- Indice
-
- Primavalle
è rossa
la sezione "Giarabub"
- il
fatto
i protagonisti
alcuni giorni prima
quella sera
la notte
le tante strade della
provocazione
il veggente di borgata
il supertestimone
un certo Mulas
i luoghi ed i volti
il cartello fantasma
incendio a porte chiuse
la tanica scomoda
-
- i
camerati si telefonano
perizia e controperizia
|
LE
TANTE STRADE DELLA PROVOCAZIONE Su
indicazione dei fascisti scatta la montatura della
polizia: sono via via coinvolti il Pci, Avanguardia
Operaia, il collettivo del Castelnuovo, Potere Operaio.
Bisogna a tutti i costi
addossare la colpa alla sinistra.
Sono le ore successive all'incendio di pirmavalle, è la
mattina di lunedì, viene aperta l'inchiesta che fin
dall'inizio si muove con un unico indirizzo: la sinistra.
Il 7 aprile lo squadrista Nico Azzi fallisce per poco il
tentativo di far esplodere sul direttissimo Torino-Roma
un ordigno capace di provocare una strage di immani
proporzioni. Quale fosse lo scopo di questo attentato è
subito chiaro quando viene trovato sul luogo
dell'incidente un biglietto ferroviario acquistato a
Pavia, dove, nelle stesse ore, era in corso una grossa
manifestazione organizzata da Lotta Continua.
Come se non bastasse sul treno vengono trovate
numerose copie lasciate alla rinfusa, di Potere Operaio e
Lotta Continua. Fallita la strage del treno si passa al
secondo tentativo: il comizio di Ciccio Franco a Milano
in cui le bombe fasciste uccidono l'agente di PS Antonio
Marino. Immediatamente i fascisti tentano di addossare
l'assassinio a provocatori "infiltrati". Ma gli
va male. L'Unità pubblica le fotografie dei fascisti
mentre lanciavano le bombe. Il Msi è costretto a correre
ai ripari. Scarica i suoi Killers denunciandoli
direttamente alla polizia. Ma la situazione precipita
sempre più: gli squadristi, isolati, messi colle spalle
al muro parlano, fanno i nomi dei veri responsabili. Il
Msi è coinvolto fino al livello dei suoi massimi
dirigenti.
|
La notte di domenica 15 aprile brucia la casa del segretario
missino di primavalle. Dopo pochi minuti è già sul posto lo
stato maggiore del Msi. Bisogna a tutti i costi addossare la
colpa alla sinistra.
Il regista della manovra costruita subito dai fascisti è il
consigliere comunale del Msi, Michele Marchio. Citiamo
integralmente la relazione di servizio al commissariato di
primavalle redatta dagli appuntati Priolesi e Ripepi nelle
primissime ore posteriori all'incendio.
"Informo la S.V., che, come da ordini ricevuti, alle ore
6 circa del 16.4.1973 mi sono portato presso il dormitorio
pubblico di primavalle sito in via F. Borromeo 77, allo scopo di
rintracciare un sardo in possesso di un'auto Giulietta,
alloggiato in detto dormitorio. Sul posto venivo a conoscenza che
poteva trattarsi di certo Lampis Angelino di Angelo, nato a
Pabillonis - Cagliari - il 1312.1937, e portatomi presso i box
occupati dalla famiglia Lampis, accompagnato da portiere di
servizio, trovavo la di lui moglie alla quale chiedevo del
marito. Costei mi informava che il consorte non era in casa, in
quanto, poco prima era uscito per telefonare al suo datore di
lavoro e che, da lì a poco, sarebbe ritornato perché aveva
lasciato la colazione del giorno. A questo punto ritenevo
opportuno informare telefonicamente l'ufficio che avevo potuto
appurare, intrattenendomi sul posto ancora per alcuni minuti, poi
vista la mia vana attesa, rientravo in ufficio. Poco dopo
unitamente al pari grado Ripepi, facevo ritorno sul posto per
cercare di rintracciare il Lampis e, nei pressi del dormitorio,
ci veniva incontro la moglie del predetto, la quale ci informava
che il marito era stato da lei visto, poco prima, salire a bordo
di una auto della polizia, con targa civile, e che senz'altro si
era diretto al commissariato. Chiedevo notizie all'ufficio, ma mi
veniva riferito che il Lampis non si era colà portato. Ci siamo
messi sulle tracce dell'auto di colore blu, Fiat 127 con targa
Roma k8..., notata dal portiere del dormitorio con nel retro del
sedile posteriore un cappello da cacciatore di colore bianco, per
cui ci si rendeva conto che non poteva trattarsi di auto in
dotazione alla polizia.
