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Ipotesi di causa dell'incidente (5)



OSSERVAZIONI DEI CONSULENTI DI PARTE CIVILE SULLA PERIZIA TECNICA DEL 1994 ED ALTRO.

Ipotesi di causa dell'incidente.

Disegno di riferimento : .Impatto1 (tav.11), Impatto2 (tav.12), Impatto3 (tav.13).

Tipologia dei danni causati da missili Aria-Aria.

Danni causati dal corpo del missile dopo l'esplosione della testa di guerra.

Realizzazione del modello tridimensionale virtuale del DC9.

Allo scopo di poter esaminare con precisione la coerenza di eventuali danni riscontrati sulle varie parti del velivolo si è realizzato un modello tridimensionale dello stesso.

Per la sua realizzazione si è ricorsi alle tecniche di disegno elettronico assistite da programmi CAD (Computer Aided Drawing), che permettono la realizzazione di oggetti tridimensionali.

Ciò non è possibile con le tecniche utilizzate con il disegno a mano, in quanto in questo modo si può solo rappresentare su due dimensioni oggetti che in realtà sono di tre dimensioni.

Il vantaggio di poter operare su un modello tridimensionale (virtuale perché esiste solo all'interno del computer e può essere graficamente rappresentato in infinite viste su 2 dimensioni) è evidente, in quanto permette, operando con velocità e precisione, di poter studiare le forme delle varie parti e collocarle sull'oggetto che andiamo a costruire.

Quindi superando i limiti imposti dal disegno a 2D (bidimensionale) è possibile integrare nel modello tutta la serie di oggetti, danni, impianti etc nella loro giusta posizione spaziale.

Anche nello studio delle possibili interferenze fra missile e DC9 lavorare in scala reale con gli oggetti veri che interagiscono fra loro.

Nella ricostruzione del modello è stata posta particolare cura nel riportare la "pelle esterna " dell'aereo nelle sue posizioni, evidenziando le mancanze e le presenze.

In pratica ci si è trovati a valutare dimensionalmente i vari frammenti di lamiera che compongono il relitto, traendone la dimensione dalle fotografie eseguite a Pratica di Mare e dallo skin-map realizzato dai periti giudiziari.

La modalità di lavoro, per l'esame dei singoli pezzi e della valutazione della loro ricollocazione è stata così svolta:

Digitalizzazione delle fotografie eseguite (parte di esse) ed isolamento delle aree omogenee, a mezzo di un programma di ritocco fotografico che permette l'analisi della immagine.

Si deve considerare il limite imposto dal fatto che non è stato possibile eseguire fotografie prese dall'alto, e che l'estensore del presente lavoro ha esaminato e fotografato il relitto per un tempo totale di circa 15 ore. Non ha ovviamente partecipato al lavoro lunghissimo del CP di esame dei singoli pezzi per cui manca della visione mnemonica dei singoli particolari, cosa che avrebbe potuto aiutarlo soprattutto nella precisione di ricostruzione.

Nell'esame delle foto, eseguita al computer con il sistema che si è detto, si è cercato di isolare i vuoti dai pieni in modo da isolare delle aree in cui fosse macroscopicamente visibile una diversa tipologia di danni subiti dalle lamiere.

Il lavoro è stato eseguito con la massima precisione possibile in relazione alla possibilità di esame dell'insieme dei pezzi, ed ha portato al risultato che andremo a vedere sui disegni.

Detto risultato consiste essenzialmente nella ricollocazione sul modello delle lamiere recuperate e della evidenziazione dei "buchi" sulla pelle dell'aereo.

Inoltre nella loro collocazione spaziale tridimensionale sulla superficie esterna.

Per poter fare ciò si è proceduto nel seguente modo:

Esistono da pochi anni programmi di disegno elettronico (CAD) che permettono quella che si chiama "modellazione tridimensionale"

Si tratta della possibilità di "solidificare" un oggetto disegnato in modo che esso assuma tutte le caratteristiche di un solido.

