Indice
 
Primavalle è rossa
la sezione "Giarabub"
il fatto
i protagonisti
alcuni giorni prima
quella sera
la notte
le tante strade della provocazione
il veggente di borgata
il supertestimone
un certo Mulas
i luoghi ed i volti
il cartello fantasma
incendio a porte chiuse
la tanica scomoda
 
i camerati si telefonano
perizia e controperizia
IL VEGGENTE DI BORGATA

Angelo Lampis lo chiamano il "veggente" perché predice gli attentati che avvengono a primavalle. La mattina di quella domenica gira per il quartiere fotografando tutti coloro che potranno servire per le "indagini" di un incendio che scoppierà quindici ore dopo.

La figura ed il ruolo di Angelo Lampis costituiscono un mistero, nel già intricato "giallo" di primavalle. E' certamente personaggio controverso ed equivoco, eppure molto importante: sarebbe stato lui a conoscere, con sette ore di anticipo, quanto in piena notte sarebbe poi capitato.

Eppure, questo veggente che costituisce il momento più importante della provocazione e che serve per indirizzare subito le indagini verso la sinistra, cade in contraddizioni incomprensibili, non giustificabili soltanto dalla tendenza del suo comportamento. Ma chi è, in realtà, e che cosa ha fatto in quei giorni questo Angelo Lampis?
Ha 36 anni, proviene dalla provincia di Cagliari, ottiene un lavoro all'Autovox grazie all'interessamento di alcuni fascisti; gli viene assegnata una casa nel dormitorio di Primavalle grazie all'appoggio del commissariato di PS di Montesacro.

Nella sezione giarabub la figura di Lampis si inserisce in modo ambiguo tra i "falchi" di O.N. e le "colombe" almirantiane. Tutti i missini di via Svampa interrogati su questo personaggio sono confusi e si contraddicono continuamente.

Il primo elemento di disaccordo è se Lampis sia iscritto o no alla sezione giarabub. Mario Mattei nel suo primo interrogatorio nega addirittura che Lampis sia iscritto e tenta una operazione di sganciamento quasi a dimostrare che lo conosce appena: "...tale Angelo Lampis, un sardo che lavora come saldatore e frequenta la sezione pur senza essere iscritto". Ma già nel secondo interrogatorio, a due giorni di distanza, lo annovera decisamente tra gli iscritti alla sezione: "ho conosciuto Lampis circa due anni fa. Venne a chiedermi per una pratica infortunistica e poi si iscrisse alla sezione".

Anna Schiaoncin è più sicura: "Ebbi modo di vedere in sezione il Lampis circa un anno e mezzo fa. Si presentava come simpatizzante. Che io sappia non è iscritto..."
Ecco che però arriva la smentita di Antonio Giordani, esponente della giarabub, amico di Mattei: "il Lampis risulta iscritto alla nostra sezione".

Ma tutta questa altalena dei fascisti, quasi non vogliano assumere una posizione chiara su Lampis, si scontra con un dato inequivocabile: Angelo Lampis ha la tessere firmata da Almirante dal 1971. Ma se Lampis non aveva un ruolo definito tra i fascisti, si era guadagnato un soprannome : il veggente. Infatti aveva previsto, fin nei minimi particolari l'attentato contro la sezione avvenuto l'11 aprile, cinque giorni prima dell'incendio

.La spiegazione della "veggenza" di Lampis ci proviene ancora una volta dagli stessi fascisti, ed è lo stesso Mattei a fornircela, annoverando Lampis nella schiera dei "duri" quelli che egli chiama persone che non ritenevo di provata fede.. ciò si riferisce a tre o quattro persone: Lampis, Di Meo, Fidanza.
Inoltre risulta da alcune testimonianze che, proprio la sera dell'11 durante una violenta lite in sezione, il segretario si scagliò contro Lampis gridando: "Questa volta la bomba l'avete messa voi.."
Anna Maria Mattei ricorda: "Lampis disse che avevano intenzione di fare un attentato contro la sezione, ponendo una bomba sotto la finestra".

