art518
REPRESSIONE
Repressione a Poggibonsi (Si)
Cercare di fare qualcosa sul proprio territorio, come potrebbe essere un’occupazione per la creazione di un centro sociale oltre a rendere evidente delle contraddizioni, mancanza di spazi autogestiti o incapacità - non volontà di un’amministrazione di risolvere le esigenze di una parte di giovani, crea anche problemi a chi detiene la funzione di controllo della pace sociale e della stabilità della situazione attuale delle cose. Così l’occupazione di un’area dismessa per la creazione di un centro sociale autogestito in cui vengono diffusi valori quali antifascismo e anticapitalismo; e vengono portate avanti battaglie che identificano i propri nemici in un’amministrazione che persegue politiche ambientali che non tengono conto della salute della popolazione o che in perfetta sintonia con la linea di governo privatizza servizi essenziali, da fastidio in quanto incontrollabile da parte della polizia e non accettabile come soggetto politico perché al di fuori dei prestabiliti schemi di partito. Quindi un’esperienza del genere va repressa, non tanto perché viene occupato illegalmente uno stabile, ma perché chi è dentro si pone in maniera antagonista allo stato attuale delle cose ed è fortemente critico nei confronti di chi detiene il potere.
E’ in questa situazione che entra in campo la funzione repressiva della polizia o dei carabinieri, intimidazioni e minacce, e che hanno il compito di fornire gli spunti e soprattutto prove “costruite” per mettere in moto la macchina della magistratura, che ha il dovere, anche dopo molto tempo, di punire e servire come esempio per chiunque voglia imitare l’ “atto criminoso”.
Proprio a causa di questo disegno il 12 marzo si terrà presso il tribunale di Siena l’udienza preliminare, che vede quattro compagni accusati dei reati di oltraggio, calunnia, minaccia e violenza a pubblico ufficiale. I fatti si riferiscono a circa un anno fa, l’8 marzo del ’97 in occasione del concerto dei Disciplinatha, tenutosi al CSOA la Realidad di Poggibonsi, concerto che aveva visto la partecipazione di più di cinquecento persone. Una pattuglia della polizia arriva davanti all’entrata del centro sociale, cercando di investire chi in quel momento stava uscendo dallo stabile a concerto finito, chiara provocazione per esasperare una situazione già tesa. A seguito di questo comportamento un compagno si avvicina chiedendo i motivi della loro presenza, i due agenti con la scusa di essere stati avvisati per motivi di ordine pubblico cercano di identificarlo, aggredendolo. Vedendo la strafottenza degli agenti e l’ingiustificata aggressione, altre persone presenti all’uscita intervengono tirando via il compagno e con determinazione mandano via i due poliziotti. La denuncia arriverà solo dopo la diffusione di un comunicato stampa del centro sociale che spiega e denuncia l’accaduto.
Questo avvenimento non è stato l’unico che ha caratterizzato i sette mesi di vita del centro sociale, infatti già altre volte molti compagni e frequentatori della Realidad venivano fermati e perquisiti in strada o venivano portati in caserma con il chiaro scopo di intimidire e scoraggiare le attività del centro sociale. Solo lo sgombero, avvenuto il 19 maggio, poteva quindi porre fine all’occupazione, visto che gli occupanti continuavano le normali iniziative nonostante le denunce da parte dei tutori dell’ordine pubblico e gli ostacoli posti dall’amministrazione, che inizialmente tenta di omologare l’attività del centro sociale con le altre associazioni e poi le discredita accusando gli occupanti di intolleranza e di non essere soggetti democratici di questa società civile.
A distanza di un anno la magistratura, smentisce la sua lentezza burocratica e riconferma la sua funzione punitiva nel tempo, possono stare tranquilli coloro che corrompono o ricevono tangenti, che in nome dell’arricchimento e successo personale speculano sui bisogni dei cittadini, mentre per coloro che cercano di essere soggetti attivi della propria società, che cercano attraverso l’autogestione di riappropriarsi di spazi negati, che lottano contro le leggi della mercificazione, che vogliono fare di noi solo soggetti finalizzati alla produzione, le istituzioni e le autorità corrono immediatamente ai ripari per poter circoscrivere i danni. Ricordiamoci dell’ultimo processo al centro sociale ex-Emerson, della velocità con cui gli organi predisposti hanno emesso la sentenza, di come si voglia in qualsiasi posto avvenga, azzerare il conflitto sociale e proteggere da critiche chi ci governa.