Infatti finora nel disegno elettronico anche gli oggetti tridimensionali erano in realtà delle rappresentazioni di questi, descritti visivamente con una rappresentazione detta Wireframe (fil di ferro).

Ma i volumi non erano riconosciuti come tali.

Nel nostro caso invece è stato importante poter operare con la tecnica della solidificazione perché, anche se la rappresentazione grafica è data ancora attraverso le Wireframe in realtà i solidi disegnati hanno un volume proprio.

Si è potuto quindi, con una precisione notevole, ricavare dalla pianta della pelle esterna in due dimensioni, gli effettivi "buchi" riportati su un oggetto in tre dimensioni, nel nostro caso la fusoliera.

Per fare ciò si è proceduto nel seguente modo:

Una volta ricavata la pianta in due dimensioni della pelle esterna (lavoro svolto come prima descritto) quelli che sono apparsi come "buchi" cioè mancanze di pelle dovute ad assenza o a deformazioni particolari che facevano supporre una diversa azione meccanica subita rispetto alle deformazioni generali del relitto, detti "buchi" sono stati solidificati ed estrusi in modo da avere una barra di una certa lunghezza che riportasse il profilo bidimensionale del buco stesso.

Detta barra è stata collocata in posizione coerente, sia in distanza che in angolo, sul modello solido della fusoliera. in modo che ne attraversasse lo spessore.

Il programma di disegno elettronico utilizzato possiede una funzione (detta AME, Advancing Modelling Exenstion) che permette di eseguire automaticamente la sottrazione dei volumi fra due solidi realizzati.

Per mezzo di questa funzione si è ottenuto di riportare su una superficie solida e curva a raggi diversi quale è quella della fusoliera del DC9 l'impronta del "buco" che si era isolato, sottraendo la barra estrusa alla fusoliera.

In pratica si può esemplificare in questo modo:

- Abbiamo un tubo metallico di un certo diametro e le pareti di un certo spessore

- Il tubo è di grosso diametro e di basso spessore, ed è stato frammentato in modo tale che se lo andiamo a ricostruire su di un piano bidimensionale otteniamo un rettangolo avente come lato maggiore la lunghezza del tubo e come lato minore la circonferenza del tubo.

- Ricomponendo i vari pezzi, stante il basso spessore in relazione all'area totale otteniamo un puzzle dove possiamo isolare una zona mancante di una certa forma.

- Potremo con le tecniche descritte ricostruire il tubo e solidificarlo nel computer

- Potremo riportare l'area nella sua forma, solidificarla ed estruderla

- Potremo riportarla in posizione opportuna e sottrarla al solido rappresentante il tubo

- Otterremo sul tubo stesso un foro i cui margini sono definiti da quella che era la linea di intersezione fra i due solidi.

Quindi si è proceduto come descritto nell'esempio per poter risalire alla forma dei vuoti nel tridimensionale partendo dalla loro forma bidimensionale.

È chiaro che la precisione ottenuta è realtiva alla precisione della geometria di partenza.

Si potrà senz'altro continuare a dire che le parti mancanti tali sono perché non sono state recuperate.

Questa affermazione è lapalissiana e permette di dire tutto è niente.

Infatti, anche nell'ipotesi che l'aereo sia stato abbattuto da un missile, è ovvio che i danni causati da questo sono comunque riconducibili ad interferenze fra oggetti aventi una certa natura, una certa dimensione ed una certa velocità.

L'azione del corpo del missile sulle lamiere avrà causato la "disintegrazione" della zona interessata all'urto.

Ma disintegrazione non significa certo che la massa del metallo interessata dall'urto sia "svanita" nell'aria.

Significa che è stata sminuzzata in frammenti anche piccolissimi, ma pur sempre di dimensione finita.