Pino
Romualdi e Giovanni Serafini
|
Successivamente, per voce del segretario della
sezione del Msi di Monte Mario, Domenico Franco, il quale
si trovava nei pressi dell'incendio, e al quale ci
eravamo rivolti, poco prima per avere qualche notizia
utile sulla predetta auto, notata in B. da Bibbiena nel
momento in cui il Lampis vi era salito a bordo, si
apprendeva che la stessa era di proprietà dell'avv.
Marchio. Quanto sopra si è svolto entro le ore 10" Questo
documento è stato trattenuto all'ufficio politico della
questura e il commissario capo Improta lo ha trasmesso al
giudice istruttore soltanto il 2 maggio, con ben tredici
giorni di ritardo.
E' questa la prima prova di come le indagini siano
state materialmente pilotate di fascisti.
|
La provocazione contro il partito comunista
La prima mossa verso la pista rossa scatta subito, e a metterla
in moto è il commissario capo di Primavalle, dottor Secchi,
l'uomo che da avvio alle prime indagini. A soli 90 minuti
dall'incendio, infatti, si ricorda che il 30 gennaio aveva
ordinato di perquisire l'abitazione del presidente
dell'associazione Italia -Cina, Umberto Ascani. Dato che in
quell'occasione: "il personale operante notò numerosi
rotoli di carta usati dall'Ascani, pittore e cartellonista, per
approntare manifesti politici commissionatigli dal Pci e da altri
partiti della sinistra di cui è attivista".
Secchi pensa bene di emettere un immediato ordine di
perquisizione. Subito dopo il tiro viene spostato più in alto,
su un membro del Comitato centrale del Pci: "poichè da
notizie confidenziali che vengono da persone attendibili, si è
appreso che probabile organizzatore dell'incendio stesso sarebbe
stato tale Calabri Ennio, in oggetto indicato, si prega ...di
eseguire una perquisizione domiciliare nell'abitazione di
quest'ultimo allo scopo di rinvenire materiale che abbia
attinenza con il fatto"
La posta in gioco è grossa, ma il procuratore Sica non si
paventa; alle 8.55 avalla l'orientamento delle indagini, non
curandosi di accertare nè la fonte nè il suo grado di
attendibilità.
"L'Unità" del 17 aprile rileva con sdegno che si
era dato seguito con sorprendente rapidità ad una provocatoria e
assurda segnalazione anonima. La soffiata non è però senza
volto e per giunta l'informatore non è stato nemmeno coperto con
un pò di abilità. Il dottor Secchi, infatti, nella richiesta di
perquisizione rivolta a Sica, fa un lapsus illuminante quando
scrive "tale Calabri, pittore non meglio indicato",
lapsus ripetuto da Sica che mantiene la deformazione del cognome
Calabria in Calabri. Ebbene gli atti ufficiali dell'inchiesta non
lasciano dubbi: l'informatore è il Lampis. E' lui infatti a
storpiare in questo modo il cognome di Calabria ogni volta che
negli interrogatori avrà occasione di citare il pittore
comunista"
- Ma quando Secchi ha avuto la soffiata da Lampis?
-
- La richiesta di perquisizione del commissariato
parte alle prime ore del 16 aprile mentre il
primo interrogatorio di Lampis al commissariato
è alle 10.40. Tutto lascia pensare che subito
dopo l'incendio, davanti a casa Mattei, non sia
solo l'avvocato Marchio a parlare con Lampis, ma
anche il commissario.
L'incredibile tentativo di provocazione su
Calabria e il Pci, comunque, ha avuto il suo
antefatto già nella settimana precedente come si
riscontra negli interrogatori dei Mattei. Anna
Maria Mattei afferma che l'8 aprile Lampis parlò
loro: "di un pittore che abita alla borgata
Focaccia, uomo danaroso, presso il quale si
sarebbe recato il giorno dopo per avere del
denaro".
-
- E dopo l'attentato a via Svampa Lampis parlò ai
Mattei di "un finto pittore che
sovvenzionava questi attentati e aveva speso 850
mila lire per disturbare un nostro comizio a
Monte Mario". In quell'occasione Lampis
arrivò a dire che questo "finto
pittore" avrebbe dovuto "riceverlo una
delle prossime sere, perchè gli doveva
consegnare dell'esplosivo".
