Indice
 
Primavalle è rossa
la sezione "Giarabub"
il fatto
i protagonisti
alcuni giorni prima
quella sera
la notte
le tante strade della provocazione
il veggente di borgata
il supertestimone
un certo Mulas
i luoghi ed i volti
il cartello fantasma
incendio a porte chiuse
la tanica scomoda
 
i camerati si telefonano
perizia e controperizia
I LUOGHI E I VOLTI

Una fotografia sulla situazione politico-economica di Primavalle nel 1973

Primavalle è la più popolata e la più povera delle borgate romane. In 190 ettari sono stipate ottantamila persone. La popolazione di una città come Monza o Varese; l'indice di densità demografica del quartiere è altissima: 4200 abitanti per chilometro quadrato.

Il reddito medio, inferiore a quello della Calabria, non raggiunge le trecentomila lire all'anno pro-capite. Un quinto degli abitanti sono disoccupati, moltissimi i sottoccupati. Primavalle è un quartiere proletario e rosso, ed il Pci ne è il partito egemone.

La sinistra rivoluzionaria ha svolto un ruolo specifico nel quartiere attraverso una serie di strutture organizzative come il comitato degli studenti del Castelnuovo, il comitato operaio edile, il comitato di lotta, attorno ai quali si sono formati processi di aggregazione proletaria che hanno condotto a significativi momenti di lotta. Si capisce come in questo contesto non ci sia posto per i fascisti che, ridotti a una minoranza sparuta e divisi al loro interno, trovano l'unica area di manovra tra lo strato più ricattabile del sottoproletariato del quartiere che sfruttano per taglieggiare i commercianti e organizzare azioni squadristiche nelle zone "più sicure" di Monte Mario e Boccea. La sede del Msi di Primavalle riflette in pieno questa situazione. Avulsa dalla realtà di borgata e ignorata dai suoi abitanti è teatro continuo di liti e risse tra fascisti, anche qui divisi tra "falchi" e "colombe".

La notte tra il 15 e il 16 aprile l'abitazione del segretario missino di Primavalle, Mario Mattei, al terzo piano del lotto 15 di via Bernardo da Bibbiena, va a fuoco. Nell'incendio muoiono Virgilio, segretario della sezione giovanile del Msi e Stefano Mattei.

Nella notte, subito dopo l'allarme, sotto casa Mattei si era riunita una folla "importante". Contemporaneamente allo Stato Maggiore di polizia e carabinieri sono presenti sul posto i maggiori esponenti del neofascismo romano: il "federale Gaetani Lovatelli, il deputato Michele Marchio, Pino Romualdi ed altri grossi nomi.

Nei giorni precedenti all'incendio, tra "ordinovisti" e almirantiani vi erano stati grossi litigi, sfociati in una violenta rissa proprio alla vigilia di quel 15 aprile. La sezione di via Svampa, del resto, era da tempo tra le più difficili; sciolta quando i "duri" vi avevano preso il sopravvento e si erano imbarcati in azioni troppo pericolose per la rispettabilità della gestione almirantiana, era stata riaperta sotto la direzione di Mario Mattei fautore della cosiddetta linea morbida. Da allora le liti e le discussioni continue tra la frangia oltranzista e Mattei erano all'ordine del giorno.

Speranza, netturbino, iscritto al partito repubblicano, è il supertestimone d'accusa: inventa storie contro i militanti di Potere Operaio, ma soltanto dopo essere stato "convinto" - pistola alla mano - dal suo diretto superiore di lavoro Alessio Di Meo. La stessa vicenda giudiziaria di Speranza è esemplare: usato nelle prime ore come superteste, diventa presto testimone reticente, quindi correo nel reato di strage. Infine scagionato dall'accusa di strage, è di nuovo utilizzabile come teste d'accusa.
Angelo Lampis è soprannominato il veggente di Primavalle, perché predice gli attentati che poi puntualmente si verificano. Il giorno prima dell'incendio compra una macchina fotografica di cui si servirà la domenica mattina per fotografare i militanti di Avanguardia Operaia che distribuiscono volantini nel quartiere. La sera del 15, sei ore prima del fatto, andrà a casa Mattei e parlerà con Virgilio "predicendogli" un attentato con benzina. Risulta da alcune testimonianza che la notte del 15 non fece ritorno a casa; quello che è certo è che sarà tra i primi sul luogo dell'incendio, pronto lì con la sua macchina fotografica a scattare foto. Nella perquisizione a casa sua vengono trovate armi, munizioni e taniche.
Paolo Mulas, conosciuto come "Ramon", è un duro della sezione Giarabub. Malgrado sia stato interrogato tra i primi, il suo nome non compare in nessuno degli atti dell'inchiesta. Eppure si sa che è stato proprio lui a fare il nome di Lampis ed in molti hanno ascoltato le prime parole di Anna Maria Mattei subito dopo l'incendio: "Cercate Paolo... lui sa tutto..." Polizia e Magistrature preferiscono che "non esista".