Ma come faceva Lampis a prevedere?
Come aveva fatto a sapere in anticipo, addirittura nei minimi particolari, l'attentato col tritolo?
Mario Mattei da la sua spiegazione nel tentativo di usare Lampis, quale strumento per orientare le indagini sulla pista rossa: "Lampis in realtà era aderente a partiti di estrema sinistra e ad organismi extraparlamentari..." A questa accusa del Mattei, il Lampis da una secca risposta: "dietro incarico del Mattei controllavo i movimenti degli avversari politici, ma non ho mai avuto occasione di conoscerli".
Ad avvalorare le affermazioni di Lampis interviene la dichiarazione di Anna Schiaoncin: "... la mattina del 17 aprile, sotto le quattro fontane, mi hai detto che stesse attento Mattei a quello che diceva perché tu avevi i bambini e avevi paura".
La spiegazione della "veggenza" di Lampis ci proviene ancora una volta dagli stessi fascisti, ed è lo stesso Mattei a fornircela, annoverando Lampis nella schiera dei "duri" quelli che egli chiama persone che non ritenevo di provata fede.. ciò si riferisce a tre o quattro persone: Lampis, Di Meo, Fidanza.
 
Inoltre risulta da alcune testimonianze che, proprio la sera dell'11 durante una violenta lite in sezione, il segretario si scagliò contro Lampis gridandogli: "Questa volta la bomba l'avete messa voi. Non ho ancora le prove ma la prossima volta che capita tu sei spacciato".
D'altra parte Lampis stesso non riesce mai a dare una spiegazione plausibile della sua veggenza, parlando solo di intuizioni, perché non può compromettere troppo i "suoi camerati". E anche gli altri fascisti, non riuscendo a trovare una spiegazione soddisfacente, l'unica scappatoia sarà quella di parlare del Lampis il meno possibile.
Le uniche persone che non si preoccupano troppo di nascondere la loro diffidenza : la Schiaoncin dice: "A me non è mai piaciuto in quanto il suo comportamento era ambiguo" e nell'intervista al "Messaggero" lo definisce addirittura "il traditore"; mentre Anna Maria Mattei conferma: "ho sempre dubitato del suo comportamento... e di questo più volte ho fatto accenno a mio marito, il quale ha sempre precisato che in considerazione che il Lampis si era iscritto al partito non poteva respingerlo".
Oltre che "duro", il Lampis è anche un personaggio violento, che ama le armi e circola armato. Nel casellario giudiziario, infatti esiste a suo carico una denuncia presentata da una donna, per intimorire la quale, durante una lite, aveva estratto dallo sportello posteriore della sua automobile un fucile da caccia.
E quando finalmente l'abitazione del Lampis sarà perquisita, salteranno fuori e saranno sequestrati un fucile da caccia, un fucile a canne mozze e con il calcio segato, un pugnale del tipo baionetta, un coltello da pesca subacqueo, quaranta cartucce e - guarda caso - quattro taniche di plastica della capacità variabile tra i due e i dieci litri.
Che cosa facesse il Lampis con tutto questo armamentario non è mai stato oggetto di sospetti e di indagini da parte di giudici e polizia.
Persino l'avvocato del Msi, Sebastianelli rinuncia all'incarico di difenderlo proprio nell'ultimo interrogatorio.
Il giorno dell'incendio è tra i primi ad accorrere, scatta alcune foto e poi consegna il rullino a Michele Marchio.
Il giorno prima aveva comperato una macchina fotografica e aveva scattato foto ai giovani di Avanguardia Operaia che stavano distribuendo volantini a Piazza Clemente XI. Nota, in particolare una "500" e ne annota la targa, un giovane con gli occhiali e giacca scura che nominerà spesso nei suoi interrogatori.
Durante un interrogatorio il Lampis ricorda che la sera prima dell'incendio della macchina della Schiaoncin aveva incontrato per strada tre ragazzi di cui un "con gli occhiali, sui 23 anni". La provocazione si aggrava con una "memoria" scritta il primo maggio dal carcere: "Quello con gli occhiali lo potrei riconoscere, l'altro magrolino e più basso dalle descrizioni fattemi (da chi? n.d.r.) potrebbe essere il Sorrentino, e l'altro un pò più alto e robusto potrebbe essere il Lollo".
A questo punto, improvvisamente e per la prima volta, Lampis decide di trasferire gli stessi personaggi anche alla sera dell'incendio a casa Mattei, e dichiara che questi due giovani erano presenti davanti alla casa del segretario missino e si facevano segnalazioni, inviandosi messaggi. E' da notare che le descrizioni di due dei tre personaggi corrispondono in modo approssimativo alle foto di Sorrentino (magrolino e bassino) e di Lollo, diffuse nei giorni precedenti da tutti i quotidiani. Le foto di Clavo, purtroppo per Lampis, sono rintecciate e pubblicate soltanto il 28 aprile, proprio il giorno di fitti interrogatori che lo condurranno in carcere, senza il tempo di vedere un giornale....
 
