1. Ray Johnson e Reggie Dunlop tra i TamarianiIl mito quel nulla che E' tutto Fernando Pessoa Il segreto E' sacro; nondimeno, E' in qualche modo ridicolo Jorge Luis Borges
"...Un artista del collage che fu pioniere nell'uso di immagini prese dalla cultura Pop [...] cap“
senz'altro meglio di chiunque altro la tortuosa dinamica del networking. Vi sono altri santi e
profeti dell'arte postale, ma fu lui a scrivere le Sacre Tavole della Legge, tracciando il sentiero
per tutti quanti seguirono: i concetti base di feedback e di cooperazione [...], di una
corrispondenza aperta a chiunque [...] e di una distribuzione libera e gratuita di arte e di
informazioniÓ (Vittore Baroni, ARTE POSTALE! # 69, Near The Edge Editions, Viareggio,
gennaio-febbraio 1995).
"Le opere di Johnson sono essenzialmente lettere a cui sono spesso allegati disegni, timbri e
ghirigori. Lavori leggiadri e giocosi; anzichŽ venduti come merce, sono spediti ad amici e
conoscenti. Sebbene molti lavori di Johnson siano stati regalati cio' non ha impedito che si
attribuisse loro un valore di mercato: si cita spesso la frase di Andy Warhol: Ôpagherei dieci
dollari per qualsiasi cosa fatta da Ray JohnsonÕ; si riferiva presumibilmente alle sue lettere..."
(Stewart Home, The Assault on Culture, AK Press, Edinburgh, UK 1991).
"[Johnson] ha un'acuta sensibilita' per le parole, tanto per la loro forma quanto per il loro
suono. Scova una parola dentro l'altra, ci gioca in maniera bizzarra, con la stessa facilita' con
cui un missile programmato per colpire le fonti di calore rende inutile ogni mimetizzazione del
bersaglio. Egli da' forma alle lettere e alle parole deliberatamente e senza sforzo, infondendovi
quasi vita organica. Sa anche come animare la pagina e come far vibrare gli spazi bianchi.
Fonde immagini e testo in nuove forme ibride che sembrano rispondere a un codice genetico
proprio. Le spedizioni di Ray Johnson sono concatenamenti di idee, che a volte si distinguono
e decifrano tra i fogli della corrispondenza, a volte fluiscono uno nell'altro. Quindi la biografia
e la fisionomia di Johnson si sovrappongono e mixano a immagini riciclate di opere precedenti,
a testi [...], a riferimenti all'arte del momento, con l'inserzione di motivi che sfidano ogni
definizione e scorrono quasi in contemporanea al flusso stesso del pensiero." (Clive Phillpot,
"The Mailed Art of Ray Johnson" in AA.VV. Eternal Network - A Mail Art Anthology,
edited by Chuck Welch, University of Calgary Press, Canada 1992).
Dalla NYCS in avanti, migliaia di persone hanno animato il network della Mail Art, scambiandosi collages, cartoline autoprodotte, fanzines, demotapes, francobolli falsi, carte intestate di nazioni inesistenti, autoadesivi, fotografie ed oggettini tanto vari quanto inclassificabili. Dentro il network si sono sperimentate e ampliate le possibilita' di alcuni giochi di origine dada e surrealista, si sono approntati strumenti di detournement e simulazione come il Multiple Name [1] & si E' stabilita un'efficace cooperazione-in-rete ben prima che quest'espressione divenisse di moda. Con l'andare del tempo, il network si E' contaminato irreversibilmente col sottobosco punk degli anni 80, con la scena musicale sperimentale-rumorista (la cosiddetta "Area Grigia") e con l'esperienza "cybernautica". Operazioni di guerriglia culturale partite dalla Mail Art, come il lancio delle finte avanguardie artistiche Ismo (anni 70) e Neo-ismo (anni 80), sono servite a irridere il mondo delle gallerie d'arte. Ma non m'interessa dare un compendio di storia della Mail Art o del Neoismo. Stavo parlando del suicidio di Ray Johnson. Quando si E' saputo della sua morte, il contraccolpo E' stato fortissimo. Collages e lettere di Ray, chiusi da chissa' quanto tempo in cassetti ed archivi privati, sono stati rispediti, riprodotti, ripubblicati. Vittore Baroni ha scritto:
"C'E' un tesoro di frizzante genialita' negli archivi di Mail Art di tutto il mondo, una ricchezza che va ridistribuita, non accumulata. Dunque, create le vostre rayliquie personali [...], e non solo: create le vostre opere di Ray Johnson, e lasciatele circolare liberamente assieme alle originali. Teniamo viva e visibile la leggenda dei Ray virtuali, e che si caghino addosso i mercanti d'arte e gli sfruttatori delle glorie postume!"(AP! 69, cit.).