La confusione è enorme: Lampis non ì ha neanche
deciso che ruolo attribuire a Calabria, da
simpatizzante-finanziatore del Msi a mandante
degli attentati degli estremisti di sinistra. Nel
primo interrogatorio aveva fatto in modo di
inserire il nome del pittore nel racconto della
sua frenetica domenica - afferma di averne
parlato con Rosario Fresta noto fascista, anche
se questi nega e precisa di aver parlato solo di
lavoro, successivamente cambierà interlocutore e
dirà di averne parlato con Carroni.
|
|
- Più tardi dirà che fu invece il Carroni a fargli il
nome del pittore. Alla fine si tirerà indietro
definitivamente quando affermerà che le dichiarazioni a
Mattei circa il pittore e gli attentati erano bugie,
frottole dette a Mattei perchè "lui non mi
credeva".
La perquisizione è negativa, il teste
"attendibile" si contraddice, l'Unità replica
indignata e Calabria sporge denuncia, alla quale fa eco
il capo dell'ufficio politico Provenza che ribatte:
"Tutte le perquisizioni sono risultate negative, ma
non è detto che indagini su singole persone siano
finite".
-
- La provocazione contro Avanguardia Operaia
Sempre la mattina di quel lunedì 16 aprile
a tutte le volanti viene consegnata la targa di una 500,
fornita dal solito Lampis. E' una macchina che il Lampis
ha visto girare per primavalle la mattina di domenica. La
magistratura scatena subito la caccia al proprietario che
viene fermato in via Gregorio VII, portato ai carabinieri
viene interrogato dal capitano Cornacchia. Il
proprietario della vettura è uno studente militante di
A.O., ma la magistratura non trova alcun elemento, in
quanto i giovani il giorno prima stavano semplicemente
distribuendo il giornale fatto da organizzazioni di
sinistra. Ma questa abituale pratica di propaganda nel
quartiere a Lampis era sembrata tanto importante tanto da
giustificare un pedinamento, al termine del quale aveva
ricopiato il numero di targa della 500 e, la sera lo
aveva portato a Virgilio Mattei precisando che era la
targa di quelli che avrebbero dovuto fare l'attentato.
-
- La provocazione contro Potere Operaio
In quelle stesse ore Di Meo e Fidanza stanno scorrazzando
tra il quartiere e il commissariato, per far fare al
netturbino Speranza, che abita davanti alla sede di
Potere Operaio, i nomi dei "suoi amici", certi
Achille e Marino. Anna Maria Mattei nell'interrogatorio
del 17 mattina, dopo aver parlato un'ora con Almirante,
tenta di coinvolgere Potere Operaio nell'attentato col
tritolo alla giarabub. Del resto i giornali fascisti già
il 16 sera escono con titoli di testa: "sono di
Potere Operaio"; il Momento Sera del 16 scrive:
"Un giovane aderente a Potere Operaio è stato
fermato nel primo pomeriggio dei carabinieri. Il ragazzo
qualche giorno fa rivolgendosi a Mario Mattei avrebbe
detto: "stai attento a te; uno di questi giorni ti
bruceremo la casa"
- Ebbene il 16, nessun militante di Potere Operaio era
stato ancora interrogato , nè cercato.
Paolino Dell'Anno
|
A mettere in moto la provocazione questa volta è il
commissario Merola, il quale - trasferito da primavalle
al commissariato di piazza Mancini per collusione con la
mafia locale e per traffico di droga - viene recuperato
per l'occasione con il ruolo di esperto. E Merola
dimostrerà subito tutta la sua esperienza sequestrando
Claudio Nesti, e sottoponendolo a interrogatorio con
pestaggio. Ma cosa vuole Merola dall'ex alunno del
Castelnuovo? Nesti lo denuncia per sequestro e percosse.
Il solito Provenza fa una controdenuncia per calunnia
contro Nesti e Marino Sorrentino che a sua volta aveva
denunciato il fatto alla stampa. La scelta di Merola
aveva un indirizzo preciso: Nesti infatti è amico di
Marino Sorrentino, riconosciuto esponente del collettivo
politico del Castelnuovo, e preso di mira dalle sentenze
esemplari del giudice Dell'Anno. Ebbene, con Nesti la
polizia cerca di chiudere un primo cerchio; Dell'Anno
aveva fatto arrestare Sorrentino e denunciato molti altri
militanti tra cui Achille Lollo, per manifestazioni
sediziose; ma Dell'Anno era anche stato oggetto di un
attentato che immediatamente dopo l'incendio di
primavalle gli inquirenti e la stampa indicarono come
uguale, nella tecnica a quello di casa Mattei. A questo
punto il gioco è fatto per i magistrati e poliziotti, si
tratta ora di trovare dei nomi. Il netturbino Speranza,
convinto dai suoi superiori, Di Meo e Fidanza, parla di
Achille e Marino e l'ufficio politico della questura si
precipita a identificarli.
