di questa ricerca è sostenuta dai militari e certamente le forze economiche governano molte innovazioni tecnologiche, ma mi piace pensare che alcune tecnologie abbiano una propria "raison d'être". Possono essere giustificate come ricerca pura, realizzate senza finanziamenti da nessuno, non-distruttive, connettibili al corpo umano per esplorare nuove frontiere di conoscenze e informazioni. In tal modo tendo ad avere una visione abbastanza ottimistica. La ricerca umana è ancora fondata sulla potenza distruttiva, il potere, l'aggressione e la guerra ma, ultimamente, si sta dirigendo in altre direzioni come l'estensione dell'intelligenza, la percezione e l'abitazione di un più vasto contesto spazio-temporale extra-terrestre. E' difficile discutere sulle questioni etiche e morali da un punto di vista sociologico o politico. Ciò che mi interessa è l'integrità concettuale che ciò produce. Non posso sempre pretendere che questo sia il giusto modo di procedere o che non ci possa essere una strategia sbagliata, ma non mi sento qualificato per trattare questi argomenti, sono questioni sociali molto complesse. Come artista non puoi indugiare su ostacoli politici o ingiustizie sociali altrimenti non riusciresti ad adempiere alla tua funzione. Uno non farebbe arte del tutto se esaminasse realmente il mondo, la povertà, il disagio o l'ingiustizia. Come può una persona produrre arte, come può avere la sicurezza di non perseguire la vanità implicita nel processo artistico? Proprio come uno scienziato può essere accusato di immoralità per certe invenzioni, così un artista può essere criticato di trascorrere la sua vita in futili esplorazioni visuali e concettuali.

Puoi spiegare cosa intendi quando affermi che nell'attuale epoca dell'informazione la libertà importante non è quella delle idee, ma "la libertà di mutare il proprio corpo"?

Ho affermato ciò perché a quel tempo pensavo che in un ambiente sovraccarico di informazioni, dove sono aumentate le interconnessioni tra computer, si sarebbe creata una situazione in cui la libertà di informazione/comunicazione non costituiva più un problema. Il punto in discussione era se un governo, o un gruppo religioso, o una società, ti avessero permesso di modificare il tuo corpo. Ritengo che la libertà di forma piuttosto che quella di informazione, ti permetteranno di modificare la tua attuale struttura del DNA. Per quale motivo l'intelligenza dovrebbe essere incassata soltanto in questa forma bipede secondo questa chimica del carbonio e queste particolari funzioni? Adesso il punto è come espandere l'intelletto, creare antenne sensoriali e sperimentare soggettivamente uno spettro di realtà più ampio, come estendere la nostra ampiezza vitale. Penso che il problema non sia il perpetuarsi tramite riproduzione ma piuttosto concentrarsi sul soggetto per ridisegnarlo. Forse, quando gli uomini si saranno spinti fuori dalla terra, le rigide credenze religiose, politiche e sociali non saranno più così tenaci e ci saranno spinte che renderanno più facile la possibilità di ridisegnare il corpo senza traumi per la nostra cultura planetaria.

Ti è stata mossa la critica di perpetuare, con il tuo lavoro e le tue idee, le strutture e le ideologie del potere maschile. Come replichi?

Non penso che la tecnologia sia un prodotto maschile. Esiste una critica femminista che asserisce che la tecnologia sia essenzialmente opera del maschio e sia utilizzata per perpetuare il suo dominio. Ritengo che questo sia sostanzialmente un concetto seducente per le femministe, ma è possibile che sia stata proprio la parte femminile della nostra specie a dare inizio all'uso della tecnica nella raschiatura delle pelli e in altri utensili inventati dalla donna, così come le lance e altri strumenti di caccia furono probabilmente costruiti dal maschio. Non abbiamo prove certe sull'esistenza di una netta divisione tra la caccia e la cura della casa, a eccezione del fatto che la gravidanza costringesse la donna all'immobilità. Ma, anche ammettendo che la tecnologia sia stata un'invenzione del maschio, le sue implicazioni ed effetti attuali sono di eguagliare le nostre possibilità fisiche e uniformare la sessualità umana. Ad esempio una donna che guarda in un microscopio ha la stessa acutezza di vista di un uomo, una donna che guida un veicolo può andare alla stessa velocità e potenza di un uomo. La tecnologia ha potenzialmente la capacità di eliminare completamente il peso della gravidanza dal corpo della donna, procedendo così ci sarà allora l'eventualità della perdita di importanza della sessualità e della sua graduale eliminazione; in tal modo non ci sarà motivo di essere sessualmente differenti tranne che per il piacere personale. Se saremo in grado di fecondare e nutrire il feto fuori dal corpo della donna, allora tecnicamente non ci sarà il parto. Se potremo sostituire le parti malfunzionanti, tecnicamente non ci dovrebbe essere morte. Così la tecnologia, dopo aver parificato le nostre potenzialità fisiche e uniformato le nostre sessualità, ridefinisce la nostra identità di umani. L'esistenza potrebbe semplicemente voler dire essere operativi o non-operativi.

Se qualcuno dovesse percepire questi lavori come performance musicali, i riferimenti nelle tue opere non dovrebbero forse essere meno forti per permettere a queste interpretazioni di esserci senza soffocare le strategie di cui parli?

Ciò che mi affascina è che spesso c'è stata difficoltà nel catalogare questi eventi e inoltre negli ultimi 6 o 7 anni ho ricevuto più inviti a partecipare a festivals di "New-music" che ad altro; dato che non amo essere uno specialista, mi piace il fatto che questi eventi abbiano attraversato l'ambito musicale; il continuo confondersi e modificarsi dei confini rende questo campo di attività molto più stimolante.