Con questo ragionamento, se arrivassimo a recuperare tutti i piccolissimi frammenti dal fondo del mare e li riportassimo nel nostro modello, si arriverebbe a dire che la parte interessata è stata ricostruita e che quindi il danno da missile non c'è stato. (E con lo stesso concetto si potrebbe dire che neanche bomba ci potrebbe essere, perché sarebbe esattamente la stessa cosa)

Quindi è ovvio che le lamiere dei "buchi" non sono state recuperate.

Bisogna capire perché.

In sostanza, se il modello 3D mostra una zona mancante di 1 metro quadrato si tratta del mancato recupero di una lamiera delle stesse dimensioni che chiuderebbe il "buco" o si tratta del mancato recupero di 1000.000 frammenti piccolissimi, che chiuderebbero lo stesso il "buco" ?

Nel nostro caso stiamo cercando i danni causati dal corpo del missile che dopo l'esplosione della testa di guerra è andato a sbattere contro le lamiere esterne, sfondandole.

Mentre le sfonda, in un tempo finito anche se breve, anche il missile si distrugge e si danneggia, ed i vari frammenti si trasformano a loro volta in proiettili secondari dotati di una certa energia.

Non parleremo quindi di "buchi fatti dal missile" ma piuttosto di "zone di impatto" e "zone d'uscita", e cercheremo la corenza dei danni, nella dinamica degli oggetti interferenti con le reciproche velocità e dimensioni, su tutto l'aereo.

Si ritiene importante far rilevare ancora una cosa.

Nello skin map realizzato dal CP, specialmente sulla parte sinistra del velivolo, dove, nel nostro schema ci aspettiamo di rilevare le zone di uscita, sono indicati come pieni, (come zone ricostruite) alcune aree che dall'esame visivo del relitto appaiono inequivocabilmente vuote.

Vuote non perché manchi del tutto la lamiera dell'area interessata, ma perché la deformazione della stessa non permette materialmente di ricollocarla in modo opportuno a coprire il "vuoto".

Da ciò, senza peraltro chiedersi minimamente se la tipologia della deformazione possa dare una qualsivoglia indicazione, il CP chiude tutto ciò che si può chiudere, tanto che esaminando lo skin map, ci si aspetterebbe, entrando a Pratica di Mare, di trovare la parte sinistra completamente ricostruita come una automobile uscita dal carrozziere.

Invece non è così, e la cosa può essere osservata facilmente dalle foto oltre che dal vero.

Quindi la ricostruzione della pelle dell'aereo risulta allo scrivente molto diversa rispetto a quella indicata nello skin map, anche se vi sono evidenti coincidenze su molte parti.

Almeno in un punto, che sarà descritto meglio in seguito, lo scrivente giudica incredibile che non ci si sia accorti della particolarità dei danni.

Evidenze riscontrabili dal modello tridimensionale.

Nell'ipotesi che stiamo esaminando, cioè che l'UFO mostrato da Ciampino sia in realtà un aereo militare che lancia un missile contro il DC9 Itavia, abbiamo visto, nel disegno USTGEO4 (tav.7), che l'impatto del missile avrebbe dovuto avvenire nello schema indicato.

Non sappiamo però a che quota fosse l'UFO rispetto al velivolo civile, anche se è ipotizzabile che si trovasse più basso.

Nel disegno DC92DA (tav.8) abbiamo visto che nelle traiettorie 1), 2), 3), nei casi 1) e 3) non avremo danni diretti da Blast sulle superfici dell'aereo e che la punta dell'ala destra è l'elemento che attiva l'esplosione della spoletta di prossimità.

Nel caso 2) avremo che la punta dell'ala destra "entrerebbe nell'ombrello" ed il missile scoppierebbe contro o a brevissima distanza da questa.

Esaminando la punta dell'ala destra non si riscontra alcun danneggiamento da Blast, e quindi potremo scartare questa possibilità.

Nel disegno DC92DB sono mostrati, in scala, i due oggetti che rappresentano i missili con evidenziati gli "ombrelli" delle loro spolette di prossimità, nei casi 1) e 3).

