Indice
 
Primavalle è rossa
la sezione "Giarabub"
il fatto
i protagonisti
alcuni giorni prima
quella sera
la notte
le tante strade della provocazione
il veggente di borgata
il supertestimone
un certo Mulas
i luoghi ed i volti
il cartello fantasma
incendio a porte chiuse
la tanica scomoda
 
i camerati si telefonano
perizia e controperizia

IL CARTELLO FANTASMA

A sentire polizia e magistratura, l'incendio di Primavalle è un delitto con tanto di "firma". La firma sarebbe un cartello fantasma, che non si riesce a capire chi l'abbia trovato e dove. Sul cartello, comparirebbero parole quanto mai indicative: "Brigata Tanas, morte ai fascisti, guerra di classe. La sede del Msi, Mattei e Schiaoncin colpiti dalla giustizia proletaria".

I periti, dieci giorni dopo l'incendio - quando riusciranno ad esaminarlo - descriveranno così questo messaggio minatorio: "E' un cartellone costituito da due fogli di carta bianca Benequick uniti tra loro. Vi si rinvengono incollate tre strisce di carta a quadretti recanti l'iscrizione a pennarello nero "Mattei e Schiavoncino colpiti dalla", l'iscrizione a lettere nere ritagliate e incollate "Giustizia Proletaria", nonché tre lettere rosse R.E.F. di cui la R incollata e le altre assicurate con spilli.

Il manifesto è lungo quasi un metro, largo ottanta centimetri, diviso in sedici parti mediante piegatura."
Sempre secondo gli atti istruttori, all'alba del 16 aprile, nel cortile il giornalista Virgilio Crocco del "Messaggero" avrebbe ritrovato altre 9 lettere staccatesi dal cartellone, ed altre sedici lettere rosse sarebbero state invece recuperate - non si sa dove, nè quando - dal commissario di PS Isidoro Adornato.

Ma non è tutto: alle nove del mattino seguente, un certo Guerrino Pastorato rinviene in un angolo nascosto del cortile una strisciolina di carta a quadretti con la dicitura "la sede del Msi".

Il cartello così' come viene presentato è dunque frutto di una ricostruzione a "posteriori": in alto, su tre righe, a lettere rosse ritagliate da un cartoncino lucido e poi incollate sul manifesto, una scritta di 41 lettere (delle quali 13 inserite per deduzione, perché mai ritrovate): "Brigata Tanas morte ai fascisti guerra di classe". Al centro quattro rozze striscioline di carta a quadretti con le diciture: "La sede del Msi/Mattei/Schiavoncino/colpiti dalla" e l'ultima riga: "Giustizia Proletaria".
Il ritrovamento sulle scale

Provenza l'assume subito come prova fondamentale. Nella notte tra il 16 e il 17, a ventiquattro ore dall'incendio, è bloccato dai giornalisti che lo attendono nell'atrio di Palazzo Giustizia davanti all'ufficio di Sica. Le domande vertono sulle possibili tracce ma, benché la "velina" con l'accusa contro Potere Operaio fosse stata trasmessa ai giornali fin dalla mattina, Provenza non azzarda a voce un'accusa diretta senza l'ombra di un elemento: si limita a preparare la strada.

Quindi il cartello costituisce "l'unica traccia", ma guarda caso, reca "troppe impronte". Troppe persone infatti dichiarano di aver personalmente raccolto il cartello, si contraddicono tra loro e insistono nelle rispettive versioni. Anche la stampa, del resto, non riesce per diversi giorni a districare l'imbroglio e ad indicare da chi e in qual modo sia stato rinvenuto il foglio, sebbene la versione più insistente e motivata sia quella che mostra Anna Maria Mattei con il cartello in mano, raccolto al quarto piano.