Si tratta di una citazione nascosta: questa E' una frase di Ray, un suo consiglio di qualche anno fa. E' un episodio che devo raccontare, riproducendo la seguente "confessione":
"Mi chiamo Coleman Healy, vivo tra Londra e New York, mi occupo principalmente di truffe mediatiche e di terrorismo culturale, fuori e dentro il Mail Art network. Nel maggio 1993, dopo i fasti di Karen Eliot [2], decisi di lanciare un nuovo progetto di multiple name, un po' diverso dai precedenti: LUTHER BLISSETT. Allora non sapevamo che sarebbe diventato il nome collettivo piu' celebre di tutti i tempi, e che avrei contribuito a provocare una svolta nella storia dell'antagonismo sociale. Lo pseudonimo aveva gia' una storia piu' che bizzarra: era il nome anagrafico di un calciatore nero della squadra di Elton John, il Watford, ma era anche il nom de plume di un film-maker e performer neoista della Londra underground, Harry Kipper. Qualche anno prima, con quel nome era stato firmato un misterioso Manifesto for a Fake Design, presumibilmente scritto da studenti post-situazionisti della London School of Economics (3). I films di Kipper/Blissett erano indimenticabilmente ostici e repellenti: un suo documentario sulla Body Art, Vendez! Crevez!, ha un effetto emetico inimmaginabile. Se tutti ci fossimo ribattezzati "Luther Blissett"l'eco della reputazione virtuale di Kipper avrebbe raggiunto le piu' remote lande, e sarebbe stata un'ottima pubblicita' per i suoi osceni video. Tanto Kipper quanto il neoista Stewart Home colsero subito la sarcastica bestialita' della proposta, e ne furono entusiasti. Poiche', ognuno per i fatti suoi, stavamo per andare in vacanza, decidemmo di riconvocarci in autunno. A meta' giugno, come tutti gli anni, tornai a New York. Agli inizi di luglio andai a trovare Ray Johnson nel suo eremo, e gli feci vedere una copia molto rovinata di un film di Kipper, A Russian Supreme. Rise come un bambino, anche se (scusami, Harry!) il soggetto era piuttosto deprimente...Gli piacque anche l'idea di multiple name Luther Blissett': Suona davvero buffo!', disse. Passai il week-end a Locust Valley ad inventare assieme a Ray storielle su Blissett perseguitato da Scotland Yard' e altre facezie utili ad avviare la macchina. Prendemmo spunto dai Rosacroce, che nel XVII secolo avevano scritto la biografia di Christian Rosenkreutz, immaginario fondatore della loro confraternita, vissuto duecento anni prima. Harry, suo malgrado, divenne il nostro Rosenkreutz, il protagonista del mito fondativo. Ray scrisse il primissimo "Luther Blissett Manifesto'...",
un documento che conteneva anche la frase poi citata e manipolata da Vittore Baroni: "create le vostre opere di Luther Blissett, create il vostro Luther Blissett e lasciatelo circolare liberamente assieme all'originale. Teniamo viva e visibile la leggenda dei Luther Blissett virtuali". Vittore, tra l'altro, suonava e suona nei Manitou Scissors/Forbici di Manitu' (band che stava risonorizzando completamente i documentari di Harry) e fu uno dei primissimi destinatari di quel Manifesto [4].
"... Tornai nell'UK a novembre, e all'inizio del '94 Albione comincio' a riempirsi di Luthers.
Oggi Harry si fa chiamare Reverend William Cooper, e propaganda il sesso estremo' in tutte
le sue forme; Stewart E' discretamente noto come romanziere [5], io faccio performances sul
tema delle epidemie e Ray E' morto, lasciando dietro di se' strani indizi. Pochi giorni dopo il
suicidio, ho fatto alcune scoperte sconvolgenti in casa di Ray assieme al suo agente Rick
Faigen e all'avvocato ingaggiato dai famigliari: tutti sapevano del totale disinteresse di Ray per
il lusso e le comodita', nondimeno abbiamo trovato quasi 400.000 dollari in un suo conto in
banca, intestato a...Luther Blissett. Mentre eravamo in casa, il postino ha consegnato una
cartolina indirizzata a Ray, spedita da Los Angeles proprio il 13 gennaio. C'era scritto: "Se
stai leggendo queste righe, vuol dire che sono morto. Firmato: Ray Johnson'. Non sembra uno
dei suoi collages?"
