Indice
 
Primavalle è rossa
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il cartello fantasma
incendio a porte chiuse
la tanica scomoda
 
i camerati si telefonano
perizia e controperizia
PERIZIA E CONTROPERIZIA

Il 27 aprile 1973 il giudice Sica, dopo 11 giorni di indagini in cui non si è nemmeno posto il problema di accertare che cosa sia accaduto la notte del 16 aprile dentro l'appartamento dei Mattei, conclude con una richiesta di procedimento "nei confronti di ignoti, imputati di strage e di incendio doloso".

Solo il 30 aprile il G.I. Amato si decide ad ordinare la perizia tecnica sull'incendio. E' un passo verso l'accertamento rigoroso della verità? Niente affatto. Dopo una settimana senza attendere i risultati liquida il vergognoso affare Sorrentino, e trasforma gli "indiziati" in "imputati". A Sorrentino subentra Clavo e si aggiungono Aldo Speranza e Manlio Grillo, per cui basta l'identificazione come il "terzo" che si trovò in casa Speranza la sera del 15 aprile.

La perizia ha quindi per i giudici solo una funzione: fornire una conferma alle motivazioni dei mandati di cattura già emessi, far risultare una speigazione dell'incendio adeguata alla tesi precostituita dell'attentato dall'esterno. Per ottenere questo basta ai giudici formulare quesisti che danno già per scontato la loro tesi: ai periti infatti non si chiede di accertare "dove e in base a quali cause divampò l'incendio" sulla base dei rilievi tecnici e dei dati oggettivi, bensì di descrivere "come fu appiccato il fuoco".

E a maggio i periti d'ufficio assolvono prontamente a questa funzione con una relazione preliminare di tre pagine, di una avvilente povertà tecnica, nella quale per dimostrare l'indimostrabile - come cioè, ammesso un focolaio esterno, il fuoco potesse passare all'interno - si cacciano in contraddizioni inestricabili.

E così il 26 giugno i periti cercano una soluzione con un secondo documento, la perizia d'ufficio, in cui le contraddzioni sono superate con rocambolesche trovate: l'incendio fu appiccato "aspargendo" della benzina sulla faccia esterna della porta di casa Mattei, e poi vi fu dato fuoco.

Che importa se lo zerbino che stava sul pianerottolo non presenta tracce di idrocarburi, se i danni sul pianerottolo sono irrilevanti al confronto con quelli dell'interno di casa Mattei?

Ma, come spiegare che il fuoco si è propagato verso l'interno dell'appartamento, se gli stessi "periti d'ufficio" devono ammettere che ciò non sarebbe, in nessun caso, potuto avvenire con la porta chiusa, protetta per di più da una soglia di marmo rialzata?

Per rispondere i periti non esitano a cadere nel ridicolo: il fuoco - prodotto da due litri di benzina - passò all'interno... quando qualcuno dei Mattei aprì la porta! A quali assurde conclusioni portasse questa fantasiosa tesi fu dimostrato dalla controperizia presentata il 9 luglio, che smantello punto per punto le affernazioni dei periti e ricostruì una rigorosa e inoppugnabile meccanica dell'incendio fondata, oltrechè su dati scientifici, sulle stesse testimonianze dei Mattei che i periti avevano ignorato.

Fu un colpo duro per Sica e Amato: avevano chiesto una tranquilla conferma della tesi accusatrice e ne riceveranno una clamorosa smentita.

Nell'imbarazzo lasciano così altri due mesi Lollo in galera, senza chiudere l'istruttoria, e il 29 settembre tornano a convocare i periti, chiedendo loro alcuni "chiarimenti" che, nelle domande, contenevano già implicite risposte. Ma ancora una volta le risposte non furono quelle che si aspettavano e le contraddizioni aumentavano.

A questo punto Sica si trasforma in superpentito, smentisce i periti d'ufficio e da la sua soluzione: i litri di benzina usati non erano due ma dieci, e se non traboccarono e non bagnarono lo zerbino è perchè erano contenuti in una tanica, completa di stoppaccio, posta ul pinerottolo. Una tanica che intanto la polizia scientifica aveva fotografato dentro l'ingresso dell'appartamento!

La perizia d'ufficio, nella parte che si riferisce alla dinamica dell'incendio, e le perizie dei consulenti di parte valgono più di qualsiasi commento.