L'incendio di Primavalle avviene in un momento estremamente opportuno per il Msi: tre giorni prima a Milano nel famoso "giovedì nero", l'agente di PS Antonio Marino era stato ucciso da una bomba a mano lanciata dai fascisti. E i fascisti infatti si dimostrano prontissimi a sfruttare ogni possibile uso politico dell'episodio di Primavalle, e muove subito tutti i loro pezzi grossi.

Pino Romualdi accorso in fretta sotto casa Mattei si sofferma a parlare con uno dei soccorritori, Giovanni Serafini.

Alessio Di Meo, "ordinovista", caposquadra della 29° zona della nettezza urbana, il più diretto antagonista di Mattei. Alla vigilia dell'incendio prende quattro giorni di permesso dal lavoro; e subito dopo l'incendio sarà tra i primi a fare la spola con il commissariato per indirizzare le indagini verso la costruzione di quella montatura che, a tutti i costi, doveva colpire e coinvolgere la sinistra.

Anna Schiaoncin e suo marito Marcello sono altri due fascisti della Giarabub. La coppia, ma in particolare la donna, commette delle imprudenze all'indomani dell'incendio, rilascerà un intervista al "Messaggero" in cui vengono a galla tutte le magagne della sezione missina di via Svampa. Come se non bastasse parlerà anche di un "traditore", un dissidente dalla linea morbida. All'indomani di questa intervista il Msi farà sparire i coniugi Schiaoncin per due giorni, nascondendoli in una Pensione di via IV Fontane - nella stessa via si trova la casa di Almirante -

Indottrinati alla meglio, verranno mandati dal giudice: durante l'interrogatorio del marito, battendo i pugni sulla porta la signora griderà: "Cretino non fare nomi!".

Michele Marchio, consigliere comunale e deputato del Msi, copre fin dalle primissime ore dall'incendio il ruolo di consigliere di tutti i fascisti implicati nella vicenda: è suo il compito di sottrarre dalla scena i personaggi che scottano di più e che potrebbero rilasciare dichiarazioni sconvenienti per il partito.

Loffredo Gaetani Lovatelli, è il consigliere di Mattei. La notte dell'incendio il Mattei, appena scappato al fuoco, telefona al federale: "Dottò, m'è successo un guaio". Gaetani Lovatelli accorre e si chiude con lui in una stanza dell'appartamento di un vicino.

Domenico Sica è il magistrato che guida le indagini e che avalla tutte le indicazioni dei fascisti. Nella affannosa ricerca di trovare un colpevole, purché "rosso", polizia e magistratura prendono cantonate continue. La ricerca di un colpevole a tutti i costi viene risolta con l'arresto di Achille Lollo, ma il reato contestatogli si riferisce ad un episodio diverso: uso e detenzione di esplosivi. Sica tiene per tre giorni Lollo in isolamento senza interrogarlo - non avrebbe del resto saputo cosa chiedergli - e alla fine, pur senza prove, lo indizia di strage. E' tanta la fretta di Sica e Provenza di trovare i colpevoli, tanto infondate le loro accuse contro Lollo, tanto marchiano il loro errore sui due "Marini" che anche la stampa moderata attaccherà il loro modo di procedere definendolo "un autentico funambolismo procedurale".

Più tardi Sica si trasformerà anche in un "superperito" pronto ad inventare litri di benzina in più ed una tanica fuori dal pianerottolo dei Mattei per giustificare l'assurda ipotesi dell'attentato: tutto pur di colpire dei militanti comunisti e tenere in piedi una montatura che fa acqua da tutte le parti.

Subito dopo l'incendio di casa Mattei gli ambienti della Questura e la stampa, soprattutto quella fascista, erano d'accordo a definire l'incendio come uguale, nella tecnica, a quello appiccato alcuni mesi prima alla casa del giudice Paolo Dell'Anno. Tutti i giornali scrivevano: "Dell'Anno e Mattei, stessa tecnica".

E', quindi, non a caso che i due nomi costruiti per avere i "colpevoli" siano subito quelli di Achille Lollo e Marino Sorrentino, tutti e due con l'utile precedente di aver guidato le lotte al Castelnuovo e di essere stati denunciati proprio dal giudice Dell'Anno, per la loro attività nella scuola. Ma l'8 gennaio 1974 verrà arrestato con l'imputazione di violazione di domicilio, strage, incendio doloso per l'attentato Dell'Anno, il fascista Gianni Quintavalle, uno dei picchiatori al servizio dei duri della Giarabub. Questo che voleva essere uno dei puntelli fondamentali della montatura costruita dai fascisti, magistrati e poliziotti, è crollato miseramente ritorcendosi addirittura contro i suoi stesi organizzatori.