In una puntata di Star Trek - The Next Generation, intitolata "Darmok"(data astrale 45047.2) l'equipaggio dell'Enterprise s'imbatte nei criptici e misteriosi Tamariani, il cui modo di esprimersi E' totalmente incomprensibile agli umani e agli altri popoli della Federazione dei pianeti. I Tamariani sembrano comunicare tra loro enumerando nomi e date, nessuna loro frase segue una consequenzialita' logica o linguistica. Ai nostri eroi occorre un po' di tempo per capire che i Tamariani citano episodi della loro storia e mitologia, episodi che costituiscono dei veri e propri "precedenti segnico-linguistici"a cui ricondurre la situazione in cui ci si trova. Ad esempio: "Sha'kah quando caddero le mura"puo' significare "Fallimento", "Ho sbagliato!", oppure "Che sfortuna!"; "Temba'h, le sue braccia aperte"si puo' tradurre con "Generosita'", "Prendi questo dono", o "Grazie di questo dono"; "Mira'h, le sue vele spiegate"sta per "fuga", "Andiamo via !"o "Io me ne vado"; "Il fiume Temark durante l'inverno"significa piu' o meno "immobilita'", "Fermo!"o "Stai zitto!"; "Sindah, la sua faccia nera e gli occhi rossi"significa "morte", "moribondo", "sto per morire"etc. Il linguaggio tamariano non E' logico-referenziale ma immaginativo-simbolico, iconico, analogico, ed evolvendosi non ha dato luogo a quella che noi chiamiamo "identita'". Da quel poco che lo spettatore riesce a capire, non si tratta di una "omologazione"totalitaria all'interno di una societa' intesa in maniera organicistica, o (in parole piu' povere) di un livellamento delle differenze individuali in nome di una tradizione, di una memoria acritica e monumentale. Al contrario, i tamariani attingono collettivamente ad un patri monio di storie e di immagini che si modifica costantemente, e i loro rapporti interpersonali sono una specie di gioco di ruolo nel quale il singolo si appropria e/o si sveste di tutti i ruoli e di tutte le "identita'"; la condivisione delle esperienze, la comunanza e la compartecipazione emotiva, sono per loro tutt'uno con l'essere "singoli", in quanto prescindono dal concetto di in-dividuo: l'Io dei tamariani E' molteplice e multiverso, la loro soggettivita' E' decentrata. Per questo non c'E' una vera e propria distinzione tra soggetto, predicato e complemento oggetto: nelle frasi che ho riportato ci sono, genericamente, un "non riuscire", un "donare", un "andare via"e un "non-agire", azioni di cui si ammettono serenamente la complessita', la ricchezza di significati e l'irriducibilita' ad una analisi logica. La situazione che si crea non viene definita e intrappolata nel linguaggio [7]. Il linguaggio tamariano non E' segreto nŽ esclusivo, non E' un argot che la comunita' crea per difendersi dal mondo esterno. Anzi, i tamariani vogliono condividere il loro immaginario e la loro memoria, vogliono ampliarli e contaminarli per capire e farsi capire. Difatti, poichŽ E' impossibile capirsi senza conoscere gli stessi miti, occorre crearne assieme di nuovi, cosi' Datohn, il capitano della nave tamariana, si fa teletrasportare assieme al capitano dell'Enterprise Jean-Luc Picard su El-Adrel IV, un pianeta disabitato e inospitale, dove essi devono collaborare per sopravvivere e difendersi dalle irradiazioni di una energia distruttiva. Questa situazione si ispira a quella definita "Darmok e Djalad a Tanagra"(due eroi della mitologia tamariana, intrappolati su un'isola abitata da una Bestia pericolosa). Resta scolpito nella memoria dello spettatore il grido d'esultanza di Datohn allorche' Picard inizia a capire i suoi messaggi: "SUQAT, I SUOI OCCHI NON PIU' COPERTI!". Dei due si salva solo Picard, ma ormai il precedente E' stabilito: d'ora in poi, tamariani e federati potranno manifestare l'intenzione di comunicare dicendo: "Picard e Datohn su El-Adrel".
