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CHE FARE?

UN INVITO AD AGIRE …
per una camera del lavoro sociale


Pubblichiamo questo testo, frutto del confronto fra alcune strutture di base dell’area fiorentina.

Premessa


Con queste brevi note intendiamo invitare ad una discussione con un obbiettivo preciso, quello di costruire strumenti adeguati alla fase politica che stiamo vivendo, e con una finalità altrettanto precisa: l’inizio di un processo reale, di contaminazione fra diverse esperienze e soggettività, che si misura sul dato strategico della precarizzazione del lavoro. L’assoluta sinteticità è frutto, oltre che della consapevolezza che molto ormai è stato detto e scritto, della convinzione che questo sia possibile solo se si verifica un sentire comune, ben più che si trovi l’accordo sulle parole.

Quattro punti base


1. L’entrata dell’Italia, fin dall’inizio, nell’Unione Monetaria Europea deve costringere ad una riflessione sui rapporti di forza esistenti oggi tra le classi. I parametri di convergenza fissati a Maastricht sono stati raggiunti grazie ad una Finanziaria continua che ha impoverito gli strati sociali subalterni ed ha, al tempo stesso, deviato la spesa pubblica a totale sostegno delle necessità dell’impresa, dalle ristrutturazioni alla ricerca, cancellando quel poco di stato sociale che esisteva in Italia. Questo è avvenuto con l’introduzione della doppia flessibilità del lavoro e del salario. Quello che viene molto spesso chiamato un “arretramento costante” è stato in realtà uno sfondamento generalizzato della rigidità della forza lavoro accompagnato dal collasso del costo del lavoro. Non serve in questo ambito scadenzare le tappe, ricordando accordi e governi. Serve piuttosto capire che, incassata la cancellazione della scala mobile i padroni sono andati immediatamente all’attacco dei salari, bloccandoli; e da quì all’instaurazione di un regime, anche legislativo, di piena flessibilità del lavoro. Così, oggi, non si accontentano della piena disponibilità della forza lavoro e preparano un nuovo passaggio da stipulare con il governo ed i sindacati di stato in nome della competitività sui mercati internazionali. Che questo avvenga con il PDS, partito principale dell’alleanza di governo, e con i voti decisivi di Rifondazione è del tutto in sintonia, sia con quanto succede nel resto d’Europa, che con la natura di queste forze.
2. “Cresce la produttività diminuisce l’occupazione”, questo ritornello ha accompagnato la precarizzazione generale della forza lavoro. E’ questo il dato strutturale con cui dobbiamo fare i conti, poichè riguarda il lavoro nell’industria (si veda l’accordo Piaggio con il ricorso ai part-time, ai contratti a termine, al diverso dosaggio stagionale dell’orario di lavoro), come quello nella pubblica amministrazione ristrutturata da Bassanini (si veda nei rinnovi contrattuali il capitolo sulle forme di lavoro atipiche) ed il lavoro intermittente consegnato nelle mani delle agenzie di lavoro interinale e, prossimamente, in quelle dei collocatori privati. Dentro questi passaggi il lavoro è stato vilipeso in tutte le sue forme, sono state via via isolate e piegate le lotte di resistenza condotte. Il processo di scomposizione materiale della classe è stato accompagnato da queste continue sconfitte. Questo, e non la presunta capacità di cloroformizzazione del conflitto da parte del Governo dell’Ulivo, determina la difficoltà a reagire, a sfidare l’avversario sul terreno generale (orario e salario).
3. CGIL-CISL-UIL hanno consumato, attraverso la concertazione, la parabola da sindacati delle compatibilità ad istituzioni dello stato. Il permanere, al loro interno, di soggettività che si richiamano alla lotta di classe è un fatto che non ha nessun riscontro con la loro natura. Il ruolo che si preparano a rivestire, fin da subito, senza aspettare la nascita del sindacato unico, è quello di estorsori di salari e liquidazioni (attraverso la gestione dei fondi pensione) e di gestori del mercato del lavoro destrutturato. E’ fondamentale cogliere queste trasformazioni e renderle patrimonio di massa.
4. La situazione attuale mostra impietosamente l’assoluta inadeguatezza delle varie esperienze di sindacalismo di base ed autorganizzazione dei lavoratori/trici - e questo senza nulla togliere al importante ruolo svolto in questi anni. Assistiamo alla palese contraddizione di una presenza significativamente estesa nei luoghi di lavoro in assenza di progetto. Risultato, la reiterazione delle stesse forme, manifestazione nazionale e susseguente sciopero, di anno in anno, finanziaria dopo finanziaria, con oggettivo depotenziamento delle stesse. Il rovescio di questa medaglia è dettato dall’impossibilità, anche per le situazioni significative, di superare i limiti dell’aziendalismo. A questo si aggiunge la miseria dei presunti “stati maggiori”, che antepongono scorciatoie organizzative e presunzione di rappresentanza alla costruzione di un’alternativa politica e sociale capace di misurarsi e di dare risposta ai processi di scomposizione di classe avvenuti. Questa situazione nazionale ha prodotto lacerazioni e difficoltà sul piano locale non colmabili con la buona volontà con cui, a cicli ricorrenti, abbiamo provato ad operare tentativi di ricucitura.

PROPOSTA

E’ giunto il momento di dare una svolta, partendo dalla necessità di costruire risposte ed organizzazione sul terreno delle attuali condizioni di lavoro. Per questo avanziamo la proposta di apertura di una Camera del Lavoro Sociale che, fin dal nome, assume il ruolo di intercettare ed organizzare le mille figure del “lavoro flessibile”, del precariato, del non lavoro.
Un’istituto che si propone di costruire identità ricompositiva, attraverso l’organizzazione di conflitto e vertenze - sia metropolitane che regionali - dal salario garantito al minimo salariale fino alla retribuzione delle attività d’inserimento lavorativo, quali le scuole di formazione professionale. La conduzione di azioni di difesa e tutela della forza lavoro irregolare, a partire da quella immigrata e da quella femminile. La creazione di un ufficio legale, l’apertura di uno sportello di orientamento al lavoro, l’approntamento di un numero verde a cui denunciare casi di sopruso e molestia, il controllo sul turn over a partire dai grossi enti con assunzioni a tempo indeterminato. La costruzione di comitati utenti/lavoratori di servizi (ferrovie, ospedali, aziende consortili) per imporre servizi collettivi a prezzi politici. Lo sviluppo di una comune attività di formazione politica e sindacale.
Tutti questi sono punti d’applicazione che danno un’idea dell’estrema concretezza che caratterizza la proposta.
Questo può e deve avvenire in un rapporto positivo con le strutture esistenti, tutte caratterizzate da un’agire verticale (all’interno della categoria o del luogo del lavoro) a cui proponiamo l’adesione, l’assunzione di un impegno preciso economico (che potrebbe essere nella misura del 5% delle loro entrate) e la partecipazione a questo strumento d’azione collettiva proiettato su un livello orizzontale di organizzazione.

SU QUESTA PROPOSTA CONVOCHIAMO UN INCONTRO PER VENERDI’ 15 MAGGIO alle ore 21 PRESSO LA CAMERA DEI LAVORATORI R.D.B. di FIRENZE-SORGANE


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