Questa versione è anche l'unica suffragata da varie testimonianze rese nella prima ora da diverse persone ai cronisti. Dice infatti Ester Aleggiani, coinquilina dei Mattei: "Anna Maria Mattei mentre la caricavano sulla Croce Rossa gridava: "avete visto il cartello? il cartello?" - "Paese Sera" del 16 aprile

Giudici e polizia non vorranno mai riconoscere che sia stata la donna a raccogliere e a dare immediata pubblicità al cartello. Ed è, dal loro punto di vista, comprensibile: come ammettere infatti che Anna Maria Mattei sconvolta dalla tragedia in pieno svolgimento nella sua abitazione, impegnata a sfuggire alle fiamme e a mettere in salvo i figli più piccoli, invece di scendere subito verso la salvezza sia salita al quarto piano, abbia rintracciato il cartello e ne abbia poi - con tanta foga - fatto mostra ai soccorritori?

Ma negli stessi atti ufficiali dell'indagine il cartello ha una "storia":
Dapprincipio c'è un agente di Pubblica Sicurezza, valoroso e sprezzante del pericolo, che testimonia di aver raccolto il cartello - mentre l'incendio non era ancora concluso - al quarto piano del palazzo Mattei. E' suo il verbale di ritrovamento e sequestro.

Niente da eccepire sul l'Ugo di ritrovamento. I guai per l'agente Aiello e per chi gli aveva dato mandato cominciano quando, durante il sopralluogo del 30 maggio, i consulenti fanno notare le incredibili incongruenze e contraddizioni che affiorano dal racconto. Egli infatti decidendo di fornire una storia romanzata, non aveva tenuto conto di tutti i particolari.
Almeno 4 sono le discrepanze:

  1. Non si spiega perché, potendo scegliere la strada più ovvia e razionale, l'agente Aiello abbia intrapreso un percorso da trapezista, preferendo scendere dal terrazzo dello stabile fino al terzo piano. Tanto più che tutti i rilievi scientifici e le testimonianze sono concordi nell'asserire che, mentre nei due piani inferiori non c'era traccia di fumo nè di calore, i piani superiori erano difficilmente percorribili.

  2. Ma quand'anche il generoso agente avesse scelto di soffrire il più possibile nella sua opera di salvataggio, un particolare lo tradisce in modo definitivo: egli afferma di essere stato costretto, una volta arrivato allo stabile accanto a quello dell'incendio, ad abbattere una porta che gli sbarrava il passo verso la terrazza. Ebbene, nessuna porta presenta segni di effrazione nè, tantomeno, di riparazioni.

  3. Nessun testimone ha mai ammesso di aver visto agenti per le scale del palazzo.

  4. Infine era materialmente impossibile che il cartello, rinvenuto secondo Aiello sul pavimento del 4° piano, si conservasse bianco e immacolato, in un ambiente completamente annerito dal fumo.

Le porte "sfondate" da Aiello fotografate subito dopo il fatto: sono intatte.

Il forzoso accertamento di quest'ultima macroscopica, contraddizione impone ai giudici una brusca marcia indietro: il 5 giugno, infatti riconvocano improvvisamente Mario Mattei, la moglie e l'agente Aiello.

Per primo alle ore 10, viene sentito l'Aiello, il quale, "data lettura del verbale datato 15.4.1973 a firma Aiello Giovanni", dichiara:
"Confermo il contenuto del verbale con le seguenti precisazioni. Aprii con una spallata la porta del terrazzo. Con me vi era il collega Russo Giovanni. Quindi raggiunsi il pianerottolo del terzo piano. Sui gradini della rampa che porta al terzo piano e sul pianerottolo del terzo piano vi erano alcune persone... C'era molto fumo. Le fiamme non provenivano dai gradini della rampa che porta dal terzo al quarto piano. Vi erano fiamme proprio all'interno dell'appartamento Mattei. Quindi quello che ho scritto nel verbale non corrisponde ad esattezza. Nella confusione del momento io non sono stato esatto nella compilazione del verbale. Aggiungo, però che c'era tanto fumo, specialmente nei pressi dell'ingresso dell'appartamento Mattei. C'erano sei o sette persone tra i quali due o tre bambini. Sui primi gradini della rampa di scale che dal terzo porta al piano successivo c'era un grosso foglio di carta. Vidi una donna - non so dire se si trattava della signora Mattei - che raccolse il foglio dicendo "i comunisti".