Il giorno dell'incendio, il Lampis si era recato presso la sezione di via Svampa, ma non trovando nessuno si spostò verso piazza Capecelatro, qui vede due ragazzini forniti di una tanica vuota che si dicono: "Questo distributore è chiuso, proviamo l'altro"; basterà questo perché pochi giorni più tardi uno di loro sia interrogato dal giudice e messo a confronto col Lampis.
La sera esce di nuovo per recarsi a casa Mattei. Lo fa perché è preoccupato da tante coincidenze. Afferma di essere uscito da casa verso le 21.00. La moglie, dichiara viceversa che lei ed il marito si coricano verso le 20.30: "Mio marito quella sera non uscì".
Di più certo non può dire, perché altrimenti si verrebbe a conoscenza che il marito quella notte non dormì a casa, come ci hanno testimoniato alcuni inquilini del dormitorio.
Secondo la versione di Lampis verso le 4.30 si sarebbero recati al dormitorio per metterlo al corrente dell'accaduto Schiaoncin, Giordani e D'Agostino.
"C'erano alla porta Antonio Giordani, Giacinto e Schiaoncin... presi e scappai con loro verso casa di Mattei. Così com'ero senza lavarmi, ero solo vestito. Non ho perduto tempo. Andai subito con i suddetti." Poi si accorge di averla detta grossa - ero solo vestito - e si riprende: "... Prima mi infilai i pedalini, le scarpe, la camicia, la giacca; la macchinetta fotografica ce l'avevo già nel taschino"
Nel verbale si legge: "Contestatogli la circostanza che poc'anzi ebbe a dichiarare, a domanda del G.I., che immediatamente senza perdere tempo, prese e scappò con loro, "così com'era" risponde: "la mia precedente dichiarazione era errata, prima di andare con gli amici mi ero messo i calzini, le scarpe, la camicia, la giacca"
Cioè, di nuovo era già vestito!!!!
Torniamo indietro, il Lampis si reca a casa dei Mattei perché il pomeriggio non gli è riuscito di trovare il segretario missino nella sezione. Del colloquio il Lampis offrirà una versione molto "edulcorata", tanto da non essere creduta nemmeno dal magistrato. Comincerà ad affermare di essersi trattenuto con Virgilio soltanto "quattro o cinque minuti", ma sarà smentito da Silvia Mattei che parlerà di "quindici" minuti e questo gli sarà contestato dallo stesso giudice Amato.
E' assai importante quanto riferisce più tardi Mario Mattei: "Ho ricevuto una telefonata da mio figlio... mi disse che gli avevano telefonato a casa per dirgli che la sera stessa o il giorno successivo avrebbero fatto l'attentato. Mio figlio non mi disse chi era che gli aveva segnalato il fatto".
Su quanto si dissero quella sera il Lampis e Virgilio può essere interessante la testimonianza di Silvia Mattei: "Andai poi da mio fratello, cui chiesi che cosa accadeva. Mi disse "Ce rifanno un'altra volta. Non ha precisato quando, se quella o un'altra sera, e dove...". Mi sembra che Virgilio abbia anche parlato della benzina"
Il Lampis invece, da del colloquio una versione molto lacunosa: "Virgilio stava a letto e leggeva. Non si alzò dal letto. Virgilio mi pregò di chiudere la porta perché era meglio non far sentire nulla ai ragazzini. Gli dissi che c'è il picchetto stasera. Ho visto troppi movimenti strani. Gli consegnai un foglietto con il numero di targa dell'autovettura. Tuo padre - dissi - ha più possibilità di me di vedere a chi appartiene questa macchina. Lui mi rispose: poggia il foglietto, quando viene papà glielo do. Io lo salutai e tornai a casa". - 28.3.73 Atti vol. 4° p. 72 -