Quindi si è andati a cercare rispettivamente:

- Zona anteriore destra della fusoliera compresa fra l'attaccatura delle ali e il muso, quale zona tipica di impatto per un missile a guida radar nelle posizioni reciproche fra UFO e DC9 che stiamo esaminando.

- Zone posteriore destra della fusoliera compresa nell'intorno del motore destro, quale zona tipica di impatto per missili a guida IR Avanzata nelle posizioni reciproche fra UFO e DC9 che stiami esaminando.

Il disegno Impatto1 (tav.11) rappresenta la costruzione tridimensionale della fusoliera su cui sono stati evidenziati, sul lato destro, i fori derivanti dalle mancanze di lamiera della pelle dell'aereo.

Proiettando il modello 3D del missile che abbiamo assunto (AIM9L Sidewinder) in varie ipotesi di impatto, con le velocità reciproche descritte possiamo isolare due probabili zone di impatto localizzate la prima (chiamata d'ora in poi IM1) nella parte anteriore fra le stazioni 200 ed 313, la seconda (IM2) più arretrata, vicino all'attaccatura delle ali, fra le stazioni 380 ed 489.

- IM1 corrisponde all'impatto di un missile in arrivo perpendicolare alla radiale della fusoliera, dal basso con un angolo di 20° .

- IM2 corrisponde all'impatto di un missile in arrivo perpendicolare alla radiale della fusoliera, dal basso, mentre il DC9 ha mutato il suo assetto e sta salendo o ruotando verso sinistra o tutte e due le cose contemporaneamente..

Si fa rilevare che :

1) Si tratta praticamente delle stesse zone di impatto, aventi la stessa forma, a suo tempo indicate dal prof. Sewell, ma per ottenere la coerenza con l'immagine proiettata del modello di missile la provenienza deve essere completamente diversa da quella indicata a suo tempo da Sewell.

2) La forma delle zone, se il missile fosse arrivato dal settore anteriore, avrebbe dovuto essere completamente diversa, e non si capisce come Sewell, nel suo schema di impatto evidenziato in perizia tecnica, abbia potuto ottenere forme simili a quelle ora evidenziate, o non si capisce come da queste forme abbia potuto dedurre che i due missili entravano dal settore anteriore con un rapporto fra le reciproche velocità completamente diverso.

3) Esiste una coerente similitudine fra le dimensioni e le forme delle zone di impatto rispetto alle dimensioni e le forme del modello di missile proiettato, che se anche potrebbe essere definito casuale in un caso difficilmente lo può essere per i due casi.

4) Le velocità risultanti dallo studio grafico risultano essere, per i due missili, di circa 350/400 Mt/sec, in coerenza con una velocità in fase terminale di traiettoria su un lancio ipotizzato da circa 14 Km.

5) Nell'intorno della parte posteriore, come in nessuna altra parte del velivolo, esistono zone in cui, facendo lo stesso lavoro di proiezione, sia assumibile un riconoscimento analogo a quello descritto e visualizzato in disegno.

Inoltre la presenza del motore destro a schermare le zone mancanti della parte posteriore farebbe necessariamente prevedere che se queste fossero state causate dall'impatto di un missile il motore destro sarebbe stato a sua volta danneggiato.

Controllo sul modello 3D delle traiettorie delle schegge della testa di guerra relative alle due zone IM1 ed IM2 isolate ed alle conseguenti posizioni di scoppio.

Nel disegno DC93D4 (tav.14) sono riportate le traiettorie di due missili, traiettorie che terminano nelle zone IM1 ed IM2. L'angolo di impatto è stato lasciato al valore descritto nel dis. USTGEO4, di 8°.

Si noterà come in ambedue i casi sia la punta dell'ala destra che attiva l'esplosione della spoletta di prossimità.

Si noterà che la distanza è tale che non risultano in nessun caso danni diretti da Blast contro l'ala stessa o la fusoliera del DC9.