Potrei accontentarmi di affermare che il Multiple Name E' uno scudo contro i tentativi del potere costituito di identificare e individuare i suoi nemici, un'arma in mano a quella che Marx definiva ironicamente "la parte cattiva"della societa': nel film Spartacus di Stanley Kubrick (USA 1960), tutti gli schiavi sconfitti e catturati da Crasso dichiarano di essere Spartaco, come gli zapatisti sono tutti Marcos e io siamo tutti Luther Blissett. Ma non mi accontento, perchŽ il nome collettivo ha anche una valenza fondativa , in quanto mira a costruire un mito aperto, elastico e ridefinibile in un network tamariano degli eventi i cui prodromi vengono illuminati retrospettivamente dalla morte di Ray Johnson. Occorre pero' intenderci su cosa sia il mito. Comunemente la parola "mito"si usa per designare una cosa non vera. Gli enunciati che gli antropologi chiamano miti descrivono eventi mai avvenuti; difatti chi narra i miti non si aspetta certo che si ripetano: essi appartengono ad una remota "era dei miracoli", prima che il mondo andasse come va ora. E' tuttavia un errore guardare al mito solo come ad una storia mistificata: esso E' il piu' delle volte un atto istitutivo, la storia della prima esecuzione di quell'atto che il rituale ancora perpetua e che convalida un certo diritto nei rapporti sociali. Le narrazioni della venuta del capostipite di una stirpe reale, che reca con sE' tutti gli strumenti della civilizzazione, o i miracoli compiuti dal primo antenato di una autorita' rituale o il primo uomo che ha usato un certo tipo di magia, sono miti perchE' convalidano il diritto dei discendenti di esercitare l'autorita' politica o spirituale, o a detenere il monopolio nella pratica della magia. Ci sono poi i "miti delle origini", che raccontano come la morte e il lavoro (piu' o meno la stessa cosa) si siano introdotti nel mondo e come la terra fu separata dal cielo per punire chi aveva disobbedito agli ordini divini. Questi miti cercano di rispondere a dei "perchE'"universali. I miti con cui la cultura giudaico-cristiana ha maggiore dimestichezza sono comunque quelli escatologici, vale a dire poggianti su una concezione lineare del tempo e proiettati verso il futuro, come i miti apocalittico-millenaristici o i miti di rinnovamento sociale. Nel 1962 il situazionista Raoul Vaneigem scriveva: "Nato dalla volonta' degli uomini di sopravvivere alle forze incontrollabili della natura, il mito E' una politica di salute pubblica che si E' mantenuta al di la' della sua necessita', e si E' confermata nella sua forza tirannica riducendo la vita all'unica dimensione della sopravvivenza, negandola come movimento e totalita'."La convivenza col mito E' certo scomoda, tuttavia E' inevitabile, come E' stato inevitabile che, nel fuoco-e-sangue delle rivolte e delle guerre di classe, ci si affidasse a questa cristallizzazione dell'immaginario collettivo che illude nell'incanalarsi di ogni azione in un divenire lineare e predicibile. "Non dobbiamo operare una semplificazione, credendo che i miti siano mentitori. Essi sono in grado di creare illusioni e di consentire menzogne proprio perchE' sono Ôveri', veri nel senso in cui il grande mito porta, concentra e traduce in sE' le aspirazioni profonde non soltanto di un'epoca o di una societa', ma piu' in generale anche dell'umanita'. Questo vale per i miti democratici della liberta', dell'eguaglianza, della fraternita' e per i miti socialisti, comunisti, libertari"(Edgar Morin). Il problema non E' la presunta "mendacia"del mito, bensi' la sua sopravvivenza oltre le forme storiche delle necessita' e aspirazioni che raccoglie e dirige. L'immaginario sistematizzato e ritualizzato diviene immagine sociale del potere costituito. Il mito di trasformazione sociale diventa mito fondante della comunita' fittizia costruita e rappresentata dal potere: il "Progresso"fonda la cosiddetta "Umanita'"- protagonista della "Storia"-, l'atto istitutivo fonda la "Nazione", etc. Tutte soggettivita Ô astratte, da scrivere con la maiuscola reverenziale. Il mito fondante degli USA (di evidente derivazione apocalittica e millenaristica) non fu forse quello della "Frontiera", risoltosi poi nello sterminio dei popoli nativi e divenuto infine il collante ideologico dell'imperialismo yankee novecentesco? Per non parlare dei guasti provocati dal mito del "Proletariato": anzichE' porre le basi della sua AUTONEGAZIONE in quanto classe, il movimento comunista esalto' fin quasi al misticismo il suo ruolo nel presente, le sue "mani callose", il suo onore e la sua "dirittura morale"; qui si mescolavano la spazzatura pauperistica cristiana e una sopravvissuta fiducia nell'attendibilita' delle scienze sociali borghesi: il proletario veniva identificato sociologicamente con l'operaio in sE' (mentre Marx aveva scritto che "il proletariato E' rivoluzionario oppure non E' nulla"), oppure fatto combaciare col "povero"delle Sacre Scritture, o addirittura tutte e due le cose assieme. Risultato: il "realismo socialista", il puritanesimo dei comunisti, la morale sessuale coercitiva contro la "decadenza"borghese e tutta l'altra merda, da Kim Il Sung all'italiano Aldo Brandirali. Ma le relazioni sociali umane non potranno mai poggiare su un'impossibile rimozione del fantastico e del simbolico in nome di una razionalita' astratta, quindi l'immaginario collettivo continuera' a produrre mitologie. Non puo' dunque trattarsi di "distruggere i miti ": dobbiamo convogliare i nostri sforzi in un'altra direzione: mantenere l'immaginario in continuo movimento, non lasciarlo raggrumare, capire quando e come il mito va smembrato, rielaborato o lasciato cadere del tutto, prima che la pluralita' di immagini torni ad essere "assoluto unitario". Occorre fare netsurfing, scorribande nell'immaginario collettivo; occorre creare nuove situazioni teletrasportandosi su pianeti ostili: Picard e Datowm su Elladrel. Come leggerete nel prossimo capitolo, E' in una nuova "ricerca del Graal"che dobbiamo cimentarci, ma ad accompagnarci non saranno nobili cavalieri, bensi' un incallito truffatore: Reggie Dunlop.
