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Kathy Rae Huffman ha adattato per Decoder un
testo dal suo saggio "Some Thoughts on Video:
Violence" scritto per l'Ars Electronica Video
Program, che dirige, per il festival "Out of
Control", tenuto a Linz, in Austria, nel 1991.
Katy in tale occasione organizzò una ricca
programmazione di video di controinformazione o
artistici aventi come argomento centrale quello della
violenza. Il nostro pensiero non può non andare in
questo momento al video su Rodney King e alla rivolta
popolare scatenatasi dall'assoluzione della polizia.
Senza quel video, che ha permesso a tutti di vedere
la dinamica del fatto, ci sarebbero stati chissà
quanti altri Rodney King e "picchiatori di
stato" assolutamente impuniti. Al contempo
questo testo offre interessanti spunti di riflessione
storica e culturale su alcuni argomenti riguardanti
la comunicazione katodika e, per noi, è un ulteriore
invito a prendere la videocamera in mano per usarla
come arma da guerra mediatica.
Il video, con la sua affinità al medium televisivo,
spesso presenta la violenza come un evento reale. Nelle
mani di un artista, la videocamera diventa testimone,
volente o nolente, di eventi che sarebbero altrimenti
noti solo alla vittima. Strutture sperimentali e
narrative, integrate nel lavoro documentario, aumentano
l'immediatezza della videoregistrazione e il risultato è
un'approssimazione di realtà concentrata. Nessun genere
di violenza è sfuggito all'immaginazione o alla
videocamera, la quale cerca sovente di catturare o di
affrontare la schiacciante perdita di controllo dell'uomo
su pressoché ogni aspetto della vita nel mondo odierno.
La televisione raggiunge le masse su scala mondiale. La
visione della TV, tuttavia, è stata filtrata attraverso
strati di direttive editoriali e politiche, di agenzie di
promozione, di priorità pubblicitarie. D'altro canto il
video si manifesta in un contesto molto meno ufficiale ed
ha permesso ad un pubblico alternativo di essere
informato di agitazioni politiche in convulse terre
lontane da cui l'informazione ufficiale è superficiale,
censurata e/o controllata. Il video è un legame con gli
attivisti underground che lottano in difesa di cause
impopolari o poco rispettabili secondo il senso comune.
Il medium del video dà forza ai diseredati. Come
strumenti, la videocamera e il videoregistratore sono
facili da usare, sono piccoli e a buon mercato. Queste
caratteristiche permettono loro di restare non intrusivi
in luoghi politicamente sensibili in cui sarebbe
altrimenti pericoloso o persino impossibile registrare.
Come testimone, il video ha catturato scene di crudeltà
spaventosa (raramente immaginate eccetto, ancora, dalle
vittime di un simile trattamento). Per esempio, le
brutali percosse inflitte a Rodney King dalla polizia di
Los Angeles sono state riprese da un videoamatore che,
impugnata la sua videocam, ha incominciato a filmare
dalla sua veranda. Il videometraggio è stato trasmesso
in tutto il mondo (e da quanto viene riferito è stato
venduto a un gruppo rap per un clip su MTV) come
inconfutabile prova contro la polizia e il suo modo di
trattare i sospetti. E' un documento di estrema forza ed
ha fornito sufficiente informazione per il sindaco di Los
Angeles per chiedere le dimissioni del capo della polizia
di quella città. (Questo articolo è stato scritto ben
prima della rivolta di L.A., ma ci sembra che la visione
di chi scrive fosse sufficientemente profetica, N.d.R.).
I lavori video indipendenti spesso riconoscono la
presenza della camera e dell'impatto diretto sullo
spettatore. Immagini TV degli anni Sessanta
(originariamente su pellicola) vengono utilizzate da Tony
Cokes, per esaminarne il responso emozionale e il nesso
con una forte coscienza politica. Nella sua opera
"Black Celebration" (1988, 17 minuti) questo
artista usa metraggio TV d'archivio per mostrare come
l'informazione fu data al pubblico riguardo alle tensioni
e ai tumulti razziali... il potere delle raffigurazioni
in bianco e nero mostra come, a quel tempo, la TV
costituisse una fonte di notizie per così dire
"rimossa".
La guerra del Vietnam è un altro esempio di come la
mitologia di una guerra d'onore fu minata dalla
televisione, mutando atteggiamenti da una generazione
all'altra. La capacità della camera nascosta di
catturare la cacofonia e di rivelare l'energia del
momento costituisce un altro importante elemento
dell'utilità del video. Il classico videometraggio di
Dan Reeves, "Smothering Dreams" (1981, 22 min.)
è la drammatizzazione contemporanea di un marine
sopravvissuto ad un'orrenda distruzione personale. Egli
utilizza bambini per reinterpretare le routine militari
del marine e per mostrare quanto "reali" siano
i giochi dell'infanzia e come essi preparino i ragazzi
per la loro futura, sempre intempestiva esperienza
militare.
