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SCUOLA UNIVERSITA' E IMPRESA

Luci ed ombre nella convention fiorentina degli studenti medi


Giovedì 19 e venerdì 20 febbraio più di tremila studenti hanno affollato dalla mattina alla sera i locali del palazzetto dello sport di Firenze. L’iniziativa, promossa dall’assemblea degli studenti e dei collettivi, nasce da un percorso assembleare che si proponeva inizialmente di analizzare e discutere la riforma Berlinguer della scuola media superiore e di promuovere un’assemblea cittadina su questo tema. Una volta appurato che il provveditorato metteva a disposizione il palazzetto dello sport per quelle scuole che non avevano spazi adeguati per lo svolgimento delle assemblee, si è deciso di lanciare la “prima assemblea di istituto collettiva”. All’invito ad aderire all’iniziativa hanno risposto positivamente più di quindici scuole.
Di fronte ad un appuntamento di tale rilievo (in tutto gli iscritti agli oltre quindici istituti superano le diecimila unità), affrontare il tema della riforma della scuola media superiore rischiava di essere riduttivo; per questo si è scelto di parlare di “tutto” ciò che è quotidianamente protagonista della vita degli studenti e dei giovani più in generale ed in particolare di quel profondo disagio che molti avvertono senza riuscire a trasformarlo in spinta propositiva. Alla fine come titolo per l’assemblea è stato scelto “La condizione giovanile”.

IL PROGRAMMA
Per le due mattinate era prevista, previa una suddivisione dei presenti in dieci commissioni, l’analisi e dibattito dei vari aspetti del rapporto fra i giovani e la società che li circonda, in particolare la politica, le droghe, il sesso, la città e gli spazi sociali ecc. Per il pomeriggio di giovedì poi erano previsti la proiezione di film, un concerto di djambè, graffiti, mostre di produzioni artistiche degli studenti. Per venerdì pomeriggio, infine, era prevista l’assemblea plenaria aperta a chiunque volesse partecipare, seguita dal concerto di band studentesche.

LO SVOLGIMENTO
-Giovedì 19 ore 9. Al Palasport le gradinate sono gremite di gente; la relazione introduttiva parla del disagio, della mancanza di spazi per i giovani nella nostra società; alla parola centro sociale fioccano i primi applausi. Seguono altre due relazioni e la presentazione delle commissioni di lavoro. Ci si affanna ad organizzare le commissioni ma quasi tutti gli studenti stanno uscendo dal palasport ed è l’ennesima dimostrazione delle difficoltà e del disinteresse da parte di molti nostri coetanei verso tutto ciò che è sociale ed è lontano dalla porta della propria casa.
Comunque, le commissioni, sebbene con poca partecipazione, hanno dato luogo a discussioni attive, e gli studenti che vi hanno partecipato hanno finalmente potuto dire la loro e confrontarsi con chi ne sapeva di più su temi molto sentiti, principale aspetto positivo, questo, della convention studentesca.
Alla fine della mattinata gli studenti da tremila che erano sono rimasti meno di cinquecento, di cui una buona parte distesa sui giardinetti all’esterno (come noterà la stampa ufficiale da sempre attenta a questi dettagli, più che gli studenti stessi ai propri bisogni e diritti).
In questo clima il pomeriggio scorre lento nell’apatia più totale tanto che lo staff dell’organizzazione decide di buttare tutti fuori in anticipo.(?)
-Venerdì 20 ore 16. E’ da poco cominciata l’assemblea plenaria (cioè quello che doveva essere il punto culminante della convention e che vede invece la partecipazione di non più di settanta persone) ed è tempo di bilancio. I primi interventi sono degli organizzatori che cercano di mettere in luce gli aspetti positivi della convention: “le commissioni hanno lavorato bene; i tremila studenti che ieri mattina potevano restare a casa, anche se solo per poco tempo, sono venuti. Essenziale è che questa convention può e deve essere un importante punto di partenza per affrontare difficoltà ed incombenze nel migliore dei modi”. Tutti alla fine, soddisfatti e non, si trovano d’accordo su un punto: questa due giorni studentesca ha evidenziato il paradosso fondamentale: voler discutere ed analizzare il disagio giovanile e trovarsi, invece, a viverlo con centinaia di giovani che si aggiravano per il palasport alla ricerca di qualcosa che lì dentro non riuscivano a trovare esattamente come non lo trovano fuori.
Alla ricerca di uno spazio dove stare bene con se e con gli altri, una volta tanto fuori dalla frenesia di questa vita che è sempre di corsa ed in cui spesso i giovani non possono che restare indietro.
È proprio questo il motivo della non riuscita della convention.
Inoltre, il “gruppo promotore” dell’ assemblea ha voluto continuamente ribadire il suo ruolo, decidendo le sorti dell’assemblea tra pochi in una piccola stanzetta (con sulla porta affisso il cartello “Direzione, vietato l’accesso ai non addetti”), senza prendere neanche in considerazione l’eventualità di discutere pubblicamente e collettivamente.
Questo modo di organizzare e gestire “la cosa pubblica” (indice della matrice istituzionale che stava dietro a questa iniziativa) ha posto gli studenti di fronte ad una manifestazione “lontana” da loro, “calata dall’alto” e sulla quale non potevano influire.
Proprio come non possono influire sulla società che li circonda e sulle sue regole ugualmente “calate dall’alto” e nei confronti delle quali i giovani stanno maturando la convinzione che siano le uniche possibili.
A tutto questo, per cercare di spiegare la non riuscita della convention, possiamo aggiungere che la divisione in commissioni e la formula relazioni-dibattito poteva apparire sterile e noiosa (anche se per molti non è stato così); possiamo poi far appello alle innumerevoli difficoltà di organizzazione, alla pessima acustica del palasport ed a mille altri motivi.
Non c’è comunque dubbio che la causa prima dell’impossibilità di successo di qualunque manifestazione di questo tipo è la difficoltà di questa generazione di abbattere le barriere create dalla massificazione di bisogni e aspirazioni e quindi di non vedere oltre il proprio microcosmo.
L’incapacità di immaginare una politica diversa da quella istituzionale, di palazzo, lontana. Una politica che sia azione e non prostrazione, che faccia sentire più vivi, attivi e non passivi in questa società.
Il disagio esiste e noi dobbiamo trovare il modo di farlo muovere contro le sue stesse cause. Forza ragazzi!



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