Io presi subito il foglio di carta. Afferrai dei bambini, risalii sul terrazzo, entrai nella rampa di scale del fabbricato contiguo, scesi e uscii dal fabbricato, affidai il bambino ad una signora e quindi aprii il foglio di carta ove era scritto fra l'altro "Mattei e Schiavoncino". Quando aprii il foglio mi trovavo nello spazio compreso tra la porta d'ingresso al fabbricato Mattei e la porta d'ingresso al fabbricato contiguo. Tra le due porte vi può essere una distanza di tre metri circa. Non ho fatto caso se nell'aprire il foglio qualche lettera ritagliata sia caduta a terra".

Subito dopo depone Anna Maria Mattei che dichiara: "...Non ero io la donna cui si riferisce la guardia Aiello, dovrebbe trattarsi della signora che abita nell'appartamento sopra il mio. Dovrebbe chiamarsi Teresa. Non erano i miei figli i ragazzi cui si riferisce il verbalizzante: io portai i miei figlioli subito nel cortile. Per quanto concerne il manifesto, mia figlia Lucia, mentre io mi trovavo nel cortile, venne verso di me tenendo in mano un foglio, dicendo: "mamma, guarda cosa è stato trovato". Peri il manifesto che era già dispiegato e lo consegnai ad un agente. Ero già nel cortile. Non sono in grado di fornire indicazioni sull'agente al quale consegnai il manifesto.

Nessuna donna del palazzo ha mai affermato di essere stata salvata dall'agente Aiello.

Alle 11 del 5 giugno Aiello "ricorda meglio". E' con sbalorditiva disinvoltura che l'agente dichiara: "Effettivamente ora che ricordo meglio presi il manifesto dalle mani di una donna mentre mi trovavo nel cortile dopo aver portato in salvo un bambino. La donna però gridava: "i comunisti". Non sono in grado di indicare chi fosse detta donna. Non conosco la signora Mattei."
Così "stabilita la verità" il nostro cartello scompare definitivamente dalle scale "tra il 3° e il 4° piano" dello stabile di via Bernardo da Bibbiena, dove era rimasto per due mesi dopo il suo ritrovamento.

Il ritrovamento nel cortile

Tolto con urgenza il cartello da un pianerottolo dove proprio non poteva stare, si pone ora ai nostri giudici con drammaticità il problema di farlo ritrovare, all'esterno del palazzo, da qualcuno più avveduto e meno instabile emotivamente dell'agente Aiello.
Ormai il cartello c'è, esiste, è una prova concreta, è catalogato nei carteggi ufficiali sotto la voce "reperto C", non lo si può più far scomparire.
Il problema non deve essere di facile soluzione se dal 5 al 27 giugno nessuno riesce a risolverlo. Per 22 giorni questa prova fondamentale è veramente un fantasma. Ed alla fine, in mancanza di meglio, si ricorre ad un trucchetto: se è già verbalizzato che è stata Lucia Mattei a portarlo alla madre, tanto vale farglielo anche trovare!

Così il 27 giugno la ragazza si presenta al giudice e dichiara: "Scesi nel cortile. Vidi mia madre: c'erano anche altre persone. Prestai soccorso a mio fratello Giampaolo e lo presi in braccio. Dopo qualche minuto qualcuno prese a sua volta il bambino. Posando lo sguardo sul tombino che si trova alla sinistra della porta d'ingresso al fabbricato ove è sita la mia abitazione notai un cartello spiegato, ma leggermente arrotolato alle due estremità... Presi il cartello e mi diressi verso la mamma che stava a qualche metro di distanza. Mamma prese il cartello e pronunciò delle frasi come: "Sono stati i comunisti" o qualcosa di simile. Si avvicinò un agente di PS che prese il cartello".