Chi E' Reggie Dunlop? Potete incontrare questo Grande Manipolatore e inventore di leggende metropolitane nel film Slapshot di George Roy Hill ("Colpo secco", USA 1977). Dunlop, interpretato da Paul Newman, E' capitano e allenatore di una squadra di hockey su ghiaccio, i Charlestown Chiefs. I Chiefs navigano in cattive acque di classifica, e l'industria che li sponsorizza rischia la bancarotta. Per cercare di rimediare, Dunlop si inventa un'imprecisata e inesistente societa' della Florida interessata a rilevare la squadra, spaccia notizie false a TV e giornali, avvia un vortice di leggende e panzane dal quale rischia di essere inghiottito e stritolato. L'atmosfera attorno ai Chiefs cambia repentinamente, la squadra torna a vincere e altre societa' - stavolta vere - propongono contratti ai giocatori. Dunlop E' solo la versione euforica e briosa di un personaggio tipico della narrativa americana: colui che riesce a giostrare con abilita' nel "gioco di ruolo"della simulazione e della guerra psichica, il piu' delle volte in corsa contro il tempo, costretto a saltare di identita' in identita', a spiazzare gli avversari e i media, ad attaccare il nemico non nella postazione che sta abbandonando bensi' in quella che sta per occupare. James Ellroy, nel suo ultraviolento romanzo White Jazz (1992) ha narrato le gesta del sordido sbirro corrotto Dave D. Klein, la versione piu' dark di Reggie Dunlop che mi sia mai capitato di incontrare. Nel romanzo di Robert A. Heinlein La luna E' una severa maestra (1966), Dunlop E' addirittura un computer autocosciente, Mike, che crea un leaderri voluzionario virtuale, Adam Selene. Potrei fare decine di esempi, ma E' solo in Slapshot - e, in modo diverso, nella cult-novel di John Shirley, Transmaniacon (cfr. cap.4) che le tattiche e le strategie della guerra psichica vengono esposte con la massima chiarezza. Luther Blissett E' attualmente il prototipo piu' avanzato di Reggie Dunlop, perchE' coniuga la guerra psichica e la transmaniacalita Ô alla pratica del Multiple Name e alle suggestioni tamariane in materia di mito. Se Reggie Dunlop era un semplice individuo, Luther Blissett E' un condividuo, una singolarita' multipla.
EXCURSUS: DUE OMAGGI DOVUTI
Luther Blissett E' stato preceduto da misconosciute esperienze "seminali"di networking e di uso della leggenda metropolitana, una delle quali da' il nome al libro che stai leggendo. Mind Invaders, Italia, primi anni Ô80. Si trattava di una rock-band non piu' reale dei "misteriosi nuovi proprietari dei Charlestown Chiefs", band di cui veniva anonimamente prodotto e distribuito materiale informativo e propagandistico, oltre a gadgets e a false interviste che venivano presto smentite dagli inesistenti "diretti interessati"( la smentita veniva a sua volta dichiarata falsa, e i suoi autori definiti "impostori", poi i presunti impostori replicavano etc.). Ecco un estratto da un comunicato-stampa diramato da Udine il 31/5/1980, introdotto dalla frase:
"Siamo venuti in possesso di questo volgare falso che verra' presto smentito":
"Per soddisfare le morbose curiosita' di quanti vogliono conoscere la genesi dei Mind
Invaders, ma soprattutto per porre fine alle dicerie di chi sostiene che sono nati recentemente
sulla scia di altri gruppi musicali piu' famosi, vi rendiamo noto quanto segue: gia' nel 1976
Chris Lutman ed Emoform componevano i loro primi pezzi, sperimentando le possibilita' di un
potente generatore di infrasuoni, costruito in collaborazione con il Laboratory of Physics -
Iowa... In particolare hanno composto la suite "Heartquake"che E' stata eseguita in pubblico
il 6 maggio e il 15 settembre dello stesso anno [...] A chiunque volesse acquistare il disco
Music for Entertainment vorremmo precisare che puo' essere suonato soltanto con lo speciale
apparecchio prodotto dalla ALDO MANCUSO & Sons, p rovvisto di due testine che con
una presa a tenaglia permettono la lettura contemporanea di entrambe le facciate del disco
[...] firmato: ALDO MANCUSO". "Nel concerto
di Udine del 29.9.79 all'auditorium Zanon (strapieno) siamo intervenuti con una macchina di
nostra creazione che produce sensazioni sonore, tattili e olfattive che hanno provocato
un'esplosione di rigetto da parte del pubblico il quale si E' allontanato in massa. Consideriamo
questo esperimento non perfettamente riuscito data la completa omogeneita' di risposta da
parte del pubblico che si E' riconfermato tale [...]".