Si noterà come l'apertura degli "ombrelli" fà prevedere che eventuali danni da schegge vadano ricercati :

- Nella zona della punta dell'ala destra.

- Nella zona posteriore del velivolo.

Ciò in quanto nella dinamica del lancio delle schegge, illustrata nel disegno, queste sono le zone di probabile impatto sul DC9.

Verifica della presenza di danni da schegge preformed o fireformed sulla zona dell'ala destra e nella zona posteriore di cui si ipotizza la presenza nel raggio d'azione delle schegge scagliate da un missile esploso nella posizione ipotizzata.

Dall'esame visivo che è stato possibile fare è stato riconosciuto un foro di uscita di scheggia posto nella parte posteriore del velivolo, approssimativamente all'altezza della stazione 970.

Pur senza avere lo scrivente esperienza specifica si fà rilevare che detto furo è caratterizzato da una marcata petalatura verso l'esterno, molto simile a quella osservata nelle radiografie delle petalature relative ai fori sul portello anteriore.

Le dimensioni di detto foro sono risultate, in una misura effettuata approssimamente in pianta, circa 18 x 22 mm.

Nello schema di impatto proposto almeno qualcuna delle schegge della testa di guerra avrebbe dovuto andare a colpire la parte posteriore del velivolo e forse quanto rilevato (si potrà controllare meglio in seguito) può essere elemento importante per avvalorare l'ipotesi.

Esiste inoltre traccia di un altro attraversamento di scheggia che potrebbe essere di riscontro.

Si tratta del flap dell'ala destra.

Un danno da scheggia ad alta velocità sull'estremità dell'ala destra è stato evidenziato in perizia, ed è stato oggetto di interrogazione del magistrato ai periti. ("dei due, il foro in corrispondenza del flap potrebbe essere stato causato da un oggetto a velocità medio-alta" Perizia Frattografica del 29 Luglio 94)

Esame delle zone di impatto 1 e 2 in relazione alla possibilità di riconoscimento delle zone di uscita dei missili

Nei disegni Impatto2(tav.12) ed Impatto3(tav.13) potremo analizzare, in base alle indicazioni che ci vengono date dal disegno Impatto1 la traiettoria delle due armi attraverso il velivolo civile.

Disegno IMPATTO2 (tav12)

In questa tavola abbiamo rappresentato la sezione di fusoliera compresa fra le stazioni 200 ed 817.

Una vista è in pianta ed una in prospetto.

Si esamina la traiettoria del missile in relazione alla analisi grafica effettuata sul disegno Impatto1 e relativa alla zona di impatto anteriore.

Dall'esame della zona di impatto anteriore di evince che esiste una buona coerenza dimensionale fra le dimensioni geometriche della mancanza di "pelle" e la proiezione del missile presentata.

Si fa rimarcare che non si vuole assolutamente indicare nè il tipo di missile ne i valori assoluti relativi ai vari parametri indicati (velocità, angoli di impatto etc), anche se si pensa che in via definitiva questi non possano essere a valori molto diversi da quanto indicato.

Ciò per alcuni motivi:

- Nel nostro caso abbiamo usato a modello un AIM9L Sidewinder, ed in base alle dimensioni di questo modello abbiamo stimato l'angolo di proiezione (40°) e da questo la velocità di impatto, avendo indicazione che questa era su valori di circa 350 Mt/sec.

Se avessimo usato un modello di missile di altro tipo, ad esempio più lungo (lo Sparrow è lungo 3,66 mt, lo Apex 4,50 mt, il Matra S530 3,54 mt, lo Atoll SARH 3,50 mt, contro i 2,8 mt del Sidewinder) avremmo avuto, a parità di spazio occupato, una velocità risultante maggiore.

Altre variazioni possono venire da un angolo di impatto diverso da 8°, e quindi la presente analisi serve per trovare una coerenza generale.