Ma questa volta la versione deve essere "inattaccabile", a prova di controperiti: meglio rinforzarla con un altro testimone, così: "essendo le ore 13.05 è ricomparsa innanzi allo stesso ufficiale Mattei Lucia, la quale dichiara che anche una ragazza di nome Prestano Stefania che abita tuttora nello stesso fabbricato ha visto il cartello mentre io lo raccoglievo da terra. La ragazza stava vicino a me."
La Prestano, ascoltata il giorno dopo, non ha esitazioni: "Ricordo perfettamente che ad un certo punto vidi uscire dalla scala D Lucia Mattei che io conosco da tempo. Ricordo anche che vidi dopo qualche minuto Lucia chinarsi a raccogliere un foglio da terra. Poi corse verso la mamma dicendo qualcosa come "ecco una prova" o qualcosa di simile. Il foglio si trovava tra il portone d'ingresso al fabbricato scala C ed il portone d'ingresso scala D, e precisamente sopra il tombino di una chiavica".
Ormai l'altalena è finita, il cartello ha un suo posto stabile e lì resterà anche a chiusura dell'istruttoria.

Cerchiamo di vedere brevemente come ancora una volta la sistemazione del cartello non regga ad una analisi attenta dei luoghi e delle circostanze:

Si noti la parte inferiore della parete inutilmente ripulita dagli inquilini

  • L'abbandono sarebbe necessariamente avvenuto non oltre le 3 circa cioè non oltre l'inizio dell'incendio. Ma d'altra parte il suo ritrovamento non può essere avvenuto prima delle 3.45 circa. - Gli agenti Russo, Aiello e Frusteri furono, infatti avvertiti non prima delle 3.27 - Ebbene in questo considerevole lasso di tempo nel cortile stazionavano, andavano e venivano circa 100-150 persone tra coinquilini, vicini, personale delle ambulanze e dei vigili del fuoco. Nessuno di loro ha visto il famoso foglio che, "dispiegato", come afferma la ragazza, aveva le non indifferenti dimensioni di 1 metro per 1 metro.

  • Non lo ha visto G.B. Ciarmatore che subito dopo l'inizio dell'incendio esce con i suoi famigliari dalla scala D; non lo hanno visto la moglie e la figlia di Perchi, dirimpettaie dei Mattei, messisi in salvo tra i primi; non l'hanno visto gli inquilini della scala C quasi tutti scesi subito in strada; ma soprattutto non lo ha visto Anna Maria Mattei che pure è uscita dalla scala D passando necessariamente come gli altri a non più di mezzo metro dal tombino.

  • Ancora più curioso è il fatto che gli agenti Frusteri, Russo e Aiello così pronti, non abbiano visto nulla. Considerando inoltre che nella loro macchinosa opera di salvataggio essi dovettero passare sopra il cartello che si trovava appunto tra le due scale.

 

  • Ma c'è di più! Anche volendo ammettere che la totalità dei presenti fosse tuta impegnata a guardare in alto, qualcuno avrebbe dovuto quantomeno calpestare e sporcare il cartello. Da una foto scattata del reporter del "Messaggero" entro i primi 20-25 minuti dall'allarme si vede con chiarezza il tombino sul quale avrebbe dovuto essere il foglio. Si notano tracce di sporcizia, detriti carboniosi e fuliggine che avevano intanto invaso il cortile lasciando ancora una volta miracolosamente immacolato il nostro pezzo di cartone.

  • Inoltre una parte del cartello - "la sede del Msi" - fu rinvenuta a ben 15 metri dall'angolo con il tombino, un luogo al di fuori dei ogni ragionevole percorso non solo dei presunti attentatori ma anche dei protagonisti e soccorritori, tanto è vero che la striscia fu trovata soltanto la mattina dopo, alle ore 9.00, da un ragazzo dello stabile. Ma vedremo più avanti come anche questo elemento, così disomogeneo, abbia una logica e come sia indispensabile a chi voglia far apparire il fatto sotto la luce dell'attentato.