Grazie a questa impressionante sequela di panzane e all'appoggio di alcune fanzines e di bands vere che li citavano nelle interviste o che inserivano il loro nome nei credits dei dischi, i Mind Invaders ebbero i loro album immaginari recensiti piu' volte - in tutta serieta' - da alcune riviste del settore (su tutte Rockstar, che all'epoca aveva una certa importanza e diffusione). Questo provoco' anche le lagnanze di altri gruppi. Ad esempio, tali Electric Eyes di Firenze scrissero quanto segue alla rubrica di Red Ronnie su Rockstar:
"Carissimo direttore, vorrei proporle un quesito: non le pare che Lei, pubblicando per due volte di seguito nella rubrica Rockers la recensione dei Mind Invaders, rubi spazio a tutti gli altri gruppi (tra i quali il mio) che le scrivono fiduciosi?...Andate a fanculo!". Si dice che dietro i Mind Invaders ci fossero alcuni mail-artisti italiani, ed in particolare Piermario Ciani, amico personale di quell'Harry Kipper che all'epoca gia' usava lo pseudonimo "Luther Blissett". Se per caso avete Slapshot su videocassetta (e se siete degli osservatori) scoprirete che, durante una carrellata sul pubblico della finale del campionato, sulla T-shirt di una ragazza si legge chiaramente la scritta in rosso "MIND INVADERS". Tutto torna. Abituatevi per tempo a questo andamento ellittico e divagante.
Il netsurfing inizia, l'ultimo click di questo capitolo ci porta a TRAX, un condividuo materializzatosi nel Mail Art Network nel 1981, i cui preziosi testi sono stati ampiamente saccheggiati, plagiati e rivisitati da Luther Blissett in molti manifesti, volantini, editoriali, e il cui sistema "modulare"di propagazione E' servito a seminare cio' che Luther ha raccolto. Per sei lunghi anni, TRAX fu "un corpo misterioso vagante nello scenario dei media Ôgiovanili' degli anni Ô80: una cospirazione internazionale, un sistema impersonale, un network autonomo e indipendente. Esistono molti punti di riferimento, ma sono piu' importanti gli spazi vuoti [...] TRAX si adegua solo in parte a qualsiasi tipo di realta': la ricerca elettronica, la musica Ôindustriale', la Mail Art, la Copy Art, la poesia visiva e sonora, il cut-up, la performance, etc. TRAX frantuma le forme consuete del disco, dell'audiocassetta, della rivista o dell'opera grafica, creando una serie di works in progress smontabili e rimontabili a piacimento dal fruitore..."(AA.VV. "LAST TRAX - Final Report of the Trax Project", libro+disco autoprodotto da Piermario Ciani, Vittore Baroni e Massimo Giacon). TRAX ("Tracks"- tracce, solchi - o, leggendo al contrario, "X-Art", arte proibita) si proponeva di produrre il piu' possibile, coinvolgendo il maggior numero possibile di persone, parodiando le multinazionali per quanto riguardava i modelli produttivi. In pratica, TRAX era una specie di griffe con cui chiunque poteva firmare i propri lavori. Chiunque aderiva al progetto diventava un'unita' TRAX, contrassegnata dalla parola magica e da un numero che indicava solamente l'ordine progressivo di adesione (es. "Piermario Ciani - TRAX 01; "Vittore Baroni"- TRAX 02... Shozo Shimamoto - TRAX 0383..."etc.). Il progetto prevedeva due ruoli operativi intercambiabili: erano dette Unita' Centrali quelle che organizzavano e producevano un dato "modulo"(vale a dire un evento, una collana, una determinata ramificazione del progetto), e Unita' Periferiche tutti gli altri partecipanti. Dal giugno 1981 al giugno 1987 operarono come Unita' Periferiche circa 500 persone da una trentina di nazioni diverse, e dieci Unita' Centrali. Tra i media coinvolti in Italia, le riviste Frizzer, Frigidaire e Tempi supplementari, che nel 1985-86 pubblicarono a puntate il fumetto "TRAXMAN"(testi di TRAX 02, disegni di TRAX 03). I moduli furono performances, concerti, dischi, cassette, fumetti, racconti, poesie, films, videoinstallazioni, T-shirts, cartoline etc. La fine del progetto era prevista per il 1987, e fu ufficializzata da queste frasi di TRAX 02:
"TRAX ha proposto un modello operativo, ha fornito un esempio, ma preferisce dissolversi prima che il gioco si trasformi in una sterile ripetizione di gesti. Occorre un nuovo scarto dalla norma, ora che sono state saggiate le capacita' dei diversi networks sotterranei. Questi universi paralleli, di cui spesso non si sospetta neppure l'esistenza, potranno incrociarsi e proiettarsi sempre piu' all'esterno, verso milioni di persone potenzialmente interessate a ricucire, in senso evoluzionistico, il divario tra scienza e creativita'..."(LAST TRAX, cit.).
