2)Contro la legge Bassanini sulla rappresentanza che rafforza il monopolio del sindacalismo regime di CGIL-CISL-UIL.
Il ruolo del governo Prodi è sempre più quello di guardiano degli interessi del grande capitale e di coerente costruttore dell’imperialismo europeo sulla base dell’ortodossia liberista codificata nel trattato di Maastricht.
C’è dunque bisogno di opposizione, di una nuova opposizione politica e sociale. C’è bisogno di un rilancio della lotta di classe. Dopo anni di sconfitte i lavoratori devono cercare la strada della controffensiva.
Arretrando di trincea in trincea, anno dopo anno, le condizioni di vita delle masse popolari sono drasticamente peggiorate.
Bisogna quindi cambiare strada: abbandonare le illusioni sui “governi amici” e sulle vie istituzionali per cominciare ad agire, iniziando a costruire gli strumenti dell’autorganizzazione e del contropotere.
Lo strumento referendario non è certo quello più avanzato.
Se lo usiamo oggi è solo perché l’assenza delle lotte, lo sbandamento del proletariato, il clima di pace sociale imposto dal centrosinistra costringono a ripartire da un livello di mobilitazione e di consapevolezza assai basso. Proponiamo dunque i referendum come strumento di attivizzazione, di aggregazione, di unità tra lavoratori, disoccupati, pensionati, giovani.
Accanto ai 2 referendum raccogliamo le firme su una piattaforma di massima sul salario, per rimettere al centro la materialità dei bisogni di tutti gli strati (occupati, precari o disoccupati) della classe operaia.
1) NO AL LAVORO IN AFFITTO NO ALLA LEGALIZZAZIONE DEL CAPORALATO
Da molti anni il rapporto di lavoro è sempre più precario. Oggi oltre il 50% dei neoassunti non ha contratti a tempo indeterminato.
Questo vuol dire che la maggioranza dei lavoratori vive ormai quotidianamente il ricatto del posto di lavoro. Tante sono le forme inventate dalla creatività capitalista per meglio sfruttare i lavoratori salariati (contratti formazione lavoro, tempo determinato o parziale, falso lavoro autonomo, lavoro nero ecc.), ma con il pacchetto Treu varato dal governo Prodi e votato dal parlamento nel giugno ’97 si è compiuto un salto di qualità. L’introduzione del lavoro interinale comporta infatti l’imbarbarimento delle condizioni di lavoro ed una lesione permanente dei diritti contrattuali.
Con il lavoro interinale i lavoratori vengono privati della stessa possibilità di organizzazione collettiva per essere ricacciati in una dimensione individuale caratterizzata dalla ricattabilità, dalla precarietà, dallo sfruttamento senza limiti.
Con il lavoro interinale il lavoratore non vende più la propria forza lavoro sulla base di contratti collettivi espressione dei rapporti di forza tra le classi, ma l’affitta temporaneamente ad intermediari che ne ricaveranno un utile, aggiungendo così sfruttamento a sfruttamento. Con la legge Treu al danno si è aggiunta la beffa. Cancelliamo la legge Treu simbolo della precarizzazione, della flessibilizzazione, del massimo sfruttamento
2) NO AL SINDACALISMO DI REGIME NO AL MONOPOLIO DELLA RAPPRESENTANZA A CGIL-CISL-UIL
Il Decreto Legislativo 396/97, che porta la firma del ministro Bassanini, contraddicendo platealmente l’esito di ben 2 referendum (quello sulla rappresentanza del 1995 e quello sull’abolizione dell’obbligo per legge delle trattenuta sindacale in busta paga), mira a garantire il monopolio della rappresentanza e dell’agibilità sindacale a CGIL-CISL-UIL. Gli effetti negativi di questo decreto per ora valgono soltanto per il pubblico impiego, anche se non è difficile immaginare un’estensione, probabilmente peggiorativa, al settore privato.
Il DLgs Bassanini assegna la rappresentanza non ai lavoratori, ma alle organizzazioni sindacali firmatarie di contratti, dandone in sostanza l’esclusiva a CGIL-CISL-UIL contro il sindacalismo alternativo e di classe. In particolare esso prevede:
Il maggioritario anche in campo sindacale, in linea con la controriforma autoritaria dello Stato e delle istituzioni, con uno sbarramento del 4% per poter partecipare alle trattative.
La cancellazione di ogni possibilità di pronunciamento sulle trattative e sugli accordi da parte dei lavoratori tramite consultazioni o referendum. La possibilità di presentazione delle liste per le elezioni delle RUP (Rappresentanze unitarie del personale) alle sole organizzazioni sindacali, (non sono ammesse liste di semplici lavoratori). La delega a CGIL-CISL-UIL e padronato affinché definiscano i poteri delle RUP (in pratica le RSU del pubblico impiego). Per la contrattazione decentrata la RUP elettiva sarà integrata da una quota di delegati nominati dai sindacati.
Rispunta così la famigerata quota del 33% già operante nel settore privato a garanzia del monopolio corporativo di CGIL-CISL-UIL.
Che cos’è questo, se non il modello di un sindacalismo di regime che ha l’obiettivo di prevenire, contrastare e reprimere ogni manifestazione autonoma dei lavoratori?
A questo modello che attribuisce ai padroni la facoltà di legittimare la rappresentatività, privandone gli unici depositari, cioè i lavoratori, contrapponiamo una proposta totalmente alternativa: quella di un sindacato fondato sui consigli eletti democraticamente da tutti i lavoratori assegnando i diritti sindacali “forti” (trattative a tutti i livelli, indizione assemblee, permessi) esclusivamente ai delegati eletti e coordinati territorialmente per categoria.
Per un sindacato democratico e consiliare occorre cancellare il decreto Bassanini.