art508
Articolo precedente Articolo seguente Sommario Home page

MIGRANTI

Kurdi: un esodo infinito


Dopo gli sbarchi dei mesi scorsi e la conseguente politica dello gnorri esercitata dal governo italiano, gli arrivi dei profughi kurdi sulle coste italiane si sono intensificati, rendendo così urgente una seria messa a fuoco del problema.
“Autorevoli voci” istituzionali hanno gridato allo scandalo per il commercio di vite umane gestito da una non ben precisata “mafia internazionale”, ed hanno auspicato che i trafficanti di clandestini siano bloccati nei paesi di provenienza dei profughi, con azioni congiunte.
Ovviamente il regime turco ha prontamente riferito che dietro l’esodo massiccio dei kurdi vi erano organizzazioni “terroristiche” quali il PKK , anche se non si capisce, tra le altre cose, come chi combatte per la libertà e l’indipendenza del proprio popolo possa avere l’interesse all’esodo di questo…
In realtà, come ribadito dalle compagne e dai compagni del “fronte di liberazione nazionale kurdo” (ERNK) in numerosi comunicati, la mafia turca, che agisce in concomitanza con quella albanese nel gestire il traffico di profughi, è contigua al consiglio di sicurezza nazionale turco (MGK), l’organismo dei militari che gestisce la politica e la repressione in Turchia, aldilà del parlamentarismo di facciata (i vertici militari hanno decretato in questi giorni la messa al bando del partito islamico Refah, che alle scorse elezioni aveva ottenuto la maggioranza relativa).
I proventi del traffico di clandestini (3.000 dollari a persona, 6.000-7.000 per nucleo familiare), uniti a quelli derivati dal traffico di droga, gestito dai medesimi individui, servono a finanziare la guerra sporca contro il popolo kurdo.
Si calcola che nel solo ’97 il regime turco abbia avuto un utile netto derivante da questi traffici di cinque miliardi di dollari, utilizzati per addestrare milizie paramilitari, quali i famigerati “lupi grigi”.
L’attuale esodo è una chiara risposta del governo turco ai governi europei che hanno ritardato l’ammissione della Turchia nell’unione europea per questioni di diritti umani non rispettati: la Turchia sta intensificando gli attacchi ai villaggi ed attuando una politica di spopolamento per avere un arma di ricatto nei confronti dell’unione europea.
Il governo italiano, parte integrante dell’Europa di Maastricht e quindi di Schengen, ha dapprima adottato una tattica attendista, schedando coloro che arrivavano e tenendoli in precari centri di assistenza, poi in seguito alle dichiarazioni della Germania di non accettazione degli eventuali “clandestini”, ha deciso di concedere l’asilo politico a chi ne facesse richiesta in tempi utili.
Al tutto ha ovviamente fatto corollario una politica per il “rafforzamento delle frontiere”: l’Italia ha chiesto al governo albanese di fermare i profughi in transito con tutti i mezzi, anche quelli militari italiani; si è tenuto a Roma un vertice dei capi di polizia dei paesi aderenti agli accordi di Schengen, più la Grecia e la Turchia.
Per il governo turco era presente l’ex governatore speciale del Kurdistan, noto assassino…
Nel frattempo i kurdi sono tenuti ammassati per tempi indefiniti e talvolta in condizioni di isolamento, in tre centri di accoglienza in Puglia ed un centro in Calabria.
Alcuni compagni pugliesi che hanno visitato i campi (e stata riaperta tra l’altro la caserma Caraffa di Brindisi che aveva ospitato i profughi albanesi) parlano di precarie condizioni igieniche, mancanza di interpreti, isolamento dal resto del territorio.
Denunciano anche una gestione non trasparente dei fondi per l’assistenza (tre miliardi), varati dalla regione Puglia per costruire nuove strutture e non utilizzati in questo senso, ma dati parzialmente in gestione, tramite una convenzione, all’Arcidiocesi di Lecce, che gestisce il campo di accoglienza di Santa Foca, dove è stato impedito alla tv di entrare per filmare l’evidente degrado della struttura.
Non si conoscono i costi della convenzione tra Ministero dell’interno, regione Puglia e Arcidiocesi di Lecce, e non si capisce come mai l’accoglienza non possa essere affidata a strutture pubbliche presenti sul territorio.
L’accoglienza è diventata un fatto strutturale, e tocca a chi di dovere attivarsi per tornare a soluzioni adeguate.


Articolo precedente Articolo seguente Sommario Home page Scrivi alla redazione