LA DENUNCIA.
La questura denuncia quelli che riteneva essere i sobillatori di tale manifestazione: 18 persone prese praticamente a caso fra i nomi a loro noti dei centri sociali e qualcuno di Rifondazione casualmente presente. Nessuno, quel giorno, è stato ufficialmente identificato con richiesta di documenti. I nomi, quindi, sono stati presi in modo pregiudiziale e praticamente a caso entro una rosa di nomi, e lo dimostra anche il fatto che tra i denunciati almeno due di essi non erano presenti, con alibi che permettono di provarlo. Che cosa è’ successo dunque? Che tutta la vicenda sia un bluff lo dimostrano anche le accuse, che sono di “adunata sediziosa” e “schiamazzi in pubblica piazza”, ovvero “urla sediziose”. Questi reati sono tuttora stabiliti dal codice fascista detto “codice Rocco”, partorito negli anni ’20e ’30 e che è ancora in vigore con le sue leggi assolutamente antidemocratiche e fasciste.
L’ESITO.
Un processo all’antifascismo, inventato dalla questura che nasce, non a caso, proprio nel momento in cui il PDS gestisce, con Napolitano, il Ministero degli Interni e testimonia la volontà repressiva, di criminalizzazione preventiva di tutti coloro che si oppongono all’ordine capitalista. Riportato alla giusta dimensione, e divenuto una questione pubblica, il processo è stato mollato da tutti. Sono bastati pochi minuti al pubblico ministero per richiedere l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”, prontamente accolta dalla Corte giudicante.
Ma l’assoluzione non cancella il fatto che nella democratica Toscana qualsiasi manifestazione di protesta collettiva diviene questione di ordine pubblico con immancabili processi e processini.