Successivamente si potrà valutare in dettaglio, ma solo dopo che si sia riusciti a riconoscere l'insieme dei danni e la loro posizione, se sia possibile riconoscere il tipo dell'arma che ha colpito.

La zona di impatto IM1 ci mostra che l'arma a colpito il DC9 Itavia mentre questo volava livellato. Infatti abbiamo già visto che le proiezioni risultanti per assetti diversi sono diverse come disposizione geometrica della stessa.

Questa considerazione è relativa al fatto che nella dinamica in oggetto si suppone che il missile in questione sia stato lanciato contro un ignaro aereo civile che non ha tentato di sottrarsi all'offesa, e che individuando le impronte di due missili possiamo accettare che ambedue siano stati lanciati in tempi ravvicinati e quindi prima che il primo missile sia arrivato a colpire.

Ne consegue che le due armi abbiano viaggiato su rotte molto simili e che se l'aereo civile non avesse mutato assetto dopo il primo colpo le impronte sarebbero state identiche (come posizione).

Il fatto che la seconda sia disposta diversamente indica che l'aereo aveva mutato assetto e che il missile per seguirlo stava mutando assetto anch'esso.

Come si vede dal disegno la traiettoria di entrata attraverso IM1 trova buona corrispondenza con la zona di uscita US1, rappresentata sul lato sinistro del velivolo.

Sulla base dei semplici rapporti geometrici di velocità il corpo del missile sarebbe dovuto uscire nel punto indicato posteriormente, ciò in relazione alle reciproche velocità.

Ma ciò varrebbe solo se il DC9 fosse stato di cartone, cioè l'attraversamento del velivolo avesse indotto sul missile solo forze assiali derivanti dall'opera di sfondamento.

Invece, soprattutto osservando che il missile ha attraversato tutta la struttura del pavimento, è ovvio che l'evendo si è svolto in una dinamica dove sul corpo del missile hanno agito forze in due direzioni.

Una a contrastare il suo avanzamento, che ha frenato l'avanzamento riducendone la velocità, ed una agente nella stessa direzione di avanzamento dell'aereo che ne ha deviato la traiettoria rettilinea verso l'avanti.

Da una scomposizione vettoriale delle velocità (quindi solo geometrica ) già si ha l'indicazione che la risultante porta il corpo del missile ad uscire da quella che viene definita la US1, Zona di uscita 1.

Per poter ricostruire la dinamica dell'evento in modo matematicamente accettabile occorre una conoscenza scientifica che lo scrivente non possiede, che sia in grado di ricostruire la traiettoria dell'arma all'interno sulla base della valutazione di quanto indicato, delle rispettive velocità, della stima del peso e delle dimensioni del corpo del missile, per diversi angoli di impatto nell'intorno dei valori stimati.

In pratica occorre eleborare un modello matematico molto complesso che sicuramente sarà nelle capacità di altri soggetti.

Si stima che la IM1 sia relativa al primo missile che ha colpito il velivolo, stante l'indicazione che questo fosse in volo livellato al momento dell'impatto.

Ne consegue che attraverso la US1, zona di uscita 1, sia avvenuta la decompressione rapida dell'aereo civile.

Ciò trova riscontro in alcuni punti gia trattati, che sono in pieno accordo con quanto si è ora indicato.

È gia stato oggetto di dibattito se i corpi ed i reperti ritrovati in mare nella zona Nord provenissero dalla zona anteriore o da quella posteriore, essendo universalmente accettato che comunque quanto citato sia uscito dall'aereo in quota.

Nella zona Nord, come si ricorderà, sono stati ritrovati i corpi di 13 persone, arredi, bagagli ed il Trolley dell'aereo. Poiché il Trolley è posto nella zona anteriore (nel Galley) ed è un oggetto abbastanza voluminoso si ha la prova che il danno e la decompressione rapida è localizzato nella parte anteriore.

Le dimensioni della US1 sono perfettamente compatibili con questa evidenza.