E' superfluo ribadire l'importanza di TRAX, basti pensare che tutto cio' E' successo 8-14 anni fa. TRAX gioco' d'anticipo col franchising [8] quando ancora era poco chiara la portata delle ristrutturazioni industriali che stavano disgregando il modello fordista -taylorista, e quando un VIC 20 o un Commodore 64 erano l'esperienza piu' tangibile della "terza rivoluzione industriale"che un ragazzino potesse fare.
Un triplo hurra' per TRAX!
NOTE 1. " I Multiple Names sono firme' che l'avanguardia degli anni Settanta e Ottanta ha proposto per un uso seriale. Sebbene ve ne siano stati di diverso tipo, i piu' comuni sono nomi propri inventati' che, per volonta' di chi li propone, possono essere usati da chiunque come contesti' o come Ôidentita''. L'idea E' quella di creare un corpus di opere artistiche usando quest'identita' inventata [...] I Multiple Names hanno a che fare con le teorie dei giochi' piu' radicali..."(Festival of Plagiarism, London January/February 1988).
2. "Karen Eliot E' il nome di un singolo essere umano che puo' essere chiunque. Il nome E' stabilito, le persone che lo usano non lo sono. L'intento di tante diverse persone che usano lo stesso nome E' quello di creare una situazione di cui nessuno in particolare E' responsabile, oltre ad esaminare praticamente le nozioni filosofiche occidentali di identita', individualita', originalita', valore e verita'. Chiunque puo' divenire Karen Eliot semplicemente adottando il nome, ma chi lo adotta E' Karen Eliot solo nel periodo di tempo in cui usa il nome. Karen Eliot non E' nata: piuttosto, si E' materializzata come contesto aperto nell'estate del 1985. Quando si diventa Karen Eliot, la propria precedente esistenza consiste nelle azioni che altre persone hanno compiuto usando il nome. Quando si diventa Karen Eliot, non si ha piu' famiglia nE' nascita. Si diceva sopra che Karen Eliot non E' nata: ella E' l'incarnazione delle correnti sociali, ed E' stata costruita come uno strumento per muoversi sul terreno franoso che circonda l'"individuo"e la societa'. Il nome Karen Eliot puo' essere usato strategicamente per siglare azioni, interventi, mostre e testi di ogni tipo. Quando rispondi a lettere o domande riguardanti un testo o azione siglato Karen Eliot, rispondi continuando a usare questo nome. Invece nei rapporti amicali e personali dove hai un'esistenza altra rispetto a quella di chi usa il nome, non ha senso continuare ad usarlo. Se usi il nome nella tua vita privata c'E' il rischio che Karen Eliot venga identificata con una persona precisa"(da: Stewart Home, Neoism, Plagiarism & Praxis, AK Press, Edinburgh, UK 1995)
3. Pubblicato per la prima volta in Italia su Virus #5, giugno 1995. Traduzione di Antonio Caronia.
4. Sul n.42-43 della rivista italiana di musica e controcultura Rumore (luglio-agosto 1995), Vittore ha curato un inserto speciale sull'"effetto Blissett", ed esordiva con questa frase: "...il fenomeno Blissett, splendida concretizzazione di un sistema auto-generante di ogni sorta di imprevedibili e strampalate azioni di guerriglia culturale, portate avanti collettivamente e anonimamente senza alcuna gerarchia o coordinamento centrale, ci ha colti [...] di sorpresa, apparendo come dal nulla...". Questa E' una classicissima Diminutio auctoris, un atto di falsa modestia a cui non va dato troppo credito: Vittore non solo era al corrente fin dai primi giorni di quale fosse la natura della cospirazione, ma ne E' stato anche uno dei massimi promotori e teorici dal gennaio 1994 in avanti.