Il medium del video ha svolto un ruolo essenziale nel
diffondere informazioni sulla crisi internazionale in
atto in regioni che hanno alle proprie spalle storie
profondamente travagliate e che quindi hanno poche
speranze di rinnovamento in un futuro prossimo. Le storie
della tragedia dei desaparecidos in America Latina, ad
esempio, sono testamenti di lealtà e amore. In
"Fedefam" (1990, 40 min.) un coinvolgente
documentario di Catherine Russo e Carlotta Chartier, le
donne sono infaticabili lottatrici in tutta l'America
latina in favore della libertà di espressione
all'interno di regimi ostili controllati dai militari. La
paura di rappresaglie raramente intimidisce queste
testimoni e sopravvissute. Statistiche allucinanti,
storie personali e strategie per venire in possesso dei
dossier sui cari perduti sono tutte rivelate in questa
videocassetta.
La questione femminile, la violenza politica e personale
che sperimentano, è argomento di alcuni dei lavori video
più intimi e toccanti. Lo stupro non viene denunciato
nella maggioranza dei casi, specialmente nei paesi del
terzo mondo; malgrado ciò un numero sempre crescente di
donne sente il bisogno di una speranza per sfuggire alla
tirannia della brutalità domestica. Un efficace lavoro
video di Margie Strosser, intitolato semplicemente
"Rape Stories" (1989, 25 min.) è il resoconto
di uno stupro narrato dalla vittima alcuni giorni dopo
l'aggressione. Nella seconda parte del video, la vittima
ricorda la stessa esperienza dieci anni più tardi,
aggiungendo gli effetti che questo trauma ha avuto su di
lei durante quel periodo di tempo. È una storia
coraggiosa e rivelatrice.
I video girati durante i recenti sommovimenti politici in
Asia e nell'Europa dell'Est hanno permesso di diffondere
informazione nel mondo da posti nei quali essa era
precedentemente soppressa dal potere politico. In Europa
dell'Est, videocassette underground, riprodotte e
distribuite in VHS, hanno portato alla gente le notizie
alternative "vere" e dichiarazioni di
democrazia, fornendo un incitamento alla rivolta contro i
regimi repressivi al potere. Durante la guerra del Golfo,
un network alternativo è stato formato negli Stati Uniti
da parte di produttori arabi e non-arabi. Il Deep Dish
Television Network, una serie via cavo trasmessa via
satellite, ha disvelato il paradosso (se valutato
all'interno della storia recente della rappresentazione
televisiva di conflitti militari e disastri ambientali)
dell'informazione equilibrata su cui tanto si insiste nei
media ufficiali. Questa guerra è stata sterilizzata per
la televisione commerciale. È forse un esempio di quello
che gli anni Novanta hanno in serbo per i
teledipendenti... tutto è bene ciò che finisce bene. In
questo caso la guerra è stata una soap-opera di breve
durata che ha fornito nuovo materiale per la vendita di
prodotti in TV.
La violenza politica è l'evidenza pubblica di un mondo
disfunzionale, i cui inizi si possono ritrovare in
famiglia e nell'ambiente domestico. La violenza privata
è diffusa su vasta scala ed è apparentemente senza fine
a seconda di come si definiscono i confini
dell'argomento. Immagini violente, situazioni violente,
azioni della massa contro pochi, o anche di molti contro
la massa, e violenza con mezzi legali sono tutti esempi
di temi trattati in televisione. La violenza è in
realtà un'aggressione di una persona da parte di
un'altra: la violenza sessuale, la violenza sui bambini e
la violenza su indifesi animali di laboratorio possono
tutte essere incluse in questa accezione.
Il video ha svolto un ruolo importante nell'educazione
sulla violenza. Ha documentato la lotta per i diritti
umani, per il controllo delle donne sui propri corpi, per
la libertà sessuale e ha inoltre espresso alternative
alla famiglia TV modello - un modello altamente
irrangiungibile il cui fallimento ha dato origine a
frustazioni sfociate in maltrattamenti su persone. Il
video divenne un elemento importante nel movimento
femminista alla metà degli anni Settanta. Le sue
sostenitrici impararono presto ad utilizzarne la
tecnologia e svilupparono un efficace corpo narrativo,
documentario e sperimentale di lavori. Artisti crossover,
quali performers, scrittori e poeti, danzatori e
musicisti, si sono uniti a registi di film e video in
sforzi tesi a denunciare le molte ingiustizie che
offendono l'umanità e la vita stessa.
Una rete di lavori socialmente coscienti, che rivelano
ciascuno la storia incessante della lotta umana contro la
violenza, crea un insieme denso di lavoro video da parte
di artisti e registi indipendenti. Molti chiedono:
"Qual è lo scopo di guardare a tutta questa
violenza? È spesso rivoltante e difficile immaginare
l'inumanità e il dolore". Credo che oggi più che
mai prove di violenza siano evidenti in tutte le
società. È dappertutto, ovunque noi andiamo. È una
reazione al mondo in cui viviamo? È un riflesso della
rabbia sociale risultante dalla perdita di controllo sul
destino individuale? Quello che sappiamo è che la
violenza sta aumentando. È attualmente la prima causa di
morte tra la gioventù nera negli Stati Uniti.
La violenza rivela eccesso, dolore, potere e qualche
volta piacere. Non è la violenza anche una scelta di
tema che l'artista fa per rivelare sensibilità nascoste
dell'immaginazione?
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