Anche la conformazione stessa della US1 è in accordo con l'ipotesi che si tratti di una zona danneggiata da un oggetto (parte del corpo del missile e proiettili secondari da questo generati) e che poi detto danno si sia ampliato a seguito della pressione dell'aria interna che ha deformato la conformazione del danno agendo su una struttura già aperta e quindi indebolita.

In pratica il corpo del missile ha aperto la prima breccia e la pressione dell'aria a fatto il resto.

Lo scrivente riconobbe la zona in questione come un danno derivante da decompressione unita ad un danno meccanico esaminando le foto allegate alla perizia, e nel corso delle visite a Pratica di Mare si è via via convinto che l'evidenza era tale da richiedere una giustificazione del motivo per cui non si è mai valutata la US1 da parte dei periti giudiziari.

Quindi concludendo lo scrivente riconosce in coerenza con la zona di impatto IM1 una zona di uscita US1.

Dette zone sono relative al corpo di un missile che ha attraversato l'aereo da destra a sinistra e che durante l'attraversamento è stato deviato, rispetto alla sua traiettoria geometrica apparente derivante dalle reciproche velocità, dalla forza trasmessa soprattutto dal pavimento.

Si fà rilevare che manca qualsiasi tentativo di ricostruzione del pavimento stesso sul relitti a Pratica di Mare.

Disegno IMPATTO3 Tav.13)

Nel disegno Impatto3 si studia graficamente la traiettoria del secondo missile, quello che si stima debba essere penetrato attraverso quella che viene definita IM2.

Come si è già detto, dalla proiezione ottenuta nel disegno Impatto1, si ha l'indicazione che questo secondo missile sia arrivato sull'aereo civile quando questo aveva mutato il suo assetto rispetto al volo livellato.

L'indicazione è relativa ad un assetto in salita ed una traiettoria del missile anch'esso in salita, a seguire l'aereo civile.

Come si vede questa ipotesi trova puntuale riscontro nel fatto che le zone di uscita US2 non sono sul lato destro ma piuttosto sul tetto del velivolo, nella parte destra.

Che il DC9 salisse dopo il punto 0 UPT è una indicazione che ci viene da più fonti:

- Il radar di Ciampino lo mostra in aumento di visibilità, segno che questo stava salendo, rientrando nel pieno della visibilità radar.

- La collocazione del punto di decompressione in zona anteriore ci permette di definire che la variazione di baricentro conseguente abbia indotto l'aereo ad alzarsi.

Come si vede dal disegno, anche nel caso della US2 troviamo che le uscite (due, probabilmente dovute alle due parti distinte del missile) sono spostate verso l'avanti ripetto alla geometria risultante dall velocità, e lo sono su valori omogenei a quanto si è osservato davanti.

Anche in questo caso si potrà realizzare un modello matematico accurato per valutare l'ipotesi.

Comunque per lo scrivente, la somma di fattori e coerenze fin qui descritte, fà riconoscere il fatto che il DC9 sia stato abbattuto nel modo che si và descrivendo.

Quindi concludendo lo scrivente riconosce in coerenza con la zona di impatto IM2 una zona di uscita US2.

Dette zone sono relative al corpo di un missile che ha attraversato l'aereo da destra a sinistra e che durante l'attraversamento è stato deviato, rispetto alla sua traiettoria geometrica apparente derivante dalle reciproche velocità, dalla forza trasmessa soprattutto dal pavimento.

Si fà rilevare che manca qualsiasi tentativo di ricostruzione del pavimento stesso sul relitti a Pratica di Mare.

La diversa impronta lasciata dal secondo missile ci dà indicazioni che l'aereo stesse mutando il suo assetto rispetto a quello livellato primitivo, e la cosa è in buon accordo con diverse indicazioni che si hanno da altre perizie, non da questa ultima.

La diversità della forma delle deformazioni relative alla US2 (uscite) rispetto alla US1 ci indica che la seconda arma è penetrata quando la decompressione era già avvenuta.


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