Che sia un'equazione a troppe incognite anche per gli
inquirenti è dimostrato dal fatto che Sica,
aggrappandosi alle affermazioni dello Speranza, è
costretto a spiccare i due mandati di cattura soltanto
per "uso, detenzione e trasporto di esplosivi".
|
- Dichiarerà sentendosi in dovere di giustificare che:
"esistono degli indizi per quelle bombe.
-
- In periodo normale avrebbero portato probabilmente solo
ad un avviso di reato. Ma dovete capire che la situazione
è eccezionale".
E quali sono questi indizi? Il pacco di sale di cui ha
parlato il netturbino. Siamo al primo passo di una
impresa che anche la stampa moderata non esiterà a
bollare definendola un "autentico funambolismo
procedurale"; ma Provenza a mezzanotte del 17 aprile
si reca da Sica a fare il nome dei due indiziati, e
chiedere dei mandati di cattura, quali che siano, con
qualsiasi motivazione pur di avere subito dei
"colpevoli".
-
- Provenza deve concludere a tutti i costi; ha già preso
troppe cantonate. Questa volta la manovra deve andare in
porto. E allora bisogna arrestare subito qualcuno, magari
attribuendogli reati precedenti, al solo scopo di
acquisire indizi. E' così che si arriva all'arresto di
Achille Lollo, Marino Sorrentino riesce a darsi alla
latitanza.
Lollo resta in isolamento per tre giorni: 72 ore in cui
nessuno gli chiede ragione di nulla, in cui nessuno lo
interroga. Dopo tre giorni è Sica ad interrogarlo, non
per l'uso e detenzione di esplosivo che costituiscono il
motivo dell'arresto, ma per strage. Alle proteste dei
difensori Sica indizia Lollo e Sorrentino di reato di
strage. Ma il giudice ammette palesemente l'espediente
incredibile cui ha fatto ricorso, con una sorta di
evidente autocritica: "effettivamente si tratta di
un mezzo tecnico, tuttavia è anche un atto conseguente
ad una serie di elementi che si sono integrati nel corso
dell'istruttoria"
-
|
- Non si tenta neanche più di mascherare la
manovra, forse perché c'è ormai la sicurezza di
una protezione ad alto livello: il consigliere
Gallucci, braccio destro del procuratore generale
Spagnuolo, sarà infatti presente a questi tutti
gli interrogatori dei testi. Naturalmente non in
veste ufficiale. Questa farsa durerà svariati
giorni, finchè un militante di Potere Operaio,
Marino Clavo, a riprova della tranquilla
consapevolezza della sua estraneità al fatto, il
25 aprile manderà al magistrato una lettera,
resa pubblica in anticipo da una conferenza
stampa nella sede di P.O., in cui svergogna
l'identificazione di Sorrentino, dichiarando di
essere lui quel "Marino" che si recò
con Lollo a casa Speranza. E dire che Sorrentino
era stato identificato non a caso, ma anzi sulla
base della lettura degli atti finora acquisiti e
degli accertamenti svolti".
|
- In questura è il panico: il capo dell'ufficio politico,
Provenza, viene posto sotto accusa; è stato lui con i
suoi uomini, ad affrettare le indagini per trovare al
più presto un colpevole di comodo, è stato lui a dare
in mano ai giudici un nome sbagliato.
- Ma Provenza non si perde d'animo: dopo la lettera di
Clavo, si ostina ad affermare che il vero
"Marino" è Sorrentino, che esistono validi
indizi contro di lui. Marino Clavo non esiste - afferma
Provenza - perché non esiste negli schedare alcuna
persona con questo nome, e quindi si tratta di
un'evidente invenzione. Insomma, dello scomodo autore di
una scomoda lettera si nega perfino l'esistenza pur di
non smentire la pista intrapresa nell'indagine. E, a
chiarire che Marino Clavo esiste davvero, ci penserà non
la polizia, bensì un giornale il quale ne pubblicherà
il libretto universitario.