Un altro elemento alquanto strano:

E' evidente che il cartello all'atto del suo ritrovamento non fosse ancora completamente confezionato. Il ritrovamento è avvenuto verso le 3.45-3.50, quando il cortile era già pieno stracolmo di tutti i piccoli e medi fascisti della zona, degli alti papaveri del Msi (Romualdi, Gaetani Lovatelli, Marchio) e dei più rappresentativi protagonisti in divisa delle montature e delle provocazioni degli ultimi anni....

Gli altri cartelli
Cominciamo dal cartello rinvenuto nei pressi dell'auto degli Schiaoncin, la cui storia, piena di scomparse e ricomparse sembra quasi la prova generale di quanto sarebbe avvenuto al più famoso cartello di casa Mattei.
Il giorno 7 aprile alle 6.30 viene trovata incendiata la Fiat 600 di Anna e Marcello Schiaoncin. Il maresciallo Della Rovere compila un rapporto sul fatto e dichiara di aver sequestrato "una tanica di plastica di litri 5 in parte bruciacchiata rinvenuta sul sedile posteriore dell'auto" ed "un tubo di ferro della lunghezza di cm. 50 rinvenuto sul ciglio della strada ed evidentemente usato dagli ignoti allo scopo di rompere il deflettore destro dell'auto". Nel verbale non si fa cenno ad altri reperti. - Atti, vol. 2" fasc. III -
 
Il 7 aprile il commissario capo Secchi stila anche lui un verbale e lo invia alla Procura della Repubblica: "... essersi poi appreso che su lunotto posteriore detta auto la Menna Anna ha rinvenuto biglietto, appiccicato con nastro adesivo con seguente dicitura: - Attenti fascisti, banda Tanas -". E' da notare che la Schiaoncin in realtà consegnò il foglietto solo il 10 aprile!!!
 
Il rapporto del 2 maggio riconferma che gli agenti intervenuti sul posto non avevano trovato alcun foglio e che questo era stato consegnato solo più tardi dalla Schiaoncin, ma aggiunge un particolare inedito, utile forse a giustificare la strana preveggenza di Secchi: "Nella stessa mattinata del 7 aprile, il Brigadiere di PS Artificiere Ciccioni Mario, portatosi in quest'ufficio per consegnare la sua relazione di servizio, riferiva di aver inteso, nei pressi dell'auto presa di mira dagli ignoti, che sul lunotto posteriore era stato rinvenuto dalla Menna Anna, prima dell'arrivo della Polizia, un biglietto appiccicato con nastro adesivo recante la seguente dicitura: "Attenti fascisti - banda Tanas".
Solo più avanti una annotazione comincia ad aprire una possibilità di spiegazione a tutta l'intricata vicenda: "Si ritiene doveroso, riferire che in occasione dell'attentato compiuto ai danni della Sede del Msi di via Svampa 17, alle ore 2.50 dell'11 aprile, lo scrivente, entrato nei locali della Sezione, ebbe modo di notare, sul tavolo del Segretario Mattei Mario, giunto sul posto in quanto avvertito del fatto da personale di quest'ufficio, alcuni fogli fotostatici riproducenti il foglio di cui sopra. E' verosimile, quindi, che la Menna Anna, prima di versare il foglio in quest'ufficio, abbia consegnato lo stesso al citato Mattei Mario, il quale ha provveduto a farlo riprodurre."
Ma le sorprese non sono finite!!
Interrogata il 4 maggio la Schiaoncin afferma:
  1. Smentisce di aver trovato lei stessa il foglietto e inserisce un nuovo personaggio - netturbino di cui non ricorda il nome - che le avrebbe porto il cartellino.

  2. sostiene che, mentre un poliziotto rifiutò il foglietto con la distratta motivazione "che c'entra con l'attentato?", un altro si mise d'accordo con lei per andarlo a ritirare nella sezione del Msi una volta che fosse stato visto dal segretario fascista;

  3. Smentisce di essere stata lei a consegnare alla polizia il cartello (negando così i rapporti consegnati alla Procura di Roma) e afferma che fu Mattei Mario che lo dette alla polizia ma dopo l'attentato dell'11.

Una storia di cartelli fantasmi, piena di contraddizioni, omissioni, falsi testimoni, rei confessi......