5. Di Stewart Home dal 1989 al 1994 sono usciti i seguenti romanzi: Defiant Pose (Peter Owen 1991), Pure Mania (Polygon Books, 1992), Red London (AK Press, Edinburgh 1994) e la raccolta di racconti No Pity (AK Press, Edinburgh 1993).
6. Uno spunto filosofico su questo argomento ci E' dato da un episodio della terza serie di Star Trek, Deep Space Nine, intitolato "Il passato di Dax"(scritto da Peter Allen Fields, data astrale 46910.1). Dax - uno dei protagonisti della serie - E' un Trill, un essere composto da due entita' interdipendenti: un ospitante e un simbionte, cioE' una sorta di parassita alquanto longevo che viene installato nel corpo di un volontario fino al termine della vita di quest'ultimo, per poi essere trapiantato in un nuovo ospite e cosi' via per svariate generazioni. La cosa interessante E' che il simbionte trasmette a chi lo accoglie parte della memoria delle sue vite precedenti e, viceversa, acquisisce l'esperienza dell'essere ospitante, creando ogni volta un'originale contaminazione di personalita'. Nell'episodio in questione, il Trill Jadzia Dax viene processato/a per un crimine commesso dal Trill precedente Curzon Dax. La linea di difesa vincente del Comandante Sisko si basa sulla constatazione che Jadzia Dax E' un essere nuovo rispetto a Curzon Dax, poichE' con la nuova unione si E' verificata una ricombinazione di personalita' che si sono modificate reciprocamente e che sono ormai indistinguibili. Non E' possibile processare singolarmente il simbionte Dax che vive dentro Jadzia per il crimine che ha commesso nella sua vita/unione precedente: esso E' ormai irrimediabilmente diverso da come era prima di unirsi a lei. Una lettura allegorica di questo episodio ci porta ad affermare che ognuno di noi E' un Trill: non siamo unita' chiuse sempre identiche a se stesse, bensi' dei sistemi aperti e ricettivi disponibili a un'infinita' di reincarnazioni, di nuove simbiosi, che spazzano via le responsabilita' delle vite precedenti e ci arricchiscono di nuovi ricordi e nuove sensazioni. Questa constatazione ci schiera necessariamente contro il sistema poliziesco che, nella vita reale come in Star Trek, vorrebbe imporci di essere sempre e soltanto una persona singola, distinguibile, un'unita' numerabile, tassabile, processabile, eleggibile e via di questo passo...
7. Persone di buone letture, gli autori dello script (Philip Labeznik e Joe Menosky). Tra le cose lette e ruminate, sicuramente questi passi di F.W. Nietzsche, da Crepuscolo degli idoli: "Il linguaggio appartiene, secondo la sua origine nel tempo, alla forma piu' rudimentale di psicologia: se prendiamo coscienza dei presupposti fondamentali della metafisica del linguaggio - in parole piu' chiare, della ragione - penetriamo in un rozzo feticismo. Esso vede ovunque autore e atto: crede nella volonta' come causa in generale; crede nell' io', nell'io come essere, nell'io come sostanza, e proietta su ogni cosa la fede nell'io-sostanza - solo cosi' crea il concetto di Ôcosa'[...] La "ragione"nel linguaggio: oh, vecchia infida baldracca! Temo che non ci libereremo di Dio, perchE' crediamo ancora nella grammatica..."
8. Franchising. Modalita' con cui l'impresa-a-rete postfordista (es. Benetton) organizza la
distribuzione del marchio e del prodotto, "gestione sociale e politica delle reti attraverso il
Ômarchio', piuttosto che vincoli diretti, disciplinari o amministrativi"(M. Lazzarato) come
invece accadeva nel fordismo. Un commerciante puo' aprire un negozio sfruttando marchio,
materie prime e tecnologie di una casa madre che programma il piano di investimento da
affrontare e concede l'eventuale esclusiva territoriale. Progetto, scelta e arredamento dei locali
nonchE' promozione sono a carico della casa madre (franchisor), mentre al gestore spettano i
costi di arredamento e gestione. Il franchisor, in pratica, offre al commerciante "un'aura,
un'identita', un mezzo di produzione di reddito. Il commerciante non sara' piu' il
commerciante anonimo, ma il negozio Benetton"(Idem). In questo modo una grande ditta
puo' lasciare che sia una rete di lavoratori autonomi "nobilitati"dal trademark a sobbarcarsi i
costi amministrativi e fiscali della distribuzione. TRAX ha funzionato ad un tempo come
anticipazione e parodia del franchising.