-
- Negli ambienti della questura intanto viene fatta
circolare la voce che la lettera sia stata scritta ad
arte per intralciare le indagini, Clavo viene perfino
definito personaggio fantomatico, anagraficamente
inesistente e perciò inafferrabile. Tanto inafferrabile
che la prima mossa per trovarlo sarà decisa da Sica: un
ordine affinchè la questura ricerchi questo Clavo
"in tutti gli alberghi romani". Il 27 aprile,
l'ufficio politico della questura è costretto a
comunicare a Sica l'avvenuta identificazione di Marino
Clavo. Ed il giorno stesso, Sica dichiara chiusa
l'istruttoria sommaria, depositando le sue richieste ad
giudice istruttore Amato. Con scambio di persona
evidentissimo tra le mani, Sica mantiene tutta la sua
eleganza e non trova altra soluzione che aggiungere un
altro Marino, chiedendo che si procede: "contro
Achille Lollo e Marino Sorrentino, considerando entrambi
indiziati dei reati di strage e di incendio doloso.
Vorrà il giudice istruttore del pari considerare
indiziato dei medesimi reati, e di quelli già attribuiti
al Sorrentino anche Marino Clavo. Disporrà in proposito
ricognizione fotografica da parte dello Speranza Aldo
nelle persone del Sorrentino e del Clavo."
|
Torniamo a Provenza. Il giornali non gli risparmiano
le accuse; il 30 aprile perfino il consigliere istruttore
Gallucci è costretto ad interrogarlo per chiarire alcuni
equivoci che hanno notevolmente influito
sull'orientamento dell'indagine; e cinque giorni più
tardi la Procura della Repubblica è costretta ad usare
un'arma raramente adottata, il comunicato ufficiale per
soccorrere il capo dell'ufficio politico. Afferma la
Procura che: "in relazione alle notizie di stampa
che vengono diffuse sulle indagini di Primavalle, si
rende noto quanto segue: le indagini stesse fin dal primo
momento sono state dirette dal sostituto procuratore
della Repubblica di turno; l'ufficio politico della
questura e i carabinieri della legione Roma hanno svolto
accertamenti ed in base ad ordini precisi del magistrato
secondo quanto disposto in materia delle norme di
procedura penale. Alla luce di quanto sopra le critiche
rivolte al dottor Provenza sono assolutamente prive di
qualsiasi fondamento." |
- Ma il caso Sorrentino non è ancora chiuso,, solo la
sentenza di rinvio a giudizio del giudice istruttore
Amato del 28.12.1973 scagionerà definitivamente l'ex-
studente. Nel frattempo verrà arrestato un terzo
militante di Potere Operaio, Manlio Grillo, anche lui
sulla base di indizi inconsistenti ma con l'aggravante di
essere amico di Lollo e Clavo.
La credibilità della montatura contro P.O. ridotta ormai
ad aggrapparsi solo alle parole dello spazzino Speranza
riceverà il colpo di grazia il 9 luglio quando la
controperizia dimostrerà inequivocabilmente la tesi
dell'incendio dall'interno; e crollerà definitivamente
quando l'8 gennaio 1974 verrà arrestato con
l'imputazione di violazione di domicilio, strage e
incendio doloso per l'attentato a Dell'Anno il fascista
Gianni Quintavalle uno dei picchiatori al servizio dei
duri della giarabub.
I fascisti incassano male il colpo e subito dopo il primo
arresto per l'attentato a Dell'Anno si precipitano a fare
marcia indietro sulla ipotesi della identità delle
tecniche tra l'attentato a Dell'Anno e l'incendio in casa
Mattei, ipotesi che per primi avevano avallato. "Il
Secolo" del 24.12.73 contraddicendo apertamente la
posizione precedente avanza l'ipotesi che ad
"appiccare il fuoco a casa Mattei non siano stati
dei politici, ma dei volgari malfattori". Inoltre
subito dopo l'arresto di Gianni Quintavalle, il 10.1.74,
la federazione romana del Msi si precipita a rilasciare
questa dichiarazione: "il signor Gianni Quintavalle
non è iscritto al Msi, ciò per motivi ovvi e precisi in
quanto in un passato recente ha preso parte attiva alla
vita politica romana nell'ambito della D.C."
Ma il Secolo del 30 marzo 1971 aveva pubblicato una
dichiarazione che si commenta da se: gli auguri della
redazione al camerata Gianni Quintavalle per la nascita
del figlio.
- Con l'arresto del fascista Quintavalle per l'attentato a
Dell'Anno cade l'ultimo anello costruito da fascisti,
magistratura e polizia nel tentativo di colpire la
sinistra rivoluzionaria. Ma il contraccolpo non colpisce
solo i fascisti, questo nuovo elemento fa crollare
miseramente tutta la base dell'accusa costruita così
faticosamente. E il giudice Amato allora si affretta a
chiudere l'istruttoria